Migrating Objects. Arte dall’Africa, dall'Oceania e dalle Americhe nella Collezione Peggy Guggenheim
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 “[..] Mi ritrovai orgogliosa proprietaria di dodici fantastici [artefatti]: si trattava di maschere e sculture della Nuova Guinea, del Congo Belga, del Sudan Francese, del Perù, del Brasile, del Messico e della Nuova Irlanda”.

Peggy Guggenheim

È stata presentata alla stampa Migrating Objects. Arte dall’Africa, dall’Oceania e dalle Americhe nella Collezione Peggy Guggenheim a cura di Christa Clarke, R. Tripp Evans, Ellen McBreen, Fanny Wonu Veys, con Vivien Greene, allestita negli spazi espositivi del museo dal 15 febbraio al 14 giugno 2020.

A fare gli onori di casa davanti a una folta presenza di giornalisti e ospiti la direttrice Karole P. B. Vail, che ha sottolineato l’importanza di una mostra che mette in luce per la prima volta a Palazzo Venier dei Leoni 35 opere di arte non occidentale collezionate da Peggy Guggenheim nel corso degli anni ’50 – ’60, quando il suo occhio attento da collezionista la porta a guardare oltre i confini dell’Europa e degli Stati Uniti interessandosi all’arte dell’Africa, dell’Oceania e delle culture indigene delle Americhe. La direttrice ha rivolto un ringraziamento speciale al comitato scientifico che ha condotto, per oltre due anni, una ricerca approfondita e meticolosa sulle opere e la loro possibile attribuzione.

“Con questa mostra abbiamo voluto innanzitutto restituire valore, importanza e identità alle opere esposte”, così ha affermato Vivien Greene, Senior Curator, 19th- and Early 20th-Century Art al Solomon R. Guggenheim Museum di New York, che ha coordinato il comitato scientifico. “Due sono stati i metodi di approccio, che sono alla base del percorso espositivo. Da una parte si è indagato sul significato e sullo scopo che queste opere, o oggetti, avevano nel loro contesto originario, dall’altra queste stesse opere sono state messe in dialogo con i lavori di alcuni artisti delle avanguardie europee in collezione, come Max Ernst, Pablo Picasso, Alberto Giacometti, Henry Moore, che diedero una loro personale interpretazione di tali oggetti”. “In questi due anni di studi, sfociati nella mostra, abbiamo cercato di tornare al significato originario di queste opere, restituendo loro importanza, ma soprattutto liberandole da un’interpretazione eurocentrica”, così ha poi proseguito Ellen McBreen, professoressa associata di Storia dell’arte, Department of Visual Art and Art History, Wheaton College, Norton, Mass., membro del comitato curatoriale. 

Attraverso dunque questi due approcci, focalizzati sia sui significati originari delle opere che sulle loro successive reinterpretazioni, la mostra Migrating Objects contestualizza l’interesse di Peggy Guggenheim entro l’ambito ben più ampio e problematico della tradizione occidentale che privilegia l’affiancare lavori d’arte moderna occidentale e non occidentale sulla base di affinità formali e concettuali. La scelta di impiegare questi due metodi divergenti permette di prendere in considerazione come le opere, i cui significati e scopi originari sono stati spesso fraintesi, siano collocate negli studi, nelle gallerie, nei musei e nelle case, con finalità spesso contradditorie. Tracciare le traiettorie di questi oggetti è un atto che rivela gli intrecci formatisi tra colonizzazioni, annessioni, migrazioni e reinterpretazioni unitamente alla storia degli individui, noti o non riconosciuti.

Migrating Objects. Arte dall’Africa, dall’Oceania e dalle Americhe nella Collezione Peggy Guggenheim gode del patrocinio di UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) ed è accompagnata da un articolato calendario di attività legate alle tematiche dell’esposizione e destinate a diverse tipologie di pubblico. I Public Programs, completamente gratuiti, sono resi possibili grazie alla Fondazione Araldi Guinetti, Vaduz e vedono la collaborazione per alcuni appuntamenti di UNHCR e Refugees Welcome Italia Onlus. Partendo dalla definizione di ‘migrazione’ intesa come trasferimento, definitivo o temporaneo, di gruppi di esseri viventi da un territorio a un altro, gli appuntamenti in programma intendono indagare, su più livelli, le conseguenze dello spostamento fisico degli oggetti, intesi come elementi portatori di valori culturali, sociali, religiosi o simbolici, e delle persone. 

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