Partire per mare. Immagine di Milena Fadda
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Il bacino del Mar Mediterraneo è noto per essere stato la culla della civiltà moderna, sin dai suoi primi insediamenti in medio oriente nel lontano 9000 a.C. Nel corso degli anni, il Mediterraneo (che vuol dire letteralmente “in mezzo alle terre”) ha conosciuto molti nomi: da Mare Nostrum per i romani, a Mar Bianco (o Akdeniz) per i turchi, fino al Mare Grande (Yam Gadol) degli ebrei per arrivare al Grande Mare Verde degli antichi egizi.

Come abbiamo visto, sono stati tanti i popoli che nel corso dei secoli hanno marchiato con la propria impronta il Mediterraneo. Ma questo mare è stato da sempre simbolo di creatività, della ricerca del senso della vita e della saggezza, dell’amore tra le persone e dell’amore e rispetto per la natura che ci circonda. Il Mediterraneo è stato un ambiente che ha visto nascere e crescere personalità di spicco nel campo delle scienze, della filosofia, dell’arte, della musica e, per arrivare ai giorni nostri, della tecnologia. Qui sono nate le Olimpiadi e la maggior parte degli sport e attività atletiche che vengono praticate da miliardi di persone ogni giorno nel mondo. Qui sono nati anche quasi tutti i giochi e i passatempi che conosciamo.

Ecco perché, di seguito, faremo un breve viaggio sulle acque del Mare Nostrum alla scoperta delle civiltà e delle città dei giochi del Mediterraneo, partendo ovviamente dall’Egitto, la prima grande popolazione che ha colonizzato le terre emerse del bacino del Mediterraneo. Il retaggio storico che ci ha lasciato la civiltà dell’antico Egitto si riverbera fino ai giorni nostri, influenzando arti, costumi, usanze e, ovviamente, giochi. Non è insolito, infatti, trovare oggi titoli ispirati alle gesta della tradizione dell’antico popolo del fiume Nilo, dal videogame Assassin’s Creed: Origins fino alle produzioni cinematografiche e delle serie tv ambientate in questo universo, oltre che come tematica per le slots e per numerosi gadget e giocattoli che si possono trovare negli scaffai dei negozi fisici od online.

In antico Egitto si pensa siano nati i primi giochi da tavolo (come la dama o gli scacchi). Quello più famoso era chiamato “senet” ed era un gioco al quale potevano accedere soltanto i componenti della famiglia del Faraone. Gli archeologi non hanno mai trovato documentazione di regole o funzionamenti di questo gioco, eppure si sa che il senet era custodito in alcune piccole scatole al cui interno vi erano dadi, pedine e stecche (con le quali presumibilmente muovere le pedine). I giochi sono stati una parte importante della vita degli antichi egizi, tanto che anche questi venivano seppelliti tra gli oggetti di cui il defunto avrebbe avuto bisogno nell’aldilà. Gli egittologi, infatti, hanno esaminato alcuni dipinti e immagini, sviluppando teorie secondo cui i giochi da tavolo facevano parte della vita quotidiana dei vari ceti della popolazione locale.

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Dall’antico Egitto ci spostiamo nella città eterna, a Roma, tra la gente che – più di tutte le altre popolazioni del bacino – ha legato le sue alterne fortune al Mare Nostrum, riuscendo nel primo secolo dopo Cristo ad espandere i suoi domini su tutti i paesi del bacino del Mediterraneo (e in parte anche a quelli mitteleuropei dell’Oceano Atlantico). Secondo quanto riportato ai giorni nostri, il gioco nell’antica Roma aveva anche una valenza educativa.

Si giocava a nascondino (“latibulo”) e al gioco delle noci nella città di Roma, mentre gli ossicini dei piccoli animali venivano intagliati fino a farli diventare dei veri e propri dadi (o piccole biglie) da far rotolare sui muri e a terra. Esisteva già il pallone (che i romani chiamavano “pila”) che veniva utilizzato non solo per divertimento ma anche per attività di rieducazione motoria.

Come in Egitto prima e in Grecia poi, anche tra i romani erano diffusi i giochi da tavolo che qui chiamavano “tabulae lusoriae” (perché per giocarci occorreva avere un piano d’appoggio). Questi erano i giochi preferiti dagli adulti e richiedevano spesso calcolo e strategia. Come per il gioco delle dodici linee, una sorta di moderno “gioco dell’oca”, ovviamente rivisto e rivisitato in salsa romana.

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