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Il tema delle zone interne è dibattuto, ma non abbastanza. Spopolamento, povertà economica, culturale e tecnologica, decrescita infelice, denatalità, invecchiamento della popolazione. L’elenco dei disastri potrebbe continuare a lungo.

Si parla sempre di abbandono dei piccoli paesi – non si può più usare la parola “borgo”, sa di estetica del paesaggio -, pensando che chiunque ci abiti non veda l’ora di fuggire.
Eppure c’è un nuovo movimento che ha preso il nome di “restanza“, mette in evidenza la volontà libera di stare dove si è sempre vissuti.

Ci sono diversi motivi per cui si abbandono i paesi, e non è solo la mancanza di lavoro o connessione a banda larga, ma per la mancanza di sentimento di comunità. In alcuni casi sono venuti a mancare i legami sociali fondamentali, che resistono dove invece il paese ha numeri positivi, come la crescita della natalità e nuovi investimenti. I momenti più sentiti delle piccole comunità sono pochi ma forti: la nascita e la morte. Mentre il primo è un fenomeno sempre più raro ed evitabile, il secondo colpisce tutta l’umanità. C’è però una differenza fondamentale tra il morire in città e in un piccolo paese, dove anche il più povero e isolato viene comunque accompagnato nell’ultimo viaggio dalla comunità.
Poi ci sono le piccole cose del quotidiano, le persone che producono. I mestieri che fanno vivere il paese, quelli dei pubblici servizi e quelli delle aziende. Questi due aspetti sono complementari, se manca uno non vive l’altro. Se manca l’ufficio postale, la scuola o il medico di famiglia, non potranno sussistere le famiglie degli imprenditori che scelgono di vivere in un piccolo borgo/paese.

Quando anche esistono le condizioni minime per una vita dignitosa, si sceglie a volte di migrare per conoscere il mondo, per migliorare la propria cultura e preparazione. Ci sta, è nella natura umana la voglia di crescere. Però, se prima il migrante, studente o lavoratore, partiva per non tornare, oggi aumenta la percentuale di chi torna nel proprio paese, o di quelli che non vogliono proprio abbandonarlo.
La ricerca Giovani dentro (2020) dell’Associazione «Riabitare L’Italia» ha studiato a fondo le esigenze e i bisogni dei giovano residenti delle aree interne italiane. I dati su un campione di mille intervistati, pare che la metà (52%) avrebbe voluto restare nel luogo in cui viveva e solo il 12% trasferirsi e lavorare altrove.

In Sardegna si è cominciato a pensare ad una nuova strada con il progetto Luoghi Letterari.
La letteratura che racconta i luoghi attraverso la residenza di scrittori in piccoli centri: una breve permanenza di dieci giorni nelle comunità, lontane dai flussi turistici classici. Questa esperienza ha innescato una scintilla di partecipazione sociale che ha avuto un’onda lunga, la quale non si limita ai giorni in cui il progetto si è svolto. La cultura agisce, produce conseguenze, e se si è fortunati, circuiti virtuosi in cui la collaborazione tra i diversi portatori di interesse produce economia, partecipazione, progetti a lungo termine.
I primi comuni a voler partecipare al progetto sono stati: Sant’Anna Arresi, San Giovanni Suergiu, Villacidro, Dolianova, Desulo e Ovodda. Quest’ultimo in particolare ha coltivato il seme della residenza artistica della scrittrice, partecipando e vincendo ad un bando che in parte ripropone la formula culturale per valorizzare le eccellenze locali. Desulo chiama una seconda volta lo scrittore Carlo Martigli per progettare insieme nuove iniziative culturali, così come il comune di San Giovanni Suergiu con Giulia Ciarrapica. Effetti inaspettati, risultato di un lavoro appassionato e sincero.

Il 27 gennaio 2023 esce il primo volume di Luoghi letterari in Sardegna, edito da Arkadia per la collana Senza rotta. Il primo di altri progetti che si stanno sviluppando in altre regioni, e in futuro in altre nazioni europee.

Tutto nasce da una semplice esigenza, vedere i luoghi con occhi esterni, senza pregiudizi o forzature. Le zone rurali sono una miniera di storie, di eccellenze culturali e naturalistiche, di piccole grandi comunità e voglia di creare. Basta saperle vedere.

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