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Vecchi errori della politica e nuovi cappi al collo dettati dalle regole economiche globali. Ecco i motivi che stringono la Grecia nella morsa letale di una recessione che pare quasi non avere via d’uscita.

 

 


È ormai da troppi anni che il termine “crisi” è entrato nelle nostre case e nelle nostre teste. E corre di pari passo con il nome degli Stati che, più di altri, ne sono vittime. Il primo della lista è la Grecia perché più di tutti ha pagato, sta pagando e pagherà le conseguenze delle falle del sistema economico globale. Nel resto d’Europa si immagina la vita dei greci come triste e cupa, a causa di un’economia sempre a rischio di colare a picco. Tuttavia, la realtà per certi versi è diversa, ma solo grazie alla psicologia positiva del greco medio, che resiste, che lotta, che affronta ogni giorno con un sorriso.
Girando per le strade di Salonicco (la seconda città della Grecia) si potrebbe pensare che qui la crisi non sia arrivata. I locali ipermoderni che si snodano uno dopo l’altro sul lungomare, con la loro musica assordante e i prezzi da capogiro, sono sempre affollatissimi. Per non parlare poi delle “taverne” (le tipiche trattorie greche dove si mangia di tutto e a prezzi stracciati) alle quali non rinuncia nessun greco che si rispetti, soprattutto nel fine settimana. E che dire ancora della derisione che deve subire chiunque acquisti prodotti di bassa qualità per risparmiare: nessun cittadino ellenico potrebbe mai rinunciare alla qualità del prodotto per un prezzo più basso, nemmeno in piena crisi.
Si potrebbero fare ancora tantissimi esempi di questo tipo ma, al di là dell’apparenza, cosa sta succedendo realmente in Grecia? La crisi c’è e la si può vedere anche solo negli occhi di un ragazzo al bar o di un vecchio in taverna. Non c’è nessun greco, a prescindere dalla propria condizione economica, che non sia stato colpito da tale fenomeno economico globale. E ognuno ne parla, quasi come alla ricerca di un aiuto esterno. Le colpe di tutto ciò sono attribuibili a una classe politica corrotta e a una finanza miope.
I segni evidenti degli errori del passato hanno ripercussioni ancora oggi. Il sistema politico greco può essere paragonato a quello tribale. Basti pensare che gli aiuti forniti dagli Stati Uniti alla Grecia dopo la Seconda Guerra Mondiale furono distribuiti allora tra le famiglie più abbienti e influenti. Nessuna parte dell’ingente capitale fu spesa per avviare un processo di industrializzazione. Infatti, se si va in un supermercato greco, la prima cosa che salta all’occhio son i prezzi quasi doppi rispetto ai nostri dei prodotti importati, quali detersivi, shampoo, bagnoschiuma, e così via. La Grecia, da quando è entrata nell’euro, è cresciuta importando molto ed esportando poco. Il disavanzo commerciale era finanziato dagli acquisti di debito greco da parte dell’estero. Questo sistema può far sopravvivere un Paese a lungo, ma a patto che si investa in attività che un giorno produrranno per l’esportazione, ripagando così il debito. Questo, però, in Grecia non è mai avvenuto.
Per diversi anni i greci hanno inoltre usufruito di quelli che si potrebbero definire “mutui consumistici” per poter affrontare piccole-grandi spese, come quelle di Natale e Pasqua, entrambe feste molto sentite nel Paese. Questa tendenza era una vera e propria moda, tant’è che nessuno ne poteva fare a meno, fino a trovarsi poi con l’acqua alla gola senza nemmeno rendersene conto. Perché accettare allora di sobbarcarsi questo onere? L’attrazione principale derivava dal fatto che, trattandosi di piccole somme, si pensava fosse semplice restituirle; in secondo luogo, e soprattutto, il problema principale del greco medio è che ha sempre avuto la tendenza a vivere al di sopra delle proprie possibilità, conducendo uno stile di vita che sconfinava quasi nel lusso, anche laddove non se lo poteva permettere.

 

 

Le misure adottate dai governi greci negli ultimi anni per venir fuori dalla crisi sono a dir poco drastiche e sembra quasi impossibile che un cittadino medio possa sopravvivere mantenendo uno standard di vita accettabile. Negli anni scorsi il salario minimo è stato diminuito tanto che un neolaureato non riusciva a guadagnare più di 400 euro. Agli statali vicini all’età pensionabile è stato proposto di interrompere i loro servigi prima del previsto, con la condizione di accettare una pensione del 60% inferiore rispetto al loro stipendio. Con giovani senza futuro e con chi ha lavorato una vita senza le garanzie di poter fronteggiare spese già previste, le responsabilità di Tsipras, presidente eletto da pochi mesi, sono ancora più numerose e dure.
D’ora in poi non basterà più parlare di ripresa: bisogna riformulare l’economia nazionale su nuove basi, creando piani di sviluppo efficaci in modo da permettere alla Grecia di uscire dal circolo vizioso in cui si trova oggi.
L’estate giunge al termine a Salonicco. I turisti che affollavano le spiagge si allontano e nei balconi di tutte le case sventola sempre la bandiera greca. Chissà se quest’anno il duro inverno che si avvicina cambierà le abitudini dei greci, se compreranno anche i prodotti di bassa qualità per risparmiare, se la crisi riuscirà a intaccare la loro pazienza. È tuttavia una sfida difficile per la recessione: un popolo così forte e ottimista non si farà piegare facilmente da dinamiche economiche instabili e nefaste.

 

Daniela Melis