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La crisi con la sua pesante serranda, è giunta su un piccolo angolo culturale di Roma, non troppo pubblicizzato, come avrebbe meritato.

Ancora resta l’insegna della libreria, in prossimità della Stazione Tiburtina, Circumvallazione Nomentana 552, specializzata nella vendita di libri d’arte, di filosofia, di letteratura, aperta nel 1994, progettata dall’architetto iraniano Fereydoun Rangrazi.

In particolare la Libreria Nima, come si evince dal suo nome derivante dal farsi (lingua persiana) che significa piccolo, era specializzata in cultura e lingua araba, persiana, turca, tibetana, cinese, giapponese, albanese, afghana, dari, urdu.

Un vasto catalogo che spaziava dalla letteratura araba antica, fino alle pubblicazioni recenti, quali ad esempio: “Palestinese! E altri racconti” di Samira Azzam, “Diario di un Procuratore di campagna” di Tawfik Al-Hakim; libri di letteratura persiana “Zarathustra e il Mazdeismo” di Pio Filippani Ronconi, “Un  lupo in agguato” di Abbas Kiarostma.

Questo piccolo scrigno, era ritrovo per specialisti e per curiosi, fornita di un’ampia filmografia orientale persiana, indiana, araba, cinese e tibetana; così descritta dal giornalista Stefano Bucci su “Il Sole 24 Ore” nel 2000:

“Un piccolo Oriente sotto i ponti della Circonvallazione, un esotismo quotidiano davanti alla Stazione Tiburtina. Oppure un Islam da sfogliare in una Roma trasformata nella “porta aperta” verso nuovi mondi. Verso quell’impero spesso sommerso affollato dagli echi della poesia persiana, oppure africana, dalle parole del Mahatma Gandhi, come da quelle di Nagib Mahfouz”.

Al suo interno, venivano organizzati eventi culturali, presentazioni di libri, tra i quali “Taranto mi ricorda istintivamente Istanbul” una collaborazione  tra Elif Kork e Gianna Tarantino,   per un testo fotografico che, prende in prestito nel titolo, l’incipit della canzone Venezia Istanbul di Franco Battiato.

Per coloro che avessero desiderato approfondire o perfezionare la conoscenza della lingua persiana e turca, venivano organizzati dei corsi tenuti da Isabella Camera D’Afflitto, da Giuseppe Belfiore, negli spazi che ora ospitano un doner kebab.

Il caso della libreria non è l’unico purtroppo; una crisi di tipo culturale ha bussato alla porta del Museo Montemartini nel quartiere Ostiense, ha fatto visita agli ormai deserti Museo Bilotti, Barracco, alle sale espositive di Villa Torlonia, al Museo della Civiltà romana all’Eur, alla ancora più sconosciuta collezione di strumenti medicali de La Sapienza, al Museo del Giocattolo, al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” in zona Laurentina, alle mostre del Teatro dei Dioscuri adombrate dal gigante Palazzo delle Esposizioni.

Con ottimismo, ricordiamo Dino Basili in “Tagliar corto” del 1987: “Le chiavi ingombrano e si possono smarrire, meglio avere chi ti apre la porta, possibilmente con un sorriso”.

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