Lizzie di Shirley Jackson, recensione di Sofia Cui
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Lizzie

di Shirley Jackson

Adelphi, 2014 (edizione italiana) Pagine: 318

Genere: Romanzo psicologico

Chi conosce Shirley Jackson per capolavori come “L’incubo di Hill House” o “Abbiamo sempre vissuto nel castello”, potrebbe rimanere sorpreso da Lizzie, romanzo meno noto ma non meno angosciante. Pubblicato nel 1954 e tradotto in Italia da Adelphi solo nel 2014, Lizzie è un viaggio claustrofobico e sottile nell’oscurità della mente umana.

La protagonista, Elizabeth Richmond, vive una vita apparentemente ordinaria, tra il suo impiego in un museo e la convivenza con la zia Morgen. Ma qualcosa inizia a sgretolarsi quando mal di testa improvvisi e amnesie si presentano in maniera così frequente da portare la ragazza a sottoporsi a sedute di ipnosi dal dottor Wright. Da qui, la scoperta inquietante: Elizabeth ospita dentro di sé altre personalità. Una dolce e socievole, un’altra spietata e senza freni, una terza cinica e calcolatrice.

Pubblicato in un’epoca in cui il disturbo dissociativo dell’identità – allora conosciuto come personalità multipla – era ancora considerato una semplice curiosità clinica – Lizzie è stato uno dei primi romanzi a raccontare questo tema con serietà e sensibilità narrativa. Shirley Jackson anticipa così una riflessione che sarebbe esplosa solo decenni dopo, portando il lettore dentro la frattura dell’io e le crepe della mente umana con una delicatezza che ancora oggi sorprende per la sua modernità.

Jackson costruisce un racconto ipnotico che alterna le voci interiori di Lizzie, lo sguardo razionale del medico e la quotidianità della protagonista, ormai incapace di distinguere realtà e finzione. Con la sua scrittura tagliente la scrittrice offre risposte facili, ma lascia che il lettore si perda insieme a Lizzie nei meandri della propria coscienza.

Un romanzo che merita di essere riscoperto, non solo per il suo valore letterario, ma anche per il modo in cui può ancora parlare oggi a coloro che cercano nella narrativa domande piuttosto che risposte, inquietudine invece di conforto.

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