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Serve un anello per crescere un figlio? Se l’Italia detiene un record negativo di natalità (sono appena 399.431 i nuovi nati nel 2021, informa l’ISTAT, in calo dell’1,3% rispetto al 2020 e quasi del 31% rispetto al 2008, il più recente anno di picco relativo delle nascite), e a diminuire sono soprattutto le nascite all’interno del matrimonio, cresce per contro il desiderio di genitorialità, anche al di fuori della coppia tradizionale. D’altra parte, le famiglie aumentano, ma sono sempre più piccole. Così piccole da essere costituite, per il 15% della popolazione italiana, da un unico componente. Si tratta delle cosiddette famiglie unipersonali, pari a 9.073.852 nel 2019, il 35,1% del totale, contro il 12,9% del 1971, vale a dire oltre una famiglia su tre. Tra le motivazioni che hanno portato alla contrazione della famiglia tradizionale, oltre alle profonde trasformazioni economiche e sociali che hanno interessato il nostro Paese nell’ultimo cinquantennio, al calo delle nascite, al progressivo invecchiamento della popolazione e al crescente ingresso di cittadini stranieri, non si esclude la riscossa delle persone single, che fanno del vivere da sole un nuovo status al quale ambire, reclamandone la piena legittimazione sociale e la parità di diritti rispetto alle persone coniugate. Tra i diritti non ancora riconosciuti in Italia, sebbene rivendicati in maniera crescente in ogni parte del mondo, vi è la possibilità di adozione per i/le single, una battaglia di civiltà che ultimamente ha avuto una risonanza mediatica grazie al caso emblematico di Serena Caprio, medico quarantenne che, dopo anni di lotta personale, ha lanciato una petizione per l’acquisizione di questo diritto su Change.org che ha raccolto oltre 26mila firme. Della tematica si sono fatte inoltre portavoce le attrici Claudia Gerini e Valeria Bruni Tedeschi, che ha adottato da single, e la protagonista del film Aquaman Amber Heard, recentemente sotto i riflettori perché coinvolta nel seguitissimo processo in cui è accusata di diffamazione dall’ex marito Johnny Depp in merito a presunti abusi domestici, ha scelto di crescere da sola una figlia avuta da madre surrogata. Se in Italia attualmente sono circa 2,8 milioni le famiglie composte da un solo genitore (e, di queste, più dell’80% sono formate da donne single) perché è ancora così difficile accettare che una persona sola possa crescere un figlio, fra diritti negati e farraginosa burocrazia? Facciamo il punto della situazione con l’avvocata Barbara D’Angelo, specialista in diritto delle persone, dei minori e della famiglia, con grande esperienza nella tematica delle adozioni anche per le persone single.

Avvocata Barbara D’Angelo

In Italia i/le single possono adottare un bambino?

“Al momento nel nostro paese non è possibile per una persona single accedere all’adozione vera e propria. Con il termine adozione vera e propria intendo quella che nel linguaggio giuridico viene chiamata “adozione piena” o anche “adozione legittimante”, cioè l’adozione che crea tra il bambino adottato e i genitori adottivi una relazione identica a quella che c’è tra il figlio nato dalla coppia e i genitori. L’adozione piena rescinde totalmente il legame tra il bambino e i genitori biologici e crea un nuovo legame giuridico, l’unico rilevante, tra il bambino e chi lo adotta. Questa forma di adozione, che presuppone che il bambino si trovi in stato di abbandono, è permessa soltanto alle coppie sposate e conviventi da almeno tre anni”.

Sono previste delle eccezioni?

“Sì, i single possono accedere all’adozione in casi particolari. Si tratta di una forma di adozione, chiamata “adozione speciale”, meno forte dell’adozione piena: infatti, nell’adozione in casi particolari il legame tra il bambino e la famiglia d’origine rimane vivo. A quel legame, si aggiunge il legame giuridico con chi lo adotta. Il genitore adottivo può essere un single o una coppia non sposata. Questa forma di adozione, però, è consentita soltanto in casi specifici, regolati dall’art. 44 della legge sull’adozione dei minori, la n. 184 del 1983”.

Qual è la differenza tra l’adozione piena e l’adozione in casi particolari?

“La principale differenza tra le due forme di adozione riguarda il rapporto del bambino con la sua famiglia d’origine: nell’adozione piena, questo rapporto si spezza definitivamente, il bambino entra a far parte della famiglia adottiva e la famiglia adottiva diventa l’unica famiglia del bambino; nell’adozione in casi particolari, il legame giuridico tra il bambino e la famiglia d’origine rimane. Questa differenza incide, ad esempio, sul cognome: nell’adozione piena, il bambino assume il cognome dei genitori adottivi, mentre il precedente cognome scompare; nell’adozione in casi particolari, il cognome adottivo si aggiunge al cognome di nascita. Dal punto di vista patrimoniale, nell’adozione in casi particolari il genitore adottivo non ha alcun diritto sui beni di proprietà del bambino che ha adottato, mentre nell’adozione piena sì”.

Differenze dal punto di vista del bambino adottato?

“Non ci sono differenze tra le due forme di adozione: in entrambi i casi, il figlio adottivo diventa figlio a tutti gli effetti di chi lo adotta, ha diritto ad essere mantenuto e cresciuto, entra nella successione ereditaria. Le norme che stabilivano che nell’adozione in casi particolari si creasse un rapporto di parentela soltanto tra il bambino e il genitore adottivo e non tra il bambino e i fratelli, nonni, zii e gli altri parenti del genitore adottivo sono state dichiarate incostituzionali lo scorso mese di gennaio. Pertanto, questa differenza è oggi completamente superata. Anche il bambino adottato con l’adozione in casi particolari ha nonni, zii e cugini nella famiglia adottiva”.

Quali sono i casi “particolari” cui si fa riferimento?

“Si tratta di casi molto specifici. Riguarda i minori che non possono essere dati in affidamento preadottivo, ad esempio perché stanno per compiere 18 anni oppure perché non possono essere dichiarati adottabili poiché le difficoltà della famiglia d’origine non sono così gravi da portare alla dichiarazione di stato di abbandono del bambino. In queste ipotesi non è percorribile la strada dell’adozione piena, ma si ricorre all’adozione in casi particolari per valorizzare un legame affettivo stabile maturato nel tempo tra il bambino e la persona che chiede di adottarlo. Generalmente si tratta di persone che hanno avuto in affidamento temporaneo il bambino per molto tempo e hanno creato con lui una relazione affettiva significativa. Inoltre, si ricorre all’adozione in casi particolari a tutela dei bambini orfani di entrambi i genitori: un bambino rimasto senza genitori può essere adottato da un parente o da una persona, anche estranea alla famiglia, che abbia maturato con lui un legame affettivo stabile e duraturo. Per l’adozione dei bambini orfani con disabilità gravi non viene richiesto il rapporto di parentela e neppure la sussistenza di un legame affettivo duraturo”.

Vi sono dei casi in cui la legge consente ai single di prendersi cura di un minore in via transitoria?

“Sì, per i single, così come per le coppie conviventi, è possibile dare la disponibilità all’affidamento dei bambini che vengono temporaneamente allontanati dalla famiglia d’origine per disposizione del Tribunale dei minorenni. L’affidamento temporaneo è una misura d’emergenza che serve a supportare bambini in difficoltà perché non hanno un ambiente familiare adeguato. Il tribunale dei minorenni incaricato di svolgere gli accertamenti sulle capacità di cura del nucleo d’origine dispone in via temporanea la collocazione del bambino presso una famiglia affidataria o un affidatario single che se ne occupa per il tempo necessario al completamento delle verifiche e anche oltre se le problematiche che avevano originato l’allontanamento non sono superate. La legge prevede per l’affidamento temporaneo una durata massima di 24 mesi, rinnovabili. Nella pratica, succede spesso che l’affidamento temporaneo venga prorogato per diversi anni”.

Tuttavia non si tratta di adozione…

“No. Si tratta di un istituto completamente diverso dall’adozione, dato che con esso non si costituisce alcun legame giuridico tra il bambino e l’adulto affidatario. Va detto però che, se l’affidamento dura molto tempo e si crea un legame affettivo stabile tra l’affidatario e il bambino, questo legame non è privo di peso giuridico. Infatti, consente all’affidatario di chiedere l’adozione del bambino nella forma dell’adozione in casi particolari”.

In quali Paesi è consentita l’adozione per i non coniugati?

“All’estero è molto diffusa. Gran Bretagna, Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Svizzera, Stati Uniti e Cina sono alcuni dei paesi che consentono l’adozione da parte dei single. Uno studio di recente pubblicato dalla Corte Costituzionale osserva che tra i Paesi dell’Unione Europea soltanto Italia, Lituania e Slovacchia non prevedono tale forma di adozione. Però l’adozione fatta all’estero non è automaticamente valida in Italia”.

L’adozione internazionale è riconosciuta nel nostro Paese?

“Affinché lo sia, bisogna seguire un’apposita procedura davanti al tribunale per i minorenni e in ogni caso l’adozione effettuata da un single all’estero viene riconosciuta valida in Italia soltanto come “adozione in casi particolari”. L’adozione internazionale, cioè l’adozione di minori stranieri, è regolata in modo molto rigido nel nostro ordinamento, al fine di evitare il traffico di minori. Chi vive in Italia e vuole adottare un bambino all’estero deve seguire un preciso iter che prevede l’accertamento preliminare dell’idoneità all’adozione internazionale. Questo accertamento viene effettuato dal Tribunale per i minorenni con l’ausilio del Servizio Sociale. Una volta ottenuto il decreto di idoneità all’adozione, è necessario rivolgersi a uno degli Enti autorizzati dalla Commissione per le adozioni internazionali presso il Ministero di Giustizia. Ogni Ente ha competenza specifica per determinati Paesi stranieri e affianca gli aspiranti genitori nell’iter burocratico e giudiziale necessario per perfezionare il processo di adozione. Come l’adozione piena, anche l’adozione internazionale è riservata alle coppie sposate”.

Quale iter seguire invece per tentare la strada dell’adozione da single in Italia?

“Al momento l’unica strada percorribile è quella dell’adozione in casi particolari. Si può tentare la via dell’affidamento temporaneo e poi a distanza di tempo, se il rapporto con il minore è stabile e proficuo, si presenta la domanda di adozione in casi particolari. È un percorso molto aleatorio e complesso. Non c’è la certezza di arrivare all’adozione e ci sono molte variabili da considerare. In ogni caso, nelle decisioni in materia di adozione il giudice valuta esclusivamente l’interesse del bambino. Le pretese degli adulti sono poste in secondo piano”.

Quali requisiti bisogna avere?

“Il tribunale per i minorenni accerta, anche tramite il Servizio sociale, che la persona che chiede di adottare un bambino sia in grado di prendersene cura sotto il profilo affettivo ed economico. Il parere del Servizio sociale è molto importante, in quanto viene reso all’esito di un percorso conoscitivo e di valutazione dell’aspirante genitore, fatto di diversi incontri e nel quale gli operatori esaminano la storia familiare, le motivazioni, e le aspettative dell’adottante. In genere, questo percorso dura qualche mese. All’esito il Servizio sociale trasmette al tribunale una relazione che viene valutata dal giudice ai fini della decisione”.

Vi sono state sentenze o ordinanze recenti in tema di adozione per single che abbiano aperto una breccia o al momento la situazione è in stallo?

“Un’apertura c’è, perché le sentenze di adozione in casi particolari sono in costante crescita, ma la strada perché i single possano arrivare all’adozione piena pare ancora molto lunga. Qualche mese fa il tema è stato portato all’attenzione della Corte Costituzionale: una donna single, magistrato, si era rivolta al tribunale per i minorenni di Firenze per chiedere l’idoneità all’adozione internazionale e aveva superato positivamente la valutazione del Servizio sociale. Il Tribunale per i minorenni ha quindi trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale, sostenendo che le norme che non consentono esplicitamente alle persone singole di accedere all’adozione contrastano con i principi costituzionali e con la Convezione CEDU (Convenzione Europea sui diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali). Poteva essere l’occasione per dare una sferzata al sistema, com’è accaduto qualche giorno fa per il cognome, ma purtroppo la Consulta ha dichiarato inammissibile l’istanza del tribunale per i minorenni per questioni formali. Così è rimasto tutto come prima”.

Quali sono i principali impedimenti o pregiudizi culturali che ostacolano questa possibilità?

“L’impedimento principale è l’arretratezza culturale di parte del nostro Paese: molte persone hanno ancora un concetto tradizionale di famiglia, secondo cui un bambino cresce bene solo all’interno di un nucleo composto da una mamma e un papà uniti in matrimonio. In realtà, molti studi psicologici hanno dimostrato che un bambino può crescere serenamente anche con un solo genitore. Certamente il percorso adottivo è molto impegnativo per il carico emotivo che comporta e probabilmente affrontarlo in coppia lo rende più sostenibile, ma escludere a priori che una persona da sola possa farsene carico è, mio parere, assurdo. Credo anzi che la scelta di diventare genitore singolo sia una scelta molto coraggiosa e che la motivazione che la sostiene possa essere addirittura più forte di quella che può avere una coppia”.

Quali sono i possibili scenari futuri?

“In Parlamento giace dal 2016 un progetto di legge sull’adozione dei single. Era stato presentato dall’onorevole Laura Ravetto nel periodo in cui si discuteva della Legge Cirinnà sulle unioni civili, ma poi si è perso nell’ombra del dibattito sull’adozione da parte delle coppie omosessuali. Personalmente, auspico un cambiamento ma credo che sarà possibile solo a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale o di una significativa ondata di interesse da parte della società civile”.

Considera il cammino verso la possibilità di adozione per i single una battaglia di civiltà?

“Assolutamente sì. Credo che siano tanti tipi di famiglie, con due o con un genitore, e che tutte meritino il medesimo rispetto e attenzione da parte dell’ordinamento. Consentire l’adozione ai single permetterebbe di dare a un numero maggiore di bambini in difficoltà la possibilità di avere una famiglia in cui crescere ed essere amati”.

Secondo lei la famiglia monogenitoriale può essere condizione di stabilità affettiva ed educativa per i minori?

“A mio parere sì. Credo che per essere un buon genitore non sia necessario avere un partner. Inoltre, essere adottati da una coppia sposata non è per il minore una garanzia di stabilità affettiva ed educativa, perché i genitori adottivi, come tutti i genitori, possono entrare in crisi come coppia e separarsi legalmente. Questo ovviamente comporta per il bambino adottato la necessità adattarsi ad un nuovo assetto”.

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