pietra d'inciampo fosse ardeatine
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Sono 34 le nuove Stolpersteine, le pietre d’inciampo dell’artista tedesco Gunter Demning, che a Roma ricorderanno altrettante vittime del nazifascismo e rammenteranno al passante frettoloso quanto invece sia importante fermarsi a riflettere per non colorare ancora di sangue pagine di Storia.

Il progetto gode dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, è curato da Adachiara Zevi ed è promosso dall’Associazione Nazionale Ex Deportati, dall’Associazione Nazionale Ex Internati, dalla Federazione delle Amicizie Ebraico-Cristiane Italiane, dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, dall’Istituto Romano per la Storia d’Italia dal Fascismo alla Resistenza e dal Museo Storico della Liberazione.

I quartieri interessati sono diversi, dalle periferie al cuore della città, e ai rischi derivanti dall’oblio e dal negazionismo rispondono con sampietrini ricoperti di ottone lucente affinché l’inciampo non sia fisico e possa scuotere gli animi.

Rino Canalis

Uno dei mattoncini della memoria, nella mattinata di ieri 14 gennaio, è stato posizionato davanti al numero 26 di piazza Prati degli Strozzi, dove si trova l’ultima dimora di Salvatore (Rino) Canalis, studioso e docente di Lettere che nella capitale diede un importante contributo culturale e umano, rifiutandosi con fermezza di aderire alla Repubblica di Salò e pagando con la vita la fedeltà ai suoi principi. Militante del Partito d’Azione, l’intellettuale fu infatti accusato di connivenza con i partigiani e torturato, ma non pronunciò mai alcun nome e nelle Fosse Ardeatine quel tragico 24 marzo 1944, nonostante la totale assenza di prove a suo carico, trovò insieme ad altre 334 persone l’orrore della morte.

Alla cerimonia, tenutasi alla presenza del vicepresidente del Municipio I Jacopo Maria Emiliani Pescetelli, hanno partecipato anche Giovanna e Gianfranco, i due figli del professore, che dopo la scomparsa del padre sono andati ad abitare in Belgio, Paese d’origine della madre Rogine Ghevaert.

A volere la pietra d’inciampo è stata la nipote dello studioso, Luisa Canalis, che un anno fa aveva inoltrato la richiesta all’Associazione Culturale Arte in Memoria. Richiesta poi accolta da Roma Capitale.

«Mio zio – dice la signora – fu trucidato prima che io venissi al mondo. Qui in città, a casa e non solo, ho però sempre sentito parlare di lui e delle sue vicende. Ritengo pertanto che sia molto importante farne conoscere la figura, soprattutto in tempi difficili e particolari come quelli odierni, perché quanti sono morti per regalarci la democrazia meritano la nostra gratitudine».

Canalis era nato il 14 novembre 1908 a Tula, un grazioso borgo incastonato tra monti e pianure nella Sardegna settentrionale, dove aveva imparato, bambino, ad amare la vera libertà.

Lì la sua memoria è sempre viva. Ad adoperarsi per tutelarla e per trasmetterla adesso è in primo luogo l’Amministrazione Comunale con il sindaco Gesuino Satta, che così spiega: «Avremmo voluto ricordare il nostro illustre concittadino soltanto per altri motivi, vista la sua proficua attività di linguista, ma oggi è doveroso specialmente l’impegno per non dimenticarne il sacrificio affinché le nuove generazioni possano maturare una coscienza che si ponga come obiettivo imprescindibile il riconoscimento dei diritti fondamentali della persona».

Le Stolpersteine sono state installate per la prima volta nel 1995 a Colonia. Attualmente sono circa 80mila, distribuite in gran parte dell’Europa, e costituiscono un monumento diffuso senza precedenti. Profondamente significativo, dunque, è il tributo che da ieri Roma rende a uno dei nove sardi (oltre a Rino Canalis, Pasqualino Cocco di Sedilo, Gavino De Lunas di Padria, Gerardo Sergi di Portoscuso, Giuseppe Medas di Narbolia, Agostino Napoleone di Carloforte, Sisinnio Mocci di Villacidro, Candido Manca di Dolianova e Antonio Ignazio Piras di Lotzorai) martirizzati durante la Seconda Guerra Mondiale nelle antiche cave di pozzolana di via Ardeatina.