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Il multiforme universo dello sport conosce –non da oggi- un periodo di crisi che si riversa su tutti i lavoratori del settore, che siano professionisti o dilettanti, insegnanti o praticanti.

Forse abbagliati dal luccicante mondo del calcio – di sicuro uno degli sport più ricchi, almeno in Europa – non ci accorgiamo di quanto precariato e instabilità vi sia nel mondo degli sport tutti, soprattutto quelli minori, con meno seguito di pubblico. Non è necessario ricordare lo stato in cui versano gli sport olimpici, di cui ci si ricorda una volta ogni quattro anni per poi dimenticarli fino alla successiva Olimpiade. Le recenti Olimpiadi invernali di Vancouver hanno mostrato ad esempio le difficoltà in cui sono immersi gli sport invernali. A questo proposito Antonio Fiore su dazebao.com ha scritto: “In realtà quello che sembra in crisi è un po’ tutto lo sport italiano, e soprattutto quella componente che dipende quasi totalmente dai finanziamenti del CONI per la propria sopravvivenza. Dalla crisi del Totocalcio ad oggi, gli stanziamenti per lo sport si sono sostanzialmente mantenuti su posizioni stabili, a fronte di un aumento dei costi di gestione delle varie federazioni, le quali non devono occuparsi solo delle medaglie olimpiche, ma devono anche assicurare il funzionamento di tutta la macchina agonistica”. Ecco perché spesso e volentieri i praticanti delle discipline olimpiche sono costretti ad allenarsi in condizioni disagiate, sia per via delle infrastrutture carenti sia a causa dei già citati fondi insufficienti. Non a caso la maggior parte degli sportivi olimpionici fanno parte delle forze armate, in modo da potersi allenare con maggior tranquillità e con più mezzi a disposizione. Proprio lo scorso maggio è stata rinnovata la convenzione fra CONI e Forze Armate, della durata di cinque anni, che prevede “la realizzazione e la manutenzione di infrastrutture sportive militari, che saranno nella disponibilità anche delle società sportive riconosciute dalle Federazioni Sportive Nazionali”1. Il primo atto ufficiale fra CONI e Forze Armate fu firmato nel 1954, e c’è da dire che questo connubio ha portato a risultati eccellenti, regalando all’Italia un numero notevole di maglie olimpiche.

Ma non è solo nell’ambito del professionismo che nascono i problemi di “precariato” di chi lavora nello sport. Secondo alcuni articoli che ho pescato in rete2, infatti, su circa 600.000 lavoratori dello sport solo una percentuale intorno al 10-15% ha un contratto a tempo indeterminato. La maggior parte degli operatori ha contratti a progetto, a tempo determinato oppure sono senza contratto; le retribuzioni non sono altissime, e, tenendo conto che per molti l’impiego in strutture sportive rappresenta la prima fonte di reddito, si capisce bene come la situazione sia tutt’altro che rosea. Questo nonostante gli operatori sportivi abbiano frequentemente un’elevata professionalità: la maggioranza infatti ha una qualifica riconosciuta, dalla laurea Isef (divenuta ora Scienze Motorie) a titoli Coni.

Anche il dorato pianeta calcio conosce singolari casi di precariato. Ogni anno, durante il mercato estivo, quando si decidono trasferimenti e ingaggi a colpi di milioni di euro, si riuniscono i calciatori senza contratto3. Sovente sono giocatori fino a qualche tempo prima sulla cresta dell’onda, che per fortuna avversa o crisi di forma si ritrovano ai margini del calcio. L’esempio migliore che mi viene in mente è quello di Simone Barone, campione del mondo con l’Italia nel 2006, accostato in diversi momenti anche all’Inter, che dopo qualche stagione altalenante si è ritrovato quest’anno senza contratto e costretto ad allenarsi con una squadra di Lega Pro (l’ex Serie C), il Crociati Noceto, in attesa che arrivi la ‘chiamata’ da una squadra di B o di A. Non sono da sottovalutare casi come questi, soprattutto considerando le difficoltà che possono conseguire dal trovarsi improvvisamente escluso dal mondo a cui si è deciso di appartenere. La precarietà nello sport si nasconde quindi negli angoli nascosti del professionismo, si cela nelle palestre della provincia, dove a guidare i lavoratori e i praticanti è spesso la passione e non di certo gli stipendi milionari. Il problema è grosso e non di facile risoluzione, le questioni sono tante: occorre ricordare che si tratta di un settore che può rappresentare un’importante fetta dell’economia nazionale e da mettere quindi in primo piano quando si parla di instabilità lavorativa.

 


 

1 http://www.coni.it/

2 Un articolo di Antonio Sciotto del 2008, un altro su http://miojob.repubblica.it e addirittura un brevissimo saggio su http://www.consiglieraparitatorino.it

3 Sul sito dell’Aic, l’Assocalciatori, è presente una lista dei partecipanti al raduno dei senza contratto a Coverciano lo scorso luglio.

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