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I silenzi del borgo medievale di Tratalias raccontano storie affascinanti. Le stradine vuote e l’immobilismo apparente stimolano – contro ogni probabilità – i sensi, in particolare l’olfatto, accarezzato dall’odore di Sardegna, figlio delle aromatiche spontanee, degli arbusti, delle piante. Ma anche la vista ha il suo gaudio: i colori tenui delle costruzioni, le sfumature delle pietre, le geometrie dei selciati creano un’armonia fuori dal tempo.Il comune sulcitano è un unicum. Morto nella sua ubicazione originaria, risorto poco lontano, ha saputo compiere un cammino a ritroso per ritrovare il suo alter ego dove tutto ha avuto inizio, intorno alla suggestiva chiesa romanica intitolata a Santa Maria di Monserrat.

LA STORIA

Le fonti non rivelano con precisione il periodo in cui è sorto il primo nucleo storico, ma si ipotizza che ciò sia avvenuto verso la fine dell’Alto Medioevo, anche se la zona, come rivelano i numerosi rinvenimenti archeologici, è stata abitata fin dall’antichità. L’alta densità di nuraghi testimonia l’importanza del luogo, anche strategica, per l’uomo dell’epoca. Successivamente, soprattutto nel Basso Medioevo, Tratalias ha conosciuto periodi di grande splendore alternati ad altri di declino. La sua fortuna iniziò con il trasferimento della sede vescovile da Sulci (Sant’Antioco) al piccolo centro, per via delle continue incursioni barbaresche che insidiavano le comunità delle coste. Ciò avvenne intorno all’anno Mille e tale condizione perdurò ufficialmente fino al 1503, anche se già nel corso del Trecento la sede vescovile si era spostata ufficiosamente a Villa di Chiesa (Iglesias). Dalle fonti risulta che il luogo fosse diventato poco ospitale, sia per l’insalubrità del luogo in estate e in autunno sia per l’eccessiva presenza di ladri e assassini.

La permanenza per alcuni secoli della sede vescovile a Tratalias portò alla costruzione della cattedrale di Santa Maria di Monserrat, avvenuta tra il 1213 e il 1282, che andò a sostituire l’antica pieve. Edificata in stile romanico-pisano con trachite e pietra calcarea, la chiesa presenta una pianta rettangolare a tre navate, delimitate da archi a tutto sesto e con copertura a capriate lignee. Le monofore delle navatelle, il rosone centrale e la bifora dell’abside assicurano la luce all’interno. L’esterno, scandito da due ordini, è arricchito dagli archetti pensili poggianti su peducci che decorano tutte le pareti, dal portale architravato della facciata – il cui arco a tutto sesto soprastante riporta motivi fitomorfi – e dagli altri due presenti ai lati, quello a sud simile al portale principale, quello a nord sormontato da un arco a sesto acuto. Peculiare il timpano al di sopra del secondo ordine – che presenta, in facciata, un rosone –, caratterizzato da un’apertura che si affaccia su una serie di gradini – in prosecuzione di quelli presenti all’interno – che permettono di raggiungere il tetto.

FURRIADROXIUS, MEDAUS, BODDEUS

Nonostante il declino che caratterizzò il borgo di Tratalias dopo il trasferimento della sede vescovile a Villa di Chiesa, si può ipotizzare una continuità abitativa fino ai giorni nostri, sebbene in alcuni periodi la zona versasse in stato di abbandono. Rimangono ancora oggi i segni di certe abitudini e necessità legate alla vita dei contadini e dei pastori. I primi si stanziarono stabilmente nei pressi dei campi, sia costruendo piccole dimore sia occupando vecchi siti abbandonati. Queste abitazioni si conoscono con il nome di furriadroxius. I pastori che si spostavano per la transumanza invece, provenienti dalla Barbagia, presero ad abitare le terre del Sulcis per timore che gli appezzamenti migliori venissero occupati durante la loro assenza. Le loro abitazioni, legate quindi alla pratica della pastorizia, si chiamano medaus, termine oggi usato in generale per indicare le dimore distanti dall’abitato, e non strettamente ancorato al significato originale.
I boddeus, invece, sono dei piccoli insediamenti, degli agglomerati, una via di mezzo tra le abitazioni isolate e un vero e proprio villaggio.

Anche Tratalias poteva considerarsi un boddeu; almeno fino a quando non divenne un vero  comune della Provincia di Iglesias, nel 1853. Da allora si assistette a una progressiva crescita demografica – anche per l’abbondanza di lavoro – che arriverà a contare 1520 anime nel 1951.
Ma è proprio negli anni Cinquanta che si gettano le basi per quello che sarà il futuro del paese.

LA DIGA

Nel 1954 fu creato il lago artificiale di Monte Pranu, in seguito allo sbarramento del Rio Palmas. La diga, se da un lato favorì l’agricoltura, finì col danneggiare alcuni centri abitati della zona, a causa delle infiltrazioni d’acqua. Tratalias era uno di questi. La situazione peggiorò progressivamente e fin dagli anni Sessanta si pensò di trasferire l’abitato, visti i gravi danni arrecati alle abitazioni.
Nel 1971, la Cassa per il Mezzogiorno approvò il progetto di ricostruzione del paese non lontano dal vecchio borgo, progetto poi attuato con finanziamenti regionali e statali. Negli anni Ottanta il trasferimento degli abitanti e dei servizi necessari fu ultimato. Rimaneva, allora, la desolazione delle case rovinate dall’acqua, visibili anche nel film di Cristina Comencini “La fine è nota” (1992), che comincia proprio con l’arrivo del protagonista (Fabrizio Bentivoglio) a Tratalias, paese che “non è vicino a niente”, come si dice nelle prime battute del film. Sarà proprio quell’isolamento a renderlo magico, soprattutto dopo i lavori di valorizzazione che permettono di annoverarlo, oggi, tra le mete turistiche più suggestive del Sulcis.

IL BORGO RITROVATO

Nel 1997 la Soprintendenza ai Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici per le province di Cagliari e Oristano ha dichiarato il vecchio borgo – quello che ne rimaneva dopo la demolizione delle costruzioni danneggiate – di particolare interesse storico-artistico. Questo ha reso possibile la realizzazione di un piano di recupero che mostra oggi i suoi frutti. Le ristrutturazioni attente hanno rivelato la bellezza di questo borgo, su cui campeggia l’ex cattedrale. Sui viottoli silenziosi si affacciano piccole porte e finestre che nascondono la nuova vita del borgo: all’interno di quel che è stato un villaggio fantasma, hanno trovato dimora tanti artigiani che hanno scelto la pace che qui regna per svolgere al meglio il proprio mestiere. Nel borgo si tesse, si decora, si producono cosmetici e olio di lentisco, si lavora il legno, si realizzano arresojas, si modella la creta. Mestieri che si perdono nel tempo e che possono perpetuarsi in un ambiente a misura d’uomo, consono alla filosofia di vita dell’artigiano/artista.
Tutto questo accade grazie all’Associazione Culturale “Is Maistus”, che promuove il territorio, le sue risorse, e che ha permesso ai trataliesi di ritrovare il proprio borgo, anima di ciò che sono stati, sono e saranno.

Fonti

Comune di Tratalias
Tratalias Turismo
Associazione culturale “Is Maistus”
Wikipedia

Foto di Donovan Frau

1 thought on “TRATALIAS, IL BORGO RITROVATO

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