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Anche se l’azienda agricola di Luigi Tecce è stata fondata nel 2003 può vantare almeno quattro generazioni di viticoltori in una delle aree più vocate alla produzione del famoso Taurasi, vino tra i più emblematici del Sud Italia.

Era il ’97 quando Luigi decise di fare ritorno alla terra, una terra martoriata dal terremoto del 23 Novembre dell’80, iniziando la coltivazione di poco più di un ettaro. Ubicata nel comune di Paternopoli, dal greco “città del padre”, e più precisamente in Contrada Trinità, la cantina avellinese oggi vanta 5 ettari di proprietà, tutte esposte a Sud ad un’altitudine media di 550 metri, di cui l’impianto iniziale è costituito da viti secolari, allevate in buona parte a raggiera avellinese. In questa area del versante Sud-Est del comprensorio irpino i parametri vendemmiali sono diversi dalle altre zone della docg Taurasi: forti escursioni termiche, maggiore piovosità, temperature invernali rigide, composizione del terreno e maturazione più lenta delle uve.

La vendemmia del 2012 infatti è stata caratterizzata da un germogliamento nella media stagionale, da un ritorno del freddo verso Aprile, una stagione piuttosto torrida, priva di ampelopatie e senza causare stress idrici grazie alla piovosità registrata in Luglio, ma con una fase invernale decisamente piovosa e caratterizzata da abbondanti nevicate, senza però intaccare la grande concentrazione fenolica del Satyricon. Banditi i trattamenti fitosanitari a base di prodotti di sintesi, gli unici elementi in difesa delle piante sono il rame e lo zolfo quando si reputano necessari, anche perché la buona ventilazione favorisce naturalmente lo sviluppo di uve sane. Coi criteri enunciati nel manifesto dei vini Triple A Luigi perseguita un costante equilibrio tra piante, suolo, clima e la sua stessa mano, interpretando la vendemmia con un approccio metodico ma sempre romanticamente improntato al ricordo ed alla sensibilità dei nonni… e non è detto che questa edizione del Satyricon non sia un’ulteriore dedica ai natali di suo nonno Luigi, nato nel 1902.

Con Luigi Tecce nel dicembre 2019

Le viti di aglianico occorse per questo vino di spessore provengono da un vigneto in Contrada Braiole a Castelfranci, hanno un’età media di 15 anni, sono state allevate a cordone speronato ed affondano le loro radici in terreni dalla tessitura argilloso-sabbioso di origine calcarea con buona sedimentazione di lapilli e ceneri di origine vulcanica; dopo una fermentazione spontanea coi soli lieviti indigeni ed una maturazione per 30 giorni in contenitori in acciaio inox, l’affinamento del vino è durato 12 mesi in botti di rovere da 50 hl e per i successivi 12 mesi in tonneau di rovere da 500 litri.

Delle 8000 bottiglie prodotte di Satyricon Doc Campi Taurasini del 2012 quella degustata è la 597° e così si presenta: rosso rubino compatto, di quei vini che ti fanno capire subito che non hanno alcuna fretta di invecchiare, così come le lacrime di scendere, figlie di archetti stretti e geometrie ad alta densità; all’olfatto si libra ancora una piacevole nota di vinoso e di viola, poi cerasa in tutte le digressioni, more di rovo, prugna secca, pepe del Sichuan e cuoio, melassa di fichi, lieve nota di cenere di sigaro, canfora e tocco iodato. In bocca appena lo si morde scoppia materico e di prontezza dissetante, tannino di rusticana eleganza, freschezza intrigante e sapidità ad allungare una pai che si trascina dietro il floreale, il fruttato, il percepito di un raspo maturo, persino una nota agrumata di tamarindo e di tutte le gioie olfattive precedentemente sentite… insomma muscolare, raffinato e dal cuore caldo, saggio nella sua prontezza di beva e composto nell’attesa di una maturità ancora molto distante. Il Satyricon è un vino che per quanto sia degno di ogni lode non si spiega ma si beve, come probabilmente direbbe il suo autore tagliando corto, e si contempla bevendo e ridendo con gli amici, magari ascoltando che coss’è l’amor di Capossela, canzone mai troppo scontata davanti a dei fumanti fusilli avellinese col ragù misto nel tegamino.

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