musicassetta
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“Ciao Fabio… rimettendo in ordine, ho trovato due scatole una piena di videocassette e una di musicassette. Ti possono servire per registrare, le posso riutilizzare?”

“Beh, il videoregistratore non capta più il segnale che viene dal digitale terrestre e quindi non puoi registrare come una volta. Il decoder che ho comprato io mi permette di collegare l’hard disk e posso registrare direttamente in questo modo.”

“E quindi di queste, cosa che ne faccio?”

“Puoi sentirle o vederle, ma più di questo non ci puoi fare.”

Questa conversazione telefonica tra me e mio padre avvenuta solo pochi giorni fa, rimanda la realtà di un passaggio avvenuto in maniera repentina e radicale. Tutta una serie di cambiamenti ha investito profondamente la vita e le abitudini di tutti i fruitori di musica e immagini.

Senza entrare nella “mitologia” delle cassette riavvolte con le penne a biro e le pezze utilizzate per pulire i trentatrè giri, la smaterializzazione della musica ha provocato altre ritualità e altre maniere di entrare in contatto con il fatto artistico.

La stagione del compact disc è stata breve per durata ma basilare dal punto di vista del passaggio al digitale e a una fruizione senza la vista immediata dell’oggetto contenitore del suono. Seconda tappa importante è stata la possibilità di comprimere in file di dimensioni ridotte e, in alcuni casi, di qualità minore i brani: la conseguenza è stata la possibilità di avere sullo stesso supporto – il compact disc – una quantità anche dieci volte superiore di musica, cosa che unita all’evoluzione delle memorie di massa esterna, chiavi USB e hard disk, ha portato alla creazione di collezioni pressochè infinite di file audio e video.

La terza fase è legata alla diffusione di Youtube che – in pochi anni, il sito nasce nel 2005 – ha ulteriormente rimodulato la fruizione di musica e video. Non è il primo e nemmeno l’unico sito dove poter ascoltare musica: esistono le radio web, i widget, vale a dire i box inseriti nelle pagine e nei siti dei vari artisti, portali come SoundCloud e moltissimi altri strumenti ancora per poter entrare in contatto con la musica senza nemmeno scaricarla sul proprio computer. Youtube però contiene davvero tutto: anche cose uscite dal mercato discografico o difficili da reperire.

Qual è il punto? Non è certo il caso di stabilire quale situazione sia migliore. Il punto centrale è arrivare alla comprensione da parte di tutti i soggetti in campo del fatto che i brani possono arrivare e effettivamente arrivano dal musicista all’ascoltatore in maniera diretta, senza filtri e con velocità istantanea. Se, ad esempio, una band suona questa sera dal vivo, apprezza la registrazione del concerto e decide di metterla a disposizione del pubblico, il primo potenziale ascoltatore può cliccare su una pagina in rete e ascoltare il concerto appena terminato comodamente a casa sua meno di un’ora dopo della fine dell’esibizione. Per non parlare delle possibilità legate allo streaming video, offerte da social network e piattaforme online.

La rivoluzione digitale nel campo musicale, ancor più che nel formato e nelle potenzialità della tecnologia, risiede in questa rivoluzione delle intenzioni e del poter mettere a disposizione del pubblico il proprio lavoro. In pratica per semplificare, è come se ci trovassimo di fronte ad una radio enorme dove possiamo ascoltare e riascoltare di tutto. La chiave è nel dotarsi delle coordinate giuste per “sintonizzarsi” con la musica: quella che ci piace e che vogliamo scoprire, se siamo ascoltatori, quella che vogliamo proporre, se siamo musicisti.

Sono molte le questioni legate a questo nuovo sistema. Le prime due che si impongono all’attenzione sono quelle del filtro e del mercato: il filtro e la funzione di guida di produttori e critica; le possibilità di fare business ed economia da parte dei musicisti e degli operatori del settore in genere. Da questo punto comincia in qualche maniera il futuro e il futuribile, nel senso che ci sono prassi e tracce già seguite, ma c’è ancora un territorio vasto da esplorare. La filiera conosciuta fino ad oggi per la critica, vale a dire affidare il proprio lavoro a un etichetta e a un ufficio stampa per arrivare al critico o alla redazione viene superata da un critico curioso di gironzolare in rete per scoprire nuove cose e magari innescare così nuove relazioni. L’altra faccia della medaglia è nella polverizzazione dei media e nella conseguente capacità dei grandi uffici stampa di poter seguire tutte le evoluzioni del media e della rete meglio degli indipendenti.

Lo stesso, per quanto riguarda il mercato. I vari ruoli si stanno ridefinendo per adeguarsi al mondo di oggi, ma andranno ricoperti con intenzioni nuove e più funzionali. Ogni musicista o formazione dovrà pensare alla propria economia e per arrivare a creare alla fine del processo un proprio staff – piccolo e agile, capace eventualmente di accogliere anche professionisti esterni e di rapportarsi con altre realtà – ma in grado di operare sul lungo periodo per dare respiro visibilità e prospettiva ai propri lavori. Ci sono, già da tempo, musicisti che hanno fatto del proprio sito web una piattaforma per veicolare contenuti e vendere materiali in maniera totalmente indipendente e veloce, rivoluzionando nei fatti le regole del mercato seguite fino a pochi anni fa e innescando un dialogo diretto con i visitatori e gli acquirenti attraverso social network e nuove possibilità. Siamo andati ben oltre, ormai, l’acquisto del cd inviato via posta dopo averlo comprato attraverso il sito e ci stiamo addentrando in un terreno ancora da esplorare, come si diceva prima, all’interno del quale però possono trovare spazio tante alternative, sia nei prodotti che nei modi di fruirne: basta avere la voglia e la curiosità di cercarle.

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