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Quando si parla di violenza sulle donne ci si dimentica dei bambini che hanno visto, subito quell’orrore. Nessuno ci chiedeva come state, o si occupava di noi

L’ha scritta in versi la sua storia, il suo passato di bambina vittima di violenza domestica diretta e assistita, il dolore, la forza, la volontà di capire e perdonare, di amare nonostante tutto.

Sognare ha sempre placato lo sciame dei miei neri pensieri, riuscendo a trasportarmi in un mondo nascosto, dove entravo nuda senza nessun peso, abbandonandomi al suono del vento e allo scorrere dell’acqua…

Regina delle ombrein asulu bisendi” edizioni Amicolibro, è la silloge di poesie, introdotte da brani in prosa, in cui Angelica Piras, di Cagliari, racconta le ferite e il dolore vissuto in famiglia a causa di un padre violento, nel desiderio che la sua esperienza induca a chiedersi e a cercare di capire quel che provano e vivono le bambine e i bambini che subiscono e assistono a episodi di violenza domestica. Il padre era soggetto a scoppi d’ira improvvisa durante i quali si scagliava fisicamente contro la madre, lei e le sorelle. Era adolescente quando si scoprì che era affetto da una forma di schizofrenia paranoica: aveva tentato di accoltellare la madre, fu condannato e rinchiuso nel carcere di Buon Cammino a Cagliari. In quell’occasione gli fu riconosciuta la patologia mentale e fu ricoverato in un manicomio criminale giudiziario. “Quando si parla di violenza sulle donne ci si dimentica dei bambini che hanno visto, subito quell’orrore. Ci si dimentica che quei bambini che non stanno scegliendo di stare in quella famiglia, la donna lo fa, suo malgrado. Ho espresso quelle emozioni nelle mie poesie, sono una bambina che ha vissuto in quella situazione. Nessuno ci chiedeva come state, o si occupava di noi”.

Quando ero piccola m’introducevo in un armadio bellissimo che profumava di cedro e lì, senza che nessuno ne sapesse nulla, affogavo nelle mie incessanti lacrime…Era il suo nascondiglio, vi si rifugiava quando il padre alzava le mani sulla madre. Non poteva restare a guardare, aveva paura, ma si sentiva anche in colpa per non essere riuscita a difendere la mamma. In quei momenti lui diventava una furia e i motivi erano sempre futili. Picchiava la madre, picchiava lei e le sorelle. Una volta ricevette così tanti colpi che ebbe febbre e deliri per tre giorni. Non fu l’unico episodio. “Sono una miracolata. Lo è tutta la mia famiglia. Quando penso a quella bambina piango perché è stata forte, coraggiosa e brava a nascondere l’orrore di fronte agli altri, ad aiutare le sorelle più piccole”.

Quando gli fu riconosciuta la malattia mentale, i genitori si separarono e fu un sollievo per tutti, ma poi subentrarono i problemi economici, la madre era casalinga. Dovette interrompere gli studi per andare a lavorare. Una rinuncia dolorosa. E per la seconda volta tentò di mettere fine alla sua vita, aveva quindici anni, la prima ne aveva otto. ”Era troppo difficile fare i conti con i sogni che non riuscivi a realizzare. Ero stanca”. Non un desiderio di fuga dunque ma un senso di stanchezza e un grande bisogno di riposo. Il suo entusiasmo e amore per la vita conviveva con un senso di sfinimento interiore insieme all’amarezza che si prova nell’osservare” la crudeltà del mondo”.

La mia vittoria sta nel saper perdere riprendendo dopo la sconfitta la via del sognoDa bambina, la sera, non vedeva l’ora di infilarsi nel letto per iniziare a costruire i suoi sogni: si diceva “Oggi voglio sognare che mamma e papà saranno felici insieme e che papà non sarà più così”. Aveva tanti desideri, uno in particolare l’accompagnò per lungo tempo: desiderava che suo padre cambiasse. “ Oggi  è un altro uomo. Una volta alla settimana c’ incontriamo per trascorrere del tempo insieme.  Ho creato un  ”giardino fiorito” tutto per noi”.

 Lavora da tanti anni con i disabili come operatrice socio – sanitaria, conduce e organizza laboratori di poesia e creatività. Ha vinto diversi premi di poesia sia in italiano sia in sardo. Nel 2010 ha pubblicato un’antologia insieme ad altre quattro poetesse, “Senso di essenze di donne”. Canta nel coro “Las Mamas”, dipinge su tela e cartoncino, e collabora con il compositore e musicista fiorentino Lorenzo Pescini. “I sogni mi hanno salvato la vita. Il sogno dava in me fiducia, la speranza che quella situazione sarebbe cambiata. Mi dicevo ce la farò, posso farcela. Posso scegliere la mia vita. Il destino sono io”. Da ragazza ha dovuto rinunciare a qualcuno di loro, ma poi li ha realizzati tutti: cantare, scrivere, recitare in teatro, ballare e tanti altri ancora.   

Un cammino difficile. Ma la forza d’animo, l’amore per la vita e il coraggio di mettersi a nudo, di affrontare i suoi “gnomi neri”, come è solita dire, anche con l’aiuto della psicoterapia, le hanno consentito di liberarsi di pesi e dolori. La sua passione per la cultura e la poesia trova voce nelle attività di promozione culturale: organizza serate letterarie e reading in versi, presentazioni di libri. La vita letta con gli occhi del poeta è magia, speranza, salvezza. E quando attraversa un momento di sconforto c’è sempre un nuovo sogno da realizzare.

Articolo pubblicato sul sito http://www.horealizzatounsogno.it/quando-i-sogni-salvano-la-vita/

1 thought on “Quando i sogni salvano la vita

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