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La pietra. Un giardino di pietra. Pietra che, come gli alberi, suona accarezzata dal vento. Il giardino megalitico della sua San Sperate è, e rimarrà, un luogo incantato, in cui il silenzio inebria e avvolge. La pietra, apparentemente muta, acquistava voce al suo tocco. “Silenzio e spazio, condizioni essenziali alla vita, al movimento, al pensiero e all’ispirazione. Periodicamente occorre tornare alla sorgente: ascoltare e non parlare, attendere e non fare, rinunciare e non affermare, riflettere e non concludere; ritornare alla sorgente eterna della vita, della musica, dell’arte”, parole che furono del violinista Yehudi Menuhin, che descrivono il valore del silenzio. E che sembrano oggi tanto vicine all’insegnamento di Pinuccio Sciola. A lui dobbiamo la rivelazione di un rapporto catartico con le origini e la natura.

Pinuccio Sciola e le sue Pietre sonore, foto di Sabina Murru
Pinuccio Sciola e le sue Pietre sonore, foto di Sabina Murru

La scoperta della voce della pietra, della memoria sonora di ciò che conosciamo ma non ricordiamo, di ciò che siamo stati e che fin qui ci ha condotto. La memoria della terra, atavica e ancestrale, a cui si riferiva partendo nelle sue narrazioni dall’incipit “Quando non ero e non era il tempo…”. Un legame arcano, quello delle sue opere, con il mondo dei suoni, liberi e strutturati. Un legame riconosciuto nel tempo da grandi esponenti del mondo della musica, senza distinzione di genere né proclami di appartenenze.

A lui e al suo mondo sonoro resero omaggio i grandi del jazz, e, fra tutti, il Festival Time in Jazz di Berchidda. Il pianista Leszek Możdżer definì l’esperienza con il Maestro «Un insieme di vibrazioni di energia e amore e una lezione di calma e di pazienza». Altrettanto fecero l’architetto Renzo Piano, quando scelse le monumentali sculture sonore per la Città della Musica a Roma, e, da ultimo, nel 2014, il Teatro Lirico di Cagliari, affidandogli la scenografia di un’indimenticabile Turandot. Così come fecero compositori e celebri esponenti del mondo della classica, tra cui Luciano Berio, suo amico.

Pinuccio Sciola e le sue Pietre sonore, foto di Sabina Murru.
Pinuccio Sciola e le sue Pietre sonore, foto di Sabina Murru

Una filosofia di vita, la sua, fatta di gentilezza, di grande sensibilità per i rapporti umani, di sorrisi e di delicatezza. Quella stessa necessaria per far svelare ad ogni pietra, accarezzandola, la propria voce. Non percosse, né gesti violenti. Perché la magia sta nello scoprire che sono dolci ed amorevoli gli unici gesti capaci di far cantare la pietra.

Pinuccio Sciola e le sue Pietre sonore, foto di Sabina Murru

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