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Molestie sessuali sul luogo di lavoro le novità dall’ultima finanziaria.

L’emendamento approvato valorizza l’accordo quadro sottoscritto nel 2016 dalle parti sociali Cgil, Cisl e Uil e Confindustria, sulla scorta di quello siglato in sede europea nel 2007. Viene ribadito e formalizzato – come stabilito nell’art. 2087 del codice civile – che i datori di lavoro devono garantire l’integrità fisica e morale e la dignità di lavoratrici e lavoratori, tutelarli dalle molestie, anche concordando con le organizzazioni dei lavoratori le iniziative più opportune per prevenire il fenomeno e un impegno a mantenere un ambiente di lavoro rispettoso della dignità di ognuno e relazioni improntate all’uguaglianza e correttezza.

Inoltre viene precisato che la lavoratrice o il lavoratore che agisce in giudizio per denunciare una molestia o molestia sessuale, non può essere punita, ovvero licenziata, trasferita, demansionata e pertanto sono nulli questi provvedimenti ritorsivi.

L’accordo europeo del 2007 prevede che “Ove siano state constatate molestie o violenze, occorre adottare misure adeguate nei confronti degli autori. Tali misure possono andare da sanzioni disciplinari al licenziamento”. “ E’ importante dunque inserire queste clausole nei contratti di lavoro”, chiarisce Luisa Marilotti, ex consigliera di parità, “ e in particolare, nei codici disciplinari, dando così attuazione agli impegni presi con la sottoscrizione degli accordi sulle molestie”. Questo è un passo in avanti verso la tutela dei diritti della donna, ma c’è ancora tanto da fare.

Il numero di denunce per molestie e molestie sessuali da parte delle donne sono poco indicative della situazione reale. La difficoltà di raccogliere le prove, il timore di eventuali ripercussioni da parte del datore di lavoro, la paura di esporsi e di non essere credute, scoraggiano le donne dal decidere di parlarne o agire in giudizio. Nel testo pubblicato nel 2012 dalla ex consigliera, che ha diretto l’ufficio di Parità per dieci anni, fino al 2013, “Le discriminazioni di genere sul lavoro – La Sardegna come studio di caso” (Aipsa edizioni), si rileva che tra i 144 casi di discriminazione seguiti in quegli anni soltanto 14, circa il 10%, hanno riguardato episodi di molestie e molestie sessuali. Su quei 14 casi, soltanto 4 sono state le denunce da parte di lavoratrici provenienti dal settore privato, “Questo non perché il settore pubblico metta in opera maggiori azioni discriminatorie”, chiarisce Marilotti, “ma perché è maggiormente “protetto” dal punto di vista contrattuale”, dunque si ha più coraggio a denunciare. Il suo intervento in 8 casi su 14, si è limitato alla consulenza su come proteggersi da eventuali molestie e molestie sessuali. In 6 casi la lavoratrice ha voluto interrompere l’azione intrapresa nei confronti del datore di lavoro, in quanto ha trovato una sua compensazione, un accordo. “In genere viene allontanata la lavoratrice e non il suo molestatore”.

In tutti gli altri casi le risposte sono state positive: “Dopo aver fatto una richiesta formale alle aziende, sono stati siglati degli accordi di miglioramento del clima, apertura di indagini interne. In un caso vi è stato un accordo stragiudiziale con risarcimento del danno alla lavoratrice, e in un altro caso l’azione in giudizio è stata portata avanti autonomamente dalla lavoratrice, senza il supporto dell’Ufficio Consigliera di parità”, conclude l’ex consigliera di parità.

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