Share

Le Leopoldine sono case rurali tipiche soprattutto della Val di Chiana, un vasto territorio compreso tra la Toscana e l’Umbria. Originariamente paludoso, il solco vallivo fu oggetto, nel corso dei secoli, di svariati tentativi di bonifica, non sempre fruttuosi. L’opera intrapresa dal Granduca Pietro Leopoldo I di Toscana (divenuto imperatore col nome di Leopoldo II d’Asburgo-Lorena nel 1790) fu, in un certo senso, quella risolutiva. In virtù di quello che conosciamo come “dispotismo illuminato”, il Granduca fu artefice di numerose riforme, improntate al liberismo, che svecchiarono il sistema giuridico e quello fiscale. Si adoperò per rendere il suo Granducato una potenza e nel suo piano di ricostruzione un posto di rilievo lo ebbe proprio la bonifica delle zone paludose.

La bonifica

Come già detto, la Val di Chiana fu interessata da diversi tentativi di bonifica, tentativi che non portarono a risultati definitivi e duraturi perché operati in contrasto con la natura stessa. Le cose cambiarono nel corso del Settecento, quando ancora la valle era in parte sotto il dominio mediceo (un’altra parte era sotto il controllo della Chiesa). Nella prima metà del XVIII secolo, circa due terzi della palude risultavano bonificati, ma una vera svolta si ebbe solo nel 1788, quando al cavaliere Vittorio Fossombroni, ingegnere idraulico, fu dato l’incarico di proseguire i lavori di bonifica. Egli ebbe l’arguzia di utilizzare il metodo della “bonifica per colmata”: le acque fluviali venivano fatte scaricare nelle zone paludose, affinché i detriti andassero a colmarle. Una volta conseguito il risultato atteso, le acque venivano fatte defluire in canali artificiali. Nel 1787, Fossombroni aveva sottoposto all’attenzione del Granduca il suo scritto Memorie idraulico-storiche sopra la Val di Chiana, in cui illustrava il suo progetto di bonifica per colmata. Questo convinse il Granduca ad affidare l’incarico al Fossombroni, il quale fu soprintendente ai lavori fino al 1828.
L’operazione di bonifica fu fatta principalmente per lo sfruttamento agricolo. A tale scopo furono successivamente fatte costruire una dozzina di Fattorie Granducali e diverse centinaia di Leopoldine, con il relativo podere, destinate ai mezzadri.

Le Leopoldine: struttura e finalità

Nella progettazione delle Leopoldine, nulla fu lasciato al caso. Esse sorgevano lungo le vie interpoderali e dovevano rispettare dei canoni costruttivi precisi, a partire dalle fondazioni, che dovevano essere molto spesse per reggere il carico delle strutture sovrastanti, soprattutto in ragione della maggiore o minore consistenza dei terreni. Lo spessore dei muri doveva essere almeno pari al braccio fiorentino (corrispondente a più di mezzo metro), per isolare le stanze dal caldo e dal freddo.
La casa si sviluppava su due livelli: nella parte superiore c’era l’abitazione vera e propria e, in molti casi, la colombaia; al piano terra erano presenti tutte le stanze necessarie per il lavoro nei campi quali il ricovero per gli attrezzi, le stalle, il “segatoio” (uno stanzino in cui si conservava il foraggio) ma anche la cantina. Nel podere vi erano poi le porcilaie, i granai, il pollaio.
La costruzione delle Leopoldine migliorò sensibilmente le condizioni di vita dei contadini che vi si stabilirono, miglioramento che andò anche a vantaggio delle produzioni agricole e che regala, ancora oggi, un esempio di edilizia utile e ben integrata nel paesaggio.

La situazione attuale

Com’è facile intuire, molte Leopoldine sono oggi in condizioni fatiscenti. Necessiterebbero tutte di essere valorizzate con restauri attenti al rispetto delle loro peculiarità e con il loro riutilizzo, seppure per scopi diversi da quelli per cui sono nate.
Un piano di recupero delle Leopoldine è stato già avviato da Bonifiche Ferraresi, l’unica azienda agricola italiana quotata in Borsa; la prima ristrutturazione riguarda il podere “I Granai”, non lontano da Cortona, che ospiterà gli uffici della società e un laboratorio per la lavorazione delle piante officinali. Il progetto di recupero riguarda in tutto ventuno edifici (tutti dislocati nei terreni di proprietà di Bonifiche Ferraresi), tra cui dodici Leopoldine.
Questa iniziativa è stato sposata anche dalla Regione Toscana che ha stanziato centomila euro per i Comuni della Val di Chiana per l’elaborazione di un progetto per il recupero di queste affascinanti costruzioni rurali.
La Regione Toscana e la società Bonifiche Ferraresi vogliono, con questi interventi di tutela e valorizzazione, accrescere la presenza turistica e restituire nuova vita a edifici che raccontano la storia e le usanze di una parte incantevole del nostro Paese.

Leave a comment.