I piccoli fenici, foto di Marco Maccioni e PAF
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Carbonia (ITALIA)

 

La storia

Il territorio di Carbonia è stato da sempre strettamente legato all’economia della zona, ossia l’attività estrattiva delle miniere. Città fondata dal fascismo nel 1937, che volle potenziare l’attività delle miniere di carbone già esistenti e sfruttate industrialmente dalla seconda metà dell’Ottocento, (all’epoca del fascismo il carbone era l’unico combustibile che assicurava l’approvvigionamento energetico nazionale).

I giacimenti erano notevoli, tanto da convincere il regime a far nascere una città. Carbonia però, non nasce senza un progetto. L’idea è quella di un laboratorio architettonico, della fondazione di un sistema di vita: il pensiero razionalista si poteva sviluppare interamente e organicamente. Non un’opera, un quartiere, ma un’intera città con uno stile completamente nuovo per l’epoca. Oltre l’aspetto estetico e scenografico della città, si rispettavano diversi criteri sociologici. Il modello architettonico doveva proporre un modello di vita, dove i cittadini erano guidati in ogni attività. Dal lavoro, all’acquisto dei beni primari e infine anche nel dopolavoro, una città orientata proiettata al lavoro collettivo, di massa. Tutti seguivano le stesse regole, così da “razionalizzare” ogni frammento della vita individuale. Un modello che riproponeva anche il sistema gerarchico fascista, e non solo. La geometria della città disegnava quartieri per i dirigenti, per gli operai, per le famiglie e per i “single”. Un esperimento sociale che poteva funzionare solo se l’economia reggeva, una volta andato in crisi il mercato del carbone a livello internazionale e i conseguenti peggioramenti delle condizioni di lavoro e molti licenziamenti, tutto il sistema immaginato dal regime inizia a crollare.

La particolarità della città è stata quella di avere una popolazione originaria eterogenea, quasi multietnica, proveniente da diverse zone della Sardegna e dell’Italia. Si trovano comunità numerose di origine abruzzese, calabrese, emiliana, friulana, lucana, marchigiana, pugliese, siciliana, toscana, umbra, veneta e di altre parti d’Italia. Un “melting pot” di tradizioni, lingue, dialetti legate solo dal fatto di trovarsi nella città per lo stesso lavoro. Esperienza che certamente si può riscontrare in ogni città industriale del nord Italia, ma a Carbonia la comunità è creata ex novo da una decisione politica.

Il presente

Dal 1937 ad oggi la città è diventata una vera comunità, lentamente è cresciuta l’identità del luogo. Il sentirsi parte di un territorio è fondamentale, non solo dal punto di vista culturale ma anche per uno sviluppo economico. Ogni comunità che sente profondamente le radici al proprio territorio è portato naturalmente a difenderlo, se manca questo riconoscimento non potrà mai esserci sviluppo.

Carbonia da più di un decennio ha scommesso sul turismo, non quello classico delle vacanze estive. Un turismo che promuove la conoscenza come modus operandi. La conoscenza del territorio, delle ricchezze ambientali e naturalmente dell’architettura industriale. In poche parole presentare l’identità della città, ai turisti ma anche ai cittadini. Gli abitanti di Carbonia e del Sulcis hanno iniziato così ad acquisire coscienza della propria storia. Questo avviene per gradi, quando le istituzioni favoriscono questo processo di identificazione con i luoghi che si vivono quotidianamente.

Monumenti aperti è una di quelle idee geniali che ha regalato ai cittadini la possibilità di sentirsi italiani. La cultura, prima di ogni altra azione umana, ha il potere di rappresentare un popolo. Lo sapeva bene il regime fascista che ha creato Carbonia, cercando di monitorare e controllare ogni aspetto della vita di ognuno, la conoscenza in primo luogo.
La storia della città passa attraverso i suoi monumenti, e Carbonia ne possiede tanti. Si compie un viaggio che passa dalla modernità (ormai storia) dell’architettura razionalista, ai resti della civiltà fenicio-punica del Sulcis. Dall’archeologia nuragica a quella industriale dei vecchi impianti minerari, oggi diventati “atelier” della storia del ‘900 italiano. Storia nazionale, vista l’importanza che ha ricoperto questa industria. Luoghi che raccontano molto più dei testi di storia, luoghi ancora vivi per certi versi. Luoghi riscoperti per il loro valore originario, nell’uso che si faceva all’epoca. Tutto l’armamentario ideologico del regime, la storia poco onorevole a volte della dirigenza delle miniere e poi delle aziende statali. La storia della quotidianità in un’isola dentro l’isola, così si definiva la città.

Monumenti aperti a Carbonia
Monumenti aperti a Carbonia

Il futuro

Oggi la comunità di Carbonia, a dispetto della forte crisi economica, vive una rinascita dal punto di vista sociale e culturale. Compreso l’importantissimo “Premio Paesaggio del Consiglio d’Europa”, dove la città vince con il progetto ” Carbonia – Landscape Machine”. Un premio che riconosce una città vivibile, attenta alla difesa dell’ambiente e del paesaggio.

Monumenti aperti 2012 arriva dopo nove anni di grande lavoro da parte delle istituzioni cittadine e regionali, delle associazioni, delle scuole (senza l’apporto fondamentale dei ragazzi questa manifestazione non si potrebbe fare).

Abbiamo chiesto a Loriana Pitzalis, Assessore alla Cultura e Turismo del Comune di Carbonia, di parlarci della manifestazione.

Quando è nata la manifestazione Monumenti aperti a Carbonia?

Con quella del 2012 siamo alla IX ed. In tutti questi anni l’amministrazione ha creduto fortemente al progetto, insieme all’associazione Imago Mundi, che ha contribuito a far crescere l’iniziativa.

Carbonia è una città relativamente giovane, da tanti considerata come povera di storia, di significative opere dell’ingegno umano.

Certo, il ‘luogo comune’ ci vuole poco attrattivi, i dati dimostrano l’esatto contrario!

Il ‘luogo comune’ ci vuole esclusivamente città di miniera e nell’immaginario collettivo, nel tempo, si è diffusa una percezione di negatività, di tristezza che quasi poteva rasentare la depressione, così come è depresso tutto il territorio, ma la storia fa emergere il contrario.

Certo, siamo minatori e lavoratori, storicamente, da millenni! I nuragici estraevano il minerale, poi i fenici e i punici e i romani mandavano gli schiavi per lo stesso motivo. Ci hanno lasciato una tradizione ben definita. Invece, la landa deserta di cui parla Mussolini all’atto della fondazione era pura propaganda di regime. Esisteva già una forte vocazione, e un’industria mineraria fin dall’Ottocento.

Quali monumenti sono stati più visitati e i più amati dai visitatori? Sarebbe interessante sapere quanto di quel periodo viene consegnato alla storia dell’architettura, e quindi diventa monumento per i fruitori della manifestazione. Sapere come e quanto è messo in luce del periodo fenicio di Carbonia, o meglio del territorio che la ospita.

Ci sono dei dati precisi: Carbonia è museo a cielo aperto, città di fondazione, città del contemporaneo unica nel suo genere e la meglio conservata in Italia. Sono state circa 9.500 le presenze registrate a cui vanno aggiunte alcune manifestazioni in cui non è stato possibile raccogliere le presenze, il che fa presumere che i visitatori siano stati oltre 10 mila.

Particolare successo è stato riscosso dall’area della Grande Miniera di Sebariu: quasi 1100 persone hanno visitato l’area superiore della miniera, circa 450 hanno visitato la galleria e lo stesso numero di persone ha fatto visita alla mostra Strumenti e Ricordi, dedicata alla vita quotidiana dei minatori e allestita in una delle sale argani. Grande curiosità e apprezzamento ha registrato anche la mostra “Le carte del fondo Cossu 1852-1958: nuova luce alla memoria della comunità” organizzata dalle operatrici della Sezione di Storia Locale del Comune di Carbonia. Importanti anche le visite alla parte archeologica della città. Dal Museo di Paleontologia e Speleologia con 881 visite, la Grotta dei fiori con 410, la Necropoli Cannas di sotto con 292, Monte Sirai con 701, il Museo Villa Sulcis con 401.

Esiste anche un aspetto economico di Monumenti aperti, quanta e quale tipo di economia crea la cultura?

Quest’anno abbiamo avuto molte presente nei B&B e nei ristoranti. Abbiamo organizzato un trenino turistico che viaggiava di continuo, con la ressa per salire. Credo che l’edizione di quest’anno segni un ulteriore passo nella direzione di uno sviluppo turistico in cui vuole andare la città. La storia e la conoscenza del territorio, della bellezza del paesaggio: un turismo di qualità.

 

 

 

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