Persepolis theasury
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Articolo di Daniela Zini

“Viaggiare è il più personale dei piaceri. (…)”: con questa frase Vita Sackville-West introduce i suoi ricordi di viaggio in Persia.

“(…)
Hame-ye alam tanast va Iran del
Nist qaviyande zin qiyas khejel
(…)”
Nezami Ganjavi, Haft peykar.

I. Golfo Persico

1. Iran: un paese sospeso tra passato e presente

“(…) Ah! Ah! Il signore è persiano? È una cosa proprio straordinaria! Come si può essere persiano? (…)”
Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède e de Montesquieu, Lettere persiane.

Nella Parigi dell’inizio del XVII secolo, Rica e Usbek, i due protagonisti delle Lettere persiane lasciano l’abbigliamento persiano per vestirsi all’europea. Da quel momento, nessuno più li guarda e, quando, qualcuno, per caso, apprende da dove vengano, se ne stupisce.
L’identità complessa dell’Iran, che suscitò gli interrogativi di Montesquieu, spiega la storia monumentale di questo paese, compresa quella di un XX secolo segnato dalla mondializzazione, il petrolio e quattro rivoluzioni.
Queste esperienze sono state saldate con échecs costosi per la popolazione. L’Iran non ha, infatti, mai cessato di avere un regime dispotico, una economia sottosviluppata, una cultura soffocata dalla censura e la sua indipendenza politica, costantemente, controllata dalle grandi potenze.

Queste esperienze hanno, tuttavia, trasformato l’Iran povero ed emarginato dell’inizio del XX secolo.
Impadronendosi del potere per gestire un grande paese, il clero sciita si assumeva il rischio di rinunciare alla sua posizione tradizionale di censore del potere, di garantire la sua legittimità e di subire le alee dell’azione politica. Questo episodio della storia dell’islam ha contribuito ad alimentare l’idea di una eccezione iraniana nel mondo musulmano e a ricordare, allo stesso tempo, il posto insostituibile dell’islam nella identità iraniana.
La gestione dello Stato e l’azione politica, nel quotidiano, hanno, anche, favorito la banalizzazione dell’islam sciita rivoluzionario, il quale, restando arroccato a certi simboli, sembra, oggi, limitarsi a un neo-fondamentalismo più attento a una morale individuale che a ideali sociali e politici.
La repubblica islamica non ha potuto – o non ha saputo – evitare di fare ricorso, per sopravvivere, a capitali stranieri e, dunque, alla società occidentale, che non manca occasione di vilipendere. Al di là delle contraddizioni che emergono, questa situazione conferma, tuttavia, che l’Iran è entrato, anche in politica, in una fase post-islamica.
Gli intellettuali che hanno partecipato alla rivoluzione del 1979 ricercavano la democrazia, la giustizia sociale come pure l’identità perduta di un Iran che aveva, troppo, trascurato la sua cultura popolare.

Bisotun, rilievo di Dario il Grande
Bisotun, rilievo di Dario il Grande

Bisotun, rilievo di Dario il Grande

Tutti sanno che la Rivoluzione Francese, Napoleone, il Radicalismo, il Socialismo, Clemenceau, perfino Stalin, hanno iniziato a sinistra, nella contestazione, per finire a destra, con monotona regolarità, nel culto dell’autorità e spesso dell’oppressione.
“Per la tolleranza,”,
dice mio nonno,
“vi sono case apposite.”

2. Golfo Persico: “le dessous des cartes”

“(…) Il territorio dei Persiani si estende fino al mare meridionale, il cosiddetto Eritreo; sopra di loro verso nord sono stanziati i Medi, oltre i Medi i Saspiri e al di là dei Saspiri i Colchi sulle rive del mare settentrionale, dove sfocia il fiume Fasi. Questi quattro popoli occupano la regione tra i due mari. (…)”
Erodoto, Storie, Libro IV, 37

“Non permetteremo che l’Iran costruisca armi nucleari.”,
tuonava Bush, nel 2003, e la dichiarazione definiva bene la sua posizione. Ma poiché, in Iraq, non era stata trovata nessuna arma nucleare, la scusa per l’invasione aveva perso di credibilità…
Tuttavia, una seria valutazione strategica dell’Iran non dovrebbe trascurare l’importanza del suo ruolo nell’equazione mondiale delle fonti energetiche.
L’Iran è il secondo maggiore produttore di petrolio dell’OPEC e, certamente, dovrà giocare un ruolo essenziale nell’equazione energetica mondiale, qualunque cosa accada. L’Iran è, anche, il principale fornitore di petrolio e di gas della Cina, dell’India e del Giappone, la qualcosa accresce la sua importanza nelle questioni mondiali.

Bisogna, altresì, considerare la sua posizione strategica a nord del Golfo Persico, dalla quale può minacciare i campi petroliferi dell’Arabia Saudita, del Kuwait, dell’Iraq e degli Emirati Arabi, che rappresentano più della metà delle riserve energetiche mondiali conosciute. L’Iran si trova, proprio, di fronte allo Stretto di Hormuz, la piccola via d’acqua attraverso la quale transita, ogni giorno, il 40% delle esportazioni mondiali di petrolio.
Crocevia commerciale e luogo di scambio permanente tra Oriente e Occidente, il Golfo Persico è divenuto, dalla scoperta dei primi giacimenti di petrolio, poco più di un secolo fa, una zona strategica al centro di tensioni e di enjeux economici e geopolitici, senza precedenti, a livello regionale e internazionale.
Il primo marzo 2005, il segretario del Consiglio per il Discernimento dell’Interesse del Sistema, Mohsen Rezai, aveva affermato:
“Un attacco all’Iran metterà in pericolo l’Arabia Saudita, il Kuwait, e, in poche parole, tutto il petrolio del Medio Oriente.”

E il vice-ammiraglio Lowell E. Jacoby, direttore della Defense Intelligence Agency, dal luglio del 2002 al novembre 2005, testimoniando davanti al comitato dei servizi segreti del Senato, aveva dichiarato:
“Crediamo che l’Iran possa chiudere lo Stretto di Hormuz, in breve tempo, affidandosi a una strategia a più strati di tipo navale, aereo e anche terrestre.”
La notizia di tests missilistici segreti iraniani, che violerebbero la risoluzione 1929 dell’ONU, – una dura accusa lanciata, il 29 giugno scorso, dal ministro degli affari esteri britannico, William Hague – allarma, dunque, per la sicurezza dei paesi produttori del Medio Oriente.
“Le ambizioni militari, nucleari e balistiche dell’Iran”,
ha affermato, Sarkozy, alla vigilia della conferenza di sostegno alla “Nuova Libia”, convocata a Parigi,
“costituiscono una minaccia crescente che potrebbe portare a un attacco preventivo contro i suoi siti, che provocherebbe una grave crisi che la Francia vuole evitare a ogni costo.”

Quando si parla dell’importanza del petrolio, è importante andare oltre l’ovvia questione del ruolo potenziale dell’Iran nel soddisfare le nostre future richieste energetiche.
Come nel caso dell’Iraq, la Casa Bianca sarà decisa a eliminare questa minaccia una volta per tutte?

1 thought on “Iran, il paese delle rose

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