Il monastero di Elona in Grecia
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Articolo di Rosangela Spina

Segno di identità della città è stata nei secoli la cosiddetta civitas, con i suoi simboli di continuità nel tempo, che ogni cittadino riconosce come appartenenza ai propri luoghi, forse ancora più che alla stessa comunità. In antichità il senso di identità era forte, erano importanti le relazioni del quartiere, gli spostamenti rimanevano spesso compresi in un micro-nucleo urbano. Sentirsi parte integrante di un luogo fisico implicava un sentimento di appartenenza e, a livello istituzionale-politico, era la cittadinanza.

La forza dei mezzi di comunicazione oggi ha profondamente appiattito la condizione di originalità di ciascun luogo. Al tempo della globalità non vi sarebbero più luoghi privilegiati, né sarebbe necessaria la continuità fisica che è fondatrice della comunità urbana. La difficile identificazione nel vecchio Genius Loci inaridisce la fonte di una identità sicura cui riferirsi.

Il tema dell’identità, prima di essere una questione europea, è stata soprattutto mediterranea. Numerosi studi evidenziano come storicamente l’area del Mediterraneo sia stata insieme culla di identità e di incrocio di popoli.

La Grecia antica, per esempio, era caratterizzata dalla compresenza di forte omogeneità culturale ma nel contempo da grande frammentazione politica. Ad ogni polis o città-stato corrispondeva una specifica comunità, una organizzazione politica, un popolo. L’uomo greco, che rivendicava forti identità, distingueva lo straniero di stirpe greca ma diverso politicamente, cioè appartenente ad altra polis ma facente parte della grande comunità greca (xenos da cui la xenofobia identificata come razzismo, ma anticamente come paura del diverso) da quello di tipo barbaro, cioè quello “straniero due volte”, sia sul piano etnico-culturale che su quello politico, di coloro che non parlavano greco e quindi non condividevano la cultura greca.

Un esempio antico di democrazia sembrerebbe ben strutturato nella civiltà greca. Il popolo greco è infatti cosciente di appartenere ad una civiltà unitaria, concetto espresso da numerosi scrittori dell’epoca, quali Erodoto ed Eschilo, ma che nel contempo vive prendendo consapevolezza delle varie diversità culturali presenti sul territorio ellenico, frammezzato in numerosi stati e stirpe.

In realtà il mondo greco era caratterizzato dalla mancanza di integrazione tra questi popoli, e metteva bene in evidenza il mito della “autoctonia” ed anche della superiorità, usato come forma di rivendicazione di identità etnico-culturale. Questo è un discorso che presenta opportune differenze geografiche: se ad Atene ha un significato democratico e sottolineava l’uguaglianza fra i cittadini, le nuove popolazioni e le stratificazioni sociali delle aree del Peloponneso (a cominciare dai Dori) conduceva a diversi compromessi di convivenza. È nel mondo greco che si forma il concetto di topos ricorrente nei miti, i luoghi comuni che tornano all’interno di una cultura. Ed il locus è il luogo che ciascuno riconosce come proprio.

Prima della tradizione latina, per molto tempo la cultura della Magna Grecia in Calabria e Sicilia ha avuto grande influenza. E si trattava di una tradizione culturale che si basava nei secoli su miti e rovine. Questo conferma come l’identità non sia qualcosa di granitico, di definito, ma il prodotto di sovrapposizioni e di continue vicende storiche. Il riferimento ad un passato glorioso appare come critica del presente, riconoscimento di sè e motivo consolatorio. L’esaltazione di un tempo andato e la ricerca di un passato favoloso avveniva nel momento in cui il paese viene considerato come un luogo lontano, chiuso verso il mondo esterno.

Diversa è la situazione nel periodo romano. A partire dalla Koinè ellenistica, qui si favorisce la disponibilità all’integrazione, in quanto il vasto mondo ellenizzato, poi romano, sa di essere fin dalle origini un popolo misto. La vasta operazione di urbanizzazione dell’impero univa numerose eterogenee civiltà, tutte sotto l’egida di Roma. È un vasto impero che, pur con grande identità, sa già di nascere “multietnico”. Abilità amministrativa nella gestione di un vasto patrimonio territoriale e una certa autonomia, che non turbava l’equilibrio delle popolazioni preesistenti, furono i punti di forza del governo romano. A queste si aggiungono le numerose comunità di albanesi, stanziati tra Sicilia e Calabria tra XIV secolo e metà del XVIII. Ancora oggi, molte comunità urbane del sud recano nella loro storia e toponomastica diversi idiomi risalenti al gergo albanese.

Una delle componenti più importanti del bacino mediterraneo è stato il mondo arabo, che ha offerto in contemporanea esempi di volontà di solidarietà e di unione, e mancanza di omogeneità politica e culturale. Si evidenzia così, storicamente, che quella del Mediterraneo è stata una società “multiculturale”.

Un’ampia superficie romanizzata giungeva agli albori del nuovo millennio, tra eredità tardo-antica e medioevo, eredità proseguita nella tradizione classica di epoca carolingia sotto forma scolastica, culturale, artistica. I principali termini giunti dalla tradizione medievale nell’area del Mediterraneo sono: “schiavo, barbaro, ebreo, islamico”, distinguendo nel concetto tra uomini liberi e uomini schiavi per aspetti correlati a proprietà, appartenenza, mansioni, natura servile. Erano già in atto, anche se non con questo termine, aspetti collegati al concetto di identità cittadina.

Si formano nuovi modelli sociali-culturali con sfondo religioso in contrapposizione tra loro: l’occidente cristiano e l’oriente musulmano. L’ordinamento delle parti era rispondente all’ortodossia stabilita dalle istituzioni, ossia dalla gerarchia della Chiesa, dall’autorità politica e dallo studium universitario, dalle guerre sante; per questo si verificarono forme di repressione delle minoranze culturali.

In tutto l’illuminismo filosofico e letterario settecentesco è perdurata a lungo l’idea di un “centralismo nordico”, con forti caratteri di convinzione di identità linguistica e culturale della Germania e di un loro primato sul contesto europeo. Un centrismo che ha allontanato in quegli il contesto mediterraneo.

Nel mondo antico, dopo la colonizzazione fenicia, l’area del Mediterraneo era centro di rotte marittime, sia in termini di commercio ma anche di guerre ed approdi di diverse civiltà. Con la scoperta dell’America e di nuove rotte geografiche il Mediterraneo ha perduto interesse ma il taglio del canale di Suez ha fatto riacquistare nuovi interessi.

La storia politica e sociale del XX secolo, tra i due conflitti mondiali, attesta che il Mediterraneo ha mantenuto una grande importanza strategica. Con il crollo dei paesi dell’Est e il processo di formazione del capitale trans-nazionale il Mediterraneo è stato interessato da una fase di marginalizzazione. Pure il trasporto marittimo ne è risultato dequalificato, rispetto almeno a quello che era prima delle due grandi guerre.

Per chi ha interesse ad approfondire questi argomenti può leggere i seguenti testi: Giuseppe Masi (a cura), Tra Calabria e Mezzogiorno. Studi storici in onore di Tobia Cornacchioli, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 2007. Paolo Prodi, Identità cittadina e comportamenti socio-economici tra medioevo ed età moderna, Bologna 2007. Marco Romano, L’estetica della città europea. Forme e immagini, Einaudi editore, Torino, 1993. Lidia Viganoni (a cura), Il mezzogiorno delle città. Tra Europa e Mediterraneo, Scienze geografiche Franco Angeli, Milano 2007.

1 thought on “In viaggio nell’identità culturale e urbana del Mediterraneo

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