Il teatro delle ombre in Turchia, immagine di Piero Castellano
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Ankara (Turchia)

Il Ramadan è il mese in cui la comunità islamica osserva il digiuno durante il giorno.
Nei diversi paesi di religione islamica, oltre alle tradizioni religiose, ci sono usanze che vanno dalle ricette per le cene che rompono il digiuno (“Iftar”) agli intrattenimenti serali.

In Turchia una delle tradizioni più caratteristiche è il teatro delle ombre. Si racconta che a metà del 1300, a Bursa, allora la prima capitale di quello che stava diventando l’Impero Ottomano, due strani personaggi lavoravano alla costruzione di una moschea votiva per il Sultano. I loro continui scherzi e battibecchi distraevano gli altri operai, e la costruzione andava a rilento. Informato della causa dei ritardi, il Sultano fece sbrigativamente decapitare i due, e la moschea fu terminata. Ma i loro compagni tennero vivo il ricordo dei due amici rimettendo in scena le loro facezie, rappresentandoli con figurine colorate. Così, secondo la tradizione, nacque il teatro delle ombre turco.
Secondo fonti storiche, invece, sarebbe un’arte introdotta dall’Egitto, forse da mercanti arabi che l’avevano scoperta in Oriente, probabilmente direttamente da Giava.
Evliya Çelebi, storico e viaggiatore ottomano, scrisse nel XVII secolo di aver assistito al teatro delle ombre dopo un iftar a Costantinopoli, confermando che già allora fosse una tradizione del Ramadan.

Ma anche se rimane cara al sentimento popolare, non è più molto diffusa, e oggi non è facile assistere ad uno spettacolo di “Karagoz e Hacivat”, i nomi dei due personaggi principali.
Halit Eker era un attore di teatro, che è entrato in contatto col mondo del teatro delle ombre, e si è appassionato al punto da farne la sua principale attività, che ha chiamato “Palanga”, il nome delle piazze dove si svolgevano in origine gli spettacoli.
“Il teatro di Karagoz e Hacivat è una tradizione rivolta soprattutto ai bambini, nelle serate di festa del Ramadan”, spiega. “Anche se i due personaggi sono originari di Bursa, gli altri rappresentano un po’ tutto l’Impero Ottomano, in uno spaccato di Umanità che ironizzava sugli stereotipi in cui gli stessi spettatori potevano riconoscersi”. E come tutti i teatri di strada, era un’occasione di satira “innocente” che solo gli adulti comprendevano, in tempi in cui era pericoloso criticare apertamente i potenti.

Halit mostra lo schermo di seta su cui vengono proiettate le ombre, parte di un baule che contiene le figurine dei personaggi e tutto l’occorrente per una rappresentazione: per il teatro di strada, la portabilità era essenziale. Le figurine sono piatte, alte circa 30 cm, ritagliate da pelle di cammello o di bufalo, dipinte e poi articolate. Come nei teatri orientali, vengono maneggiate con due bacchette, da un unico “burattinaio”.
“Ogni personaggio è fortemente caratterizzato: Hacivat è istruito, parla in maniera forbita, e tenta invano di educare Karagoz, che è uno zotico impenitente, con una forte pronuncia contadina, e una voce bassa e roca”.

Halit lavora fuori dagli schemi, anche se segue e tiene vive le tradizioni insegnategli dal suo maestro.

Ma quello di Karagoz e Hacivat è un mondo chiuso, con regole precise. Con Halit, saliamo alla Cittadella di Ankara, la parte più antica della città. Al piano superiore di un antico “han”, un cortile mercato dove si lavorava l’ottone, c’è un negozio che vende oggetti artigianali, tutti relativi ai due personaggi di Bursa. La proprietaria, Müzeyyen Nalkesen, è un’amica di Halit, e sta diventando famosa come la prima donna in grado di mettere in scena il teatro delle ombre in Turchia.

Müzeyyen svela i rituali che regolano l’arte del teatro delle ombre.
“Questo tipo di teatro di strada esiste in molti paesi, ma è quasi sempre basato sui miti locali. Qui in Turchia invece segue regole basate sulla mistica religiosa. La tela dello schermo su cui sono proiettati i personaggi rappresenta lo specchio della società, separa il pubblico dal mondo dei burattinai, ed è una metafora della fugacità del mondo, dell’unicità di Dio.”
Müzeyyen racconta il difficile percorso per diventare “Usta”, maestro burattinaio, che lei non ha ancora completato: “Ci sono tre livelli di apprendistato. Il più basso, il Sandikkar [da sandik, baule], può solo trasportare la cassa che contiene il teatrino, pulire la scena, occuparsi della lampada, ma non può neanche toccare i personaggi. Al livello successivo, l’apprendista diventa “Çirak”, e impara a costruire i vari personaggi, disegnandoli e ritagliandoli dalla pelle di cammello, poi dipingendoli e articolandoli”.
La giovane attrice mostra le varie fasi del procedimento: la colorazione è la parte più difficile, eseguita con colori vegetali che non danneggino la pelle, che è molto assorbente e quindi richiede molti strati di pittura. Col bulino, le figurine vengono poi traforate, per aggiungere alla trasparenza effetti di luce che diano l’illusione della tridimensionalità.
“Per diventare Usta, Maestro, un Çirak deve dimostrare di conoscere la storia e la tradizione del teatro delle ombre, oltre all’abilità artigianale per costruire i personaggi. Ma occorrono anche conoscenze musicali, per eseguire le canzoni tradizionali durante lo spettacolo, e abilità teatrale e pedagogica, non solo per intrattenere i bambini, ma per insegnare a nuovi Çirak, e tramandare quindi l’arte di ‘Karagoz e Hacivat’”.

In effetti, non c’è nessun programma accademico che preservi questa tradizione: la sua conservazione è affidata alle poche decine di Maestri che rimangono in Turchia.
Solo un Maestro può animare i due personaggi principali. Müzeyyen assiste spesso il suo mentore, Ishak Iki Tekgül, nel ruolo di Çirak, ma spesso anche di “Yardak”, un’apprendista a cui sono affidati i ruoli femminili e l’accompagnamento musicale. Ma la giovane Müzeyyen è un caso unico: grazie ad un duro addestramento, è la prima donna in grado di interpretare la tipica voce profonda del rustico personaggio di Karagoz, il più amato dal pubblico.
Quando Ishak riterrà che sarà pronta, le consegnerà l’ambita fascia di Usta, e da quel momento Müzeyyen sarà la prima donna a poter mettere in scena Karagoz e Hacivat, e scrivere le proprie commedie. Potrà anche addestrare nuovi apprendisti, ma sarà sempre subordinata al suo Maestro.
Fuori dal Baskent Tiyatrosu, nel Genclik Parki di Ankara, è parcheggiato un autobus colorato, circondato da un pubblico di bambini e genitori: è la moderna versione del teatro di strada di Karagoz e Hacivat.

Al tramonto, dai minareti echeggia il richiamo che segnala la fine del digiuno, e tutti si affrettano a consumare l’Iftar, la cena rituale. Poi, una fiancata dell’autobus si apre, e su uno schermo di seta compaiono le ombre colorate dei due amici di Bursa: grazie a persone come Halit, come Ishak, come Müzeyyen, continuano ancora oggi a disturbare i sultani, e a intrattenere la loro gente.

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