
Si è conclusa ieri la 14^ edizione del Paestum Wine Fest, espressasi quest’anno nel nuovo format dedicato al fare business; organizzato da Angelo Zarra, suo fondatore, coadiuvato dal direttore artistico Alessandro Rossi, per l’occasione il Paestum Wine Fest è stato ridisegnato negli spazi dall’architetto Lorenzo Valbonesi.
Il Paestum Wine Fest, svoltosi presso la Nuova Esposizione Ex Tabacchificio, nel comune di Capaccio-Paestum, ha apportato diverse modifiche nel corso del tempo, fino a consolidarsi e diventare una fiera del vino rilevante per tutto il Mezzogiorno.

Durante le tre giornate del Paestum Wine Fest, dal 4 al 6 maggio, per quanto il flusso di visitatori sia stato in netto calo rispetto alla precedente edizione, si sono registrate presenze eterogenee di pubblico che, tra buyers, sommelier, giornalisti, appassionati e ristoratori, hanno contraddistinto l’edizione del 2025 per il grande interesse, la curiosità e l’attenzione, stando ai feedback dei ben 250 espositori i quali, nell’insieme, hanno dispiegato ben 11.000 etichette, facendo assaggiare vini dal Nord al Centro, dal Sud alle Isole.
Pertanto, le parole chiave mediante cui contraddistinguere il Paestum Wine Fest 2025, forse un po’ troppo lontano dal Vinitaly e forse un po’ troppo vicino a Vitigno Italia, in termini temporali, sono le seguenti: qualità di pubblico, grande focus sulle produzioni vitivinicole e sobrietà.
A tutto ciò è doveroso aggiungere la presenza di grandi personaggi del mondo del vino tra assaggiatori, comunicatori e autorità del mondo enologico che, oltre ad essere stati testimonial del Paestum Wine Fest, hanno garantito lo svolgimento di master tematici di altissimo rilievo culturale, oltre che costituire metronomi didattici su varietà di vino da territori specifici a confronto e delle nuove tendenze del mercato statunitense.

Particolarmente, la masterclass “Cannonau Likeness” ha aggiunto ulteriore valore e pregio al Paestum Wine Fest grazie agli organizzatori Mariano Murru, presidente di Assoenologi Sardegna, e Davide Gangi, founder di Vinoway, con la presenza straordinaria di Charlie Arturaola, tra i massimi esperti di vino a livello internazionale, attore cinematografico ed opinion leader, che ha arricchito la disamina con forbite osservazioni di carattere organolettico e sinestetico, assieme al giovane enologo Antonio Scatigna, durante la degustazione sensoriale.
L’anticipazione del Cannonau Likeness International
La masterclass sul Cannonau, svoltasi il 4 maggio scorso, ha voluto essere un preludio al Cannonau Likeness International, prossimo a celebrare la sua 3^ edizione che si svolgerà in autunno prossimo, e fortemente voluto Mariano Murru, massimo esperto dell’enografia sarda e non solo, assieme al team di Vinoway, per valorizzare la viticoltura dell’Isola attraverso il suo vitigno principe, portandolo alla massima attenzione mediatica sul piano internazionale e contestualizzandolo e comparandolo ai suoi omologhi in Spagna e Francia.

Diceva Gabriele D’Annunzio in “L’itinerario bacchico”…
“A te consacro, vino insulare, il mio corpo e il mio spirito ultimamente. Il Sire Iddio ti dona a me, perché i piaceri del mio spirito e del mio corpo sieno inimitabili. Possa tu senza tregua fluire dal quarteruolo alla coppa e dalla coppa al gorgozzule. Possa io fino all’ultimo respiro rallegrarmi dell’odor tuo, e del tuo colore avere il mio naso per sempre vermiglio. E, come il mio spirito abbandoni il mio corpo, in copia di te sia lavata la mia spoglia, e di pampani avvolta, e colcata in terra a pie’ d’una vite grave di grappoli; che miglior sede non v’ha per attendere il Giorno del Giudizio”.



Definito in terra iberica come Garnacha e Grenache per l’ampelografia francese, il Cannonau rappresentato durante la masterclass, ottimamente tenuta da Mariano Murru, tra l’altro direttore enologico della cantina Argiolas, ha mostrato un volto inedito e di straordinaria complessità. Dopo i saluti istituzionali da parte di Davide Gangi, si è passati alla degustazione di ben 10 campioni di assaggio di Cannonau.
Il Cannonau rivelato al Paestum Wine Festival
Spumante Metodo Classico Blanc de Noir Dosaggio Zero di Vigne Surrau
I tenimenti della cantina Surrau sono tutti ubicati nel comune di Arzachena, nella subregione della Gallura, e vedono, particolarmente alle uve Cannonau impiegate per questo metodo classico, terreni a disfacimento granitico come a Mamoiada, ad eccezione dell’impasto a tendenza sabbiosa, e che, unitamente alla vicinanza al mare, esprimono grandi vini. Le uve, raccolte precocemente, vengono pigiate sofficemente. La chiarifica statica avviene a freddo, mentre il mosto fermenta in vasche di acciaio inox a temperatura controllata e vinificazione in bianco. Durante la primavera successiva alla raccolta il vino viene messo in bottiglia con il liqueur de tirage e i lieviti selezionati. Le bottiglie, disposte orizzontalmente ed esposte a una temperatura compresa tra 10 e 14°C, vedono il loro contenuto a contatto con i lieviti per almeno 36 mesi, a cui ne seguono altri due per la sboccatura.
La veste è del giallo paglierino tendente al dorato con luminescente cristallinità, bolle numerose, finissime e non troppo persistenti. Al naso i profumi iniziali sono uno sciabordio di iodio marino, conchiglia e vaniglia che, nell’insieme, ricordano i legni delle barche alate in secco, la loro falchetta asciugata al sole, poi pesca gialla non troppo matura, nespola, kiwi golden e scorza matura, con uno scampolo di pepe bianco. Il sorso è affilato, ricco e succoso, ben oltre la sapidità, l’elegante freschezza e le note retro-olfattive di pompelmo rosa: la complessità dell’umami, grazie alla sosta sur lies di tre anni, diventa kokumi effect e la persistenza aromatica intensa ne guadagna lungamente.
Spaghettoni di Gragnano con astice, bottarga e uovo di caviale su crema di ostriche e lemon grass “pink ice”
Izza Cannonau di Sardegna Doc Rosato 2024 della cantina Eminas
L’Izza rosato viene prodotto dalla cantina Eminas, un’azienda nata pochi anni or sono dall’intraprendenza di Manuela, Maria Antonietta e Roberta Melis, tre giovani sorelle di Mamoiada, nel cuore della Barbagia, che ereditano una passione per la terra e vigneti familiari datati 1818 e allevati ad alberello.

L’aspetto visivo dice rosa tenue, quasi buccia di cipolla, mentre archi abbastanza fitti delineano una buona consistenza. La carezzevole nota olfattiva dei petali di rosa e dei fiori di ciliegio lascia spazio al frutto della ciliegia e del lampone. La lieve astringenza iniziale stuzzica il palato e diventa un ricordo dopo l’inondazione di freschezza, seconda solo alla sapidità. Con profumazioni gentili, i suoi ben integrati 14 gradi alcolici e un sorso mascolino, l’Izza rivela caratteristiche androgine, dimostrando il suo profilo elegante e la sua duttilità gastronomica. In bocca torna il floreale e il fruttato percepiti in orto-nasale, con in aggiunto un tocco agrumato e una sottilissima vena di tè verde.
Fregola in crema di fave e basilico, mousse di pecorino sardo stagionato, gamberi rossi crudi, fragole e scorza di limone.
Eminas Cannonau di Sardegna Doc 2023 della Cantina Eminas
Eminas, che prende il nome dalla cantina che lo produce, significa “donne” e viene prodotto specificatamente da un vigneto ubicato in località Loddasi, nei pressi del santuario di San Cosimo, a poca distanza dalla statale che da Nuoro conduce fino a Lanusei, posto ad un’altitudine di 500 metri dal livello del mare. Ultimate le fasi di vinificazione in acciaio, atte altresì a preservare i sentori primari, matura giusto per qualche mese in botti grandi, senza lasciare tracce di questo passaggio. Volutamente nato per offrire il volto giovane e fresco del Cannonau, l’Eminas si presenta alla vista con un colore tra il rosa chiaretto e il rubino. Sentori di violetta, iris e rosa canina, ricordi di macchia mediterranea e note di susina e marasca. Al sorso è equilibrato: il tannino è lieve e piacevole, l’acidità è quasi agrumata e la sapidità appare in sottofondo, così come una lievissima nota retronasale di chiodo di garofano.
Is piscis a scabecciu
Tiscali Cannonau di Sardegna Doc 2022 dell’Azienda Agricola Puddu
La cantina dei fratelli Puddu si trova in località Orbuddai, nel comune di Oliena, incastonata nella regione storica della Barbagia di Nuoro. Il Tiscali nasce dai vigneti familiari di circa 15 anni, allevati a cordone speronato in conduzione biologica e situati nella vallata ai piedi del monte Corrai, tra olivi e mandorli. La vendemmia manuale viene seguita da fermentazione a temperatura controllata in solo acciaio e, successivamente, il vino affina alcuni mesi in bottiglia. Sfoggia un rosso vivace e che ricorda il colore del succo di melograno, con tracce di buona consistenza. Rosa canina e geranio al naso sono le note floreali di apertura a cui seguono il fruttato del ribes e del gelso nero, la mora di bosco e la visciola, poi un tocco piperito con sfumature che ricordano anche la senape e il ginepro. Deciso, per quanto elegante e fine, il sorso vede un ingresso astringente ma calibrato, un’acidità da pompelmo rosa con sapidità finale.
Porceddu Arrosto al Mirto con Marinata ai Lamponi e Semi di Senape
Cinquesse Cannonau di Sardegna Doc 2021 di Antichi Poderi Jerzu
La regione storica di Ogliastra è nota per essere la terra dei centenari, il paesaggio offre vedute in cui le montagne sembrano tuffarsi in mare e sul territorio sono molti i siti archeologici. Nell’omonimo comune di cui porta il nome, Antichi Poderi Jerzu propone un modello di cantina diffusa, evoluzione sinergica della cantina sociale fondata nel 1950 e legata alla figura del grande medico Josto Miglior, composta da diverse famiglie che da secoli si occupano di vitivinicoltura in una terra decisamente ostica. Qui il basalto domina nella tessitura del terreno e la cantina vuole dare, mediante i suoi vini, una rappresentazione specifica e autentica di territorio, il cui risultato definisce un’identità tangibilmente diversa.

Le uve vergono raccolte a mano a metà settembre, allevate ad un’altitudine di 400 metri; dopo la pigiatura e la macerazione a freddo il frutto fermenta per 25 giorni a temperatura controllata, il vino che ne risulta svolge poi la malolattica in contenitori di legno di rovere, per poi affinare in tonneaux della stessa matrice lignea per sei mesi ed altri nove in vitro.
Il Cinquesse è così chiamato per omaggiare l’artista sarda Maria Lai e la sua opera “Le Cinque Esse“, ha un piacevole color rosso rubino ed è piuttosto consistente. L’iniziale pot pourri di fiori rossi quasi incenerito dalla preponderante massa di amarena e marasca cui segue una lieve nota di terra umida e, più evidenti, le tostature del legno con il cacao, la vaniglia e la polvere da sparo. Sorso all’inizio asciutto e compatto, progredisce in una acidità strutturale di grande slancio ed eleganza, con un finale poco sapido e nota amaricante raffinata.
Piccione in riduzione di Cinquesse e pere speziate al pepe di Sichuan
D53 Cannonau di Sardegna Classico Doc 2021 Cantina Sociale Dorgali
Il claim di Cantina Dorgali è composto da parole molto evocative e legate ai seguenti numeri: l’unione di 200 soci e la tenacia che contraddistingue l’attività da più di sessant’anni, unione e tenacia che si fondono alla natura della Barbagia, con il mare a est e le montagne a ovest, e un sapere antico, fatto di tradizioni millenarie. Infatti, nel 1953, nella costa orientale della Sardegna, alcuni agricoltori dorgalesi fondarono questa realtà vitivinicola e, grazie ad una costante crescita, l’hanno resa uno tra i punti di riferimento enologici più importanti del mondo vitivinicolo sardo.
Il Cannonau D53 nasce esattamente nel 2013 con l’obiettivo di contrassegnare l’importante traguardo dei primi sessant’anni di questa cantina e, nella volontà dei produttori, la nuova bottiglia non poteva non essere rivestita della specificazione “classico”, termine consentito in etichetta soltanto per quei Cannonau allevati e vinificati nelle province di Nuoro e Ogliastra, cui vanno ad aggiungersi, come noto, i vini provenienti dalle seguenti sottozone: Oliena o Nepente di Oliena, Capo Ferrato e Jerzu.

Il D53 nasce da viti allevate a cordone speronato nel territorio di Dorgali e poste a circa 450 metri dal livello del mare. Qui le condizioni pedoclimatiche vedono una commistione tra marittimità e montagna, con buone escursioni termiche e ventilazione, elementi che, unitamente a certe temperature invernali rendono continentale il clima sardo in diverse aree. Dopo la vendemmia e la pigia-diraspatura, la macerazione e la fermentazione perdurano per una ventina di giorni, dopodiché si procede al trasferimento in tonneaux di rovere per la fermentazione malolattica; infine, sempre in legno grande di rovere francese, il vino procede ad affinare per 12 mesi e fare un’ulteriore sosta in vitro per un altro anno circa.
Il colore è di un rosso rubino di grande profondità, con lievissimi accenni al granato ed evidente consistenza alla vista; il naso è più timido, rispetto ai precedenti assaggi, appare chiuso e austero al tempo stesso, richiedendo il giusto approccio e un po’ di pazienza, che infatti regalano sentori di ciliegia che migrano dal fruttato alla confettura, fino alla marasca sotto spirito, con accenni erbacei di foglia di mirto e uno scampolo di poivre noir. In bocca il sorso risulta più tondo e avvolgente, con il ritorno fruttato anche alla gusto-olfattiva e un buon grado di bilanciamento, grazie all’acidità e alla nota finemente amaricante sul finale. È di quei vini che mettono in condizione di chiedersi quanto potrebbe restare ancora in cantina, vista la godibilità immediata, frutto di un giusto compromesso tra innovazione e tradizione.
Filetto di cervo al pepe verde con funghi porcini

Senes Cannonau di Sardegna Riserva Doc 2022 di Argiolas
Abitata sin dall’era neolitica, Serdiana ha visto nel corso dei secoli il passaggio della civiltà nuragica, punica e romana, periodo storico quest’ultimo durante il quale, presumibilmente, sorse l’abitato vero e proprio. Dopo la dominazione vandalica e bizantina, nel Medioevo, Serdiana fu parte del giudicato di Cagliari, nella curatoria di Dolia o Parte Olla. Attorno al 1125 vi si insediarono anche i monaci benedettini e vittorini, epoca questa in cui è fatta risalire la costruzione della chiesa di Santa Maria di Sibiola. È qui che la Cantina Argiolas ha eletto dimora sin dal 1938, anno in cui venne fondata da Antonio Argiolas, il patriarca cui è dedicato il Senes, oltre all’Antonio 100.
Particolarmente il Senes, le cui uve provengono dalle tenute di Sisini e Selegas-Sa Tanca, precisamente dai vigneti delle colline di Siurgus Donigala nella regione storica di Trexenta, nasce dalla volontà aziendale di legare il Cannonau a un progetto di ricerca su 12 centenari sardi, proprio stando alla longevità di “Tziu Antoni”, il quale ha vissuto un’esistenza straordinaria, dando vita al Turriga, la più emblematica tra le bandiere sarde in forma enologica. Il Senes nasce da viti di oltre i 25 anni allevate su suoli marnoso-calcarei, fermenta a temperatura controllata in inox e, dopo una macerazione di 15 giorni in vasche di cemento vetrificato, vien fatto affinare per 12 mesi in piccoli fusti di rovere.
Di un rosso rubino inscalfibile l’aspetto, il Senes presenta alla vista archi decisamente fitti. Il naso, inizialmente compatto, all’apertura presenta una piacevole nota da iodio marino. Di seguito la prugna, la marasca e la ciliegia sono i riconoscimenti fruttati che si schiudono all’esame olfattivo, per poi aggiungersi alle note lievi e calibrate di tabacco da pipa, chiodi di garofano e pepe. In bocca la prima sensazione è di gran voluttà: il sorso è espressivo, denso e verticale, tipico di quei vini che, proprio come il Senes, si tagliano con il coltello. Tannini presenti e setosi, tocco saporito e piacevole freschezza, determinano un equilibrio e una complessità, anche grazie ai ritorni gusto-olfattivi, che rendono il Senes elegante e persistente.
Tagliatelle al Ragù di Cinghiale con Fonduta di Pecorino Sardo Stagionato e Tartufo Nero

Cannonau di Sardegna “Pensamentu” 2021 di Cantina Sorres
Il Meilogu è una regione storico-geografica della Sardegna, una sub-regione del Logudoro, che si distingue per il suo territorio prevalentemente vulcanico, come testimoniano il Colle Santu Bainzu, il Monte Pélao, il Monte Annaru-Pòddighe, il Monte Pabulena e il Monte Ruju, e per la presenza di numerosi nuraghi, come ad esempio quello di Santu Antine; nome “Meilogu” significa letteralmente “luogo di mezzo”, riferendosi alla posizione centrale del territorio all’interno del Giudicato di Torres. È questo il territorio in cui nasce la Cantina Sorres, gestita da due sorelle a Sennori in provincia di Sassari.
Le uve cannonau utilizzate per la produzione del Pensamentu hanno visto la luce nei vigneti che da Sennori si affacciano sul Golfo dell’Asinara, allevati secondo i criteri della viticoltura integrata e biologica, con sistema ad alberello e guyot, su suoli di matrice argilloso-calcarea; impiantate tra il 2004 e il 2009 le viti danno una resa complessiva media di 80 quintali per ettaro, i cui grappoli vengono raccolti manualmente entro la prima decade di ottobre. Macerazione sulle bucce per circa una settimana a temperatura controllata e affinamento in solo acciaio.
La grande intensità del rosso rubino volge al granato e le tracce lasciate dopo alcune rotazioni lasciano nel calice tracce di vino corposissimo. Senza invasività il primo segno olfattivo è quello di un vino liquoroso ma, superata la cortina di un effluvio alcolemico che non ha cipiglio imperioso, il naso comincia a farsi strada attraverso note di foglie di mirto, mora di rovo, prugna essiccata e visciola sotto spirito, a cui seguono la polvere di caffè e una finissima nota di radice di liquirizia e goudron. Tannino ancora ruvido ma piacevole, passionale e di rustica eleganza, ammansito da una buona acidità. Il sorso ne esce caldo, avvolgente e con un allungo in persistenza di buona durata, con un ritorno dei riconoscimenti odorosi e un’insospettabile e calibratissima nota, per quanto non abbia fatto legno, di tabacco andullo che si fonde alla liquerizia e a un tocco di scorza di arancia amara.
Haggis Scozzese con Fonduta di ‘Nduja
Antonio 100 Cannonau di Sardegna Passito Doc 2017 di Argiolas
“Né ottuse privazioni, né sciocchi eccessi, ma due sacrosanti bicchieri di vino al giorno, da sempre”, così parlava Antonio Argiolas all’età di 102 anni con estrema lucidità quando gli chiedevano cosa ne pensasse della relazione tra vino e salute, una relazione che per lui andava ben oltre. Ziu Antoneddu, nacque il 26 Dicembre del 1906, a cavallo tra due guerre. Da bambino si distingueva particolarmente a scuola per la matematica e cominciò a lavorare prestissimo, ingegnandosi in mille imprese, fino a fare il pendolare tra Cagliari e Genova, affinando le sue spiccate doti di commerciante. Iniziò la sua avventura con appena due ettari di vigneto, determinato ad ampliare i possedimenti ogni anno, a trent’anni conobbe Bonaria, se ne innamorò e la sposò, portandola in viaggio di nozze a Napoli. Era un appassionato viaggiatore: andò in California, a Rio de Janeiro, in Svizzera, in Germania, in Portogallo, in Spagna, in Russia e in Ucraina, restandone affascinato. Particolarmente colpito dal modello californiano ne venne ispirato al punto da superare la classica parcellizzazione della campagna sarda. Erano gli anni ’70 e tutto il resto ormai consegnato alla storia enologica della Sardegna e d’Italia: ha oggettivamente proiettato la sua Isola sui mercati internazionali ed è tutt’oggi noto per la sua visione innovativa e la sua passione nel promuovere la cultura sarda.

Dedicato al patriarca, questo straordinario passito, nato anche da una ricerca sulla longevità applicata a 12 centenari, come già detto, nasce nella Parteolla, una regione storica della Sardegna a Sud Est, situata ai margini del Campidano, del Gerrei e del Sarrabus, Il cui nome ha origine dal Giudicato di Cagliari e dalla Curatoria di Dolia, che anticamente era chiamata “Parte Olla”. Precisamente il Cannonau proviene dalla Sibiola, distretto formato dai comuni di Serdiana e Soleminis, una piccola porzione appunto della Parteolla, da un vero e proprio cru, rispondente a un vigneto che dona non più di 18 quintali di uva per ettaro.
Successivamente al naturale appassimento sulle piante e alla soffice pressatura delle uve, il mosto fiore fermenta a temperatura controllata tra i 18 e i 20 gradi quindi, dopo un periodo di decantazione, il vino viene trasferito in piccoli fusti di rovere francese dove evolve per almeno 12 mesi.
Antonio Cento 2017 mostra la sua veste, tra il porpora e il rubino cupo, e la grande consistenza. Ciliegia, marasca e susina si rincorrono olfattivamente tra frutta tal quale, in confettura e sotto spirito. In bocca il frutto è ancora più tangibile ed evidenzia il lampone e un ricordo di Mon Chéri. Tannini che accarezzano il palato assieme ad una buona acidità ed un tenore zuccherino, per niente stucchevole, che denota un certo equilibrio.
Melanzane al Cioccolato con Zenzero Candito
“Anghelu Ruju “Cannonau Liquoroso Riserva Doc 2008 di Sella & Mosca
È passato oltre un secolo da quando l’ingegnere Erminio Sella e l’avvocato Edgardo Mosca, di origine piemontese e desiderosi di avventura, guardarono con occhi nuovi alla natura incolta e si innamorarono della Sardegna, sino a fondare l’azienda vitivinicola nel 1899, dando inizio alla bonifica che ha portato la Nurra, una sub-regione storica del Nord Ovest della Sardegna, situata nel quadrilatero compreso fra Alghero, Sassari, Porto Torres e Stintino, ad accogliere la bellezza delle viti, i profumi e i colori dell’uva, liberando, dopo decenni di lavoro, i suoli dalla roccia, in prevalenza massi di arenaria, trachite e calcare, e dare loro una nuova esistenza, in un contesto di paesaggistico impareggiabile. Dopo essere stata nel 2002 della Campari, Sella & Mosca dal 2016 fa parte del gruppo Terra Moretti e oggi conta ben 550 ettari di vigneto, visibili lungo la strada provinciale 42 dei Due Mari, producendo un’ampia gamma di vini, tra cui l’Alghero Torbato, quelli previsti nel disciplinare Vermentino di Sardegna, Carignano del Sulcis e Cannonau, oltre ad altre referenze frutto sia di altri vitigni autoctoni che internazionali. Il complesso ospita numerose strutture aperte al pubblico, come le cantine storiche, completate nel 1903, l’enoteca e il museo, diviso nella sezione aziendale e in quella archeologica, legata alla necropoli di Anghelu Ruju, scoperta negli stessi anni nell’area della neonata azienda, e da cui prende il nome l’ultimo vino assaggiato durante questa avvincente masterclass.

Le uve, tutte provenienti dai vigneti di Alghero, sono il frutto di viti di circa vent’anni, allevate a cordone speronato, per una densità di impianto di 4000 ceppi per ettaro e una resa complessiva di 90 quintali, e vengono lasciate appassire al sole su stuoie. La fermentazione, a temperatura controllata, viene interrotta con la refrigerazione al raggiungimento della soglia dei 100 grammi di residuo zuccherino per litro e quindi con l’addizione di alcol. Affina in acciaio per circa 6 mesi per poi trascorrere un minimo di 10 anni in botti grandi di rovere.
Tra l’aranciato e ambra, l’Anghelu Ruju è elegante e attraente sin dal suo aspetto, caldo e luminoso. Con una consistenza testimoniata da archi strettissimi e lacrime in una discesa senza tempo, l’esame olfattivo vede all’inizio l’odore etereo dell’alcol medicinale, seguito da una sensazione floreale di sambuco, poi di fichi secchi e la loro melassa, quindi carruba e cacao, per un finale caratterizzato da sentori di mallo di noce, zafferano e pietra focaia. Il velluto tannico è una carezza palatale ancor più sorprendente della piacevole freschezza che, al sorso, veicolano di nuovo fichi e zafferano, cui va ad aggiungersi il dattero e una lieve nota di tabacco. Finale lunghissimo e persistente.
Partagás Serie du Connaisseur Numero 1
L’approccio edonistico e sinestetico di Charlie Arturaola, come già detto, è stato di grande impatto durante la degustazione, catalizzando attenzione tra il pubblico, ma al di sopra di tutto resta la grande personalità di Mariano Murru: con la sua distinzione, quasi sottovoce, è riuscito a farsi portavoce fedele ed equanime di tutte le cantine messe in rassegna, tipico dei buoni padri di famiglia. Non avremmo potuto aspettarci di meno dal più grande ambasciatore dei vini di Sardegna di quest’epoca.