Shahla Lahiji
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Le prossime elezioni presidenziali si terranno il 12 giugno 2009. I candidati che sfideranno il presidente attuale Ahmadinejad non sono tanti, e non sembrano poter scalfire questo genere di potere politico.

La società iraniana è solcata a fondo dal controllo religioso conservatore dei guardiani della rivoluzione. Una società che controlla e punisce, non meno di una dittatura classica. In questo contesto, le donne e gli uomini che desiderano liberamente partecipare alla vita politica e sociale del Paese, sono perlomeno dissuasi dal farlo.

In particolare le donne soffrono una doppia costrizione, quella di essere controllate come cittadine, e in particolare per essere donne. In quella società il ruolo della donna è molto preciso e circostanziato, possono aspirare a poche cose a parte l’essere madri e compagne fedeli dell’uomo. Senza andare a fondo sulle abitudini di vita di uno dei Paesi più importanti dell’area mediterranea, vorrei parlare invece dell’importanza fondamentale di queste elezioni per quanto riguarda la futura considerazione del ruolo delle donne in politica e nella società civile.

Conosciamo qualcosa delle vicende iraniane anche attraverso il bellissimo film animato Persepolis, di Marjane Satrapi, bravissima scrittrice dell’omonimo fumetto. Una donna di Teheran che sfida le ire della società del suo Paese per raccontare la sua storia, che è anche quella della sua generazione.

Oggi le donne iraniane si uniscono nella “Coalizione del movimento delle donne iraniane per esporre le richieste delle donne alle elezioni presidenziali”, tra cui Ebadi, Simin Behbahani, Azam Taleghani, Elahe Kulaii, Shahla Lahiji, Farzaneh Taheri e Shahla Ezazi. Si uniscono per chiedere riforme al futuro presidente dell’Iran. Un coraggio incredibile ai nostri occhi di comodi e liberi cittadini. Rischiano la vita per chiedere il diritto di uguaglianza e libertà di espressione, dove probabilmente questo diritto non c’è.

Abbiamo intervistato Miriam Bolaffi e Franco Londei, due persone molto impegnate nella diffusione della situazione iraniana, tramite una campagna informativa che possiamo trovare nel loro sito Secondo Protocollo un associazione culturale, tra le poche che hanno capito l’importanza dell’iniziativa della Coalizione delle donne iraniane.

Per voi che vi state interessando all’iniziativa politica e avete un punto di vista più vicino ai fatti, potete dirci qual’è la condizione della donna iraniana oggi?

Miriam Bolaffi – In deciso regresso rispetto agli anni passati. Paradossalmente l’aumentata richiesta da parte delle donne iraniane di parità dei Diritti e dell’abolizione delle differenze di genere ha irrigidito il regime il quale non esita ad usare le maniere forti contro le studentesse e le attiviste dei Diritti Umani che avanzano queste legittime richieste. Nel contempo, in una sorta di azione intimidatoria, sono aumentati anche i controlli della polizia morale. Solo negli ultimi tre mesi si segnala un aumento degli arresti per violazione dei costumi etici pari al 35% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Quante donne possono lavorare e fare carriera in Iran liberamente? Esistono discriminazioni sessuali nei concorsi o nell’avanzamento di carriera nei posti pubblici o privati?

Franco Londei – Teoricamente le donne dovrebbero avere le stesse possibilità degli uomini. Il 55% dei neolaureati in Iran è donna. In realtà le limitazioni imposte dalle leggi islamiche che vogliono la donna in posizione secondaria rispetto all’uomo e ligia ai suoi doveri di donna, impediscono alle donne di far carriera in tutti i campi. Per fare un esempio, nessun uomo accetterebbe di eseguire un ordine impartitogli da una donna. Per questo motivo viene loro interdetto qualsiasi ruolo di responsabilità a meno che i subalterni non siano a loro volta delle donne. Ci sono pochissime eccezioni a questo, che in ogni caso sono limitate solo ad alcuni settori (ambiente e famiglia). Sono completamente tagliate fuori da qualsiasi carriera tutte quelle donne che in qualche modo si sono rese “colpevoli” di rivendicare il ruolo che spetta loro, in quanto solo il fatto di rivendicare un Diritto le pone in quel gruppo di persone “moralmente inadeguate” a far parte della società così come è stata disegnata dagli Ayatollah.

La “Coalizione del movimento delle donne iraniane per esporre le richieste delle donne alle elezioni presidenziali”, non è un partito o movimento strutturato, ma un movimento pacifico di libera opinione. Come potranno agire per ottenere il raggiungimento dell’uguaglianza di diritti tra uomini e donne?

Miriam Bolaffi – Condizionando il voto delle donne iraniane indicando loro su quale candidato puntare, cioè su quel candidato che più di altri si è impegnato a ridurre le discriminazioni di genere. Non solo, il Movimento cerca (tra moltissime difficoltà) di sensibilizzare l’elettorato femminile iraniano sui Diritti delle donne. Per fare questo il movimento ha fatto largo uso della rete e dei gruppi di dissidenti all’estero. Tuttavia le moltissime limitazioni al movimento delle leader del movimento e alla loro libertà di espressione hanno purtroppo condizionato non poco questa potenzialità. Il regime di fatto sta cercando in tutti i modi di bloccarle. L’ultima in ordine di tempo ad essere arrestata è stata Jelveh Javaheri, attivista dei Diritti Umani ancora in carcere senza nemmeno una accusa specifica. Che dire poi di quanto accaduto a Narges Mohammadi, attivista per i Diritti Umani e stretta collaboratrice del Premio Nobel per la Pace, Shirin Ebadi, bloccata in aeroporto mentre si accingeva ad andare in Guatemala per ritirare un premio e per partecipare ad una conferenza sui Diritti delle donne? Oggi Narges Mohammadi è inquisita dalla magistratura per “propaganda contro lo Stato iraniano”, come se promuovere il Diritto e i Diritti delle donne fosse un atto contro l’Iran. Quindi in realtà, sebbene molto coraggiose, queste donne vengono volontariamente ostacolate con tutti i mezzi dal regime iraniano.

Il movimento parla dell’intenzione di “ voler scardinare il binomio politica-maschilismo”, un affermazione forte in un Paese come l’Iran. Le donne iraniane sono molto attive nel richiedere più libertà e diritti civili. Pensa che questa loro battaglia varrà alla fine per tutta la società iraniana?

Franco Londei – Contrariamente a quello che si pensa c’è molta attenzione in Iran (in certi ambienti) su quello che stanno facendo le donne e in particolare questo movimento. All’estero poi, tra i movimenti di dissidenza iraniana, c’è molto fermento. Questo è un primo importantissimo passo che molto lentamente sta coinvolgendo una buona fetta della società iraniana. Gli studenti e le studentesse stanno coinvolgendo i loro genitori. Piano piano, anche nelle zone rurali, le donne stanno prendendo coscienza e questo è un fatto di fondamentale importanza. Siamo ancora agli inizi, ma è un passo avanti di importanza epocale.

Come mai l’Iran non aderisce alla “Convenzione sull’eliminazione di ogni tipo di discriminazione contro le donne”(CEDAW)?

Miriam Bolaffi – L’Iran non aderisce a moltissime convenzioni. Questa in particolare va contro le leggi della Repubblica Islamica dell’Iran così come concepite dall’Ayatollah Komeini, leggi ligie alla più ortodossa dottrina islamica sciita dove la donna ha un ruolo molto marginale all’interno della società. E’ improponibile, per un governo come quello iraniano, aderire a una convenzione che di fatto chiede di equiparare il ruolo della donna a quello dell’uomo.

Che potere effettivo avrà questo movimento, non legato a nessun candidato e a nessun partito, per poter diffondere le proprie idee?

Franco Londei – dipenderà da chi vincerà le elezioni. Se dovesse vincere Ahmadinejad non solo non avrà nessun potere, ma con ogni probabilità assisteremo a una durissima repressione contro il movimento, forse maggiore di quella a cui abbiamo assistito fino ad ora. Se invece dovesse vincere uno dei due candidati riformisti, cioè Mir-Hossein Mousavi o Mehdi Karroubi, allora qualche possibilità di incidere sulla società ce l’avranno. Karroubi ha solennemente promesso di agire sulle leggi discriminatorie contro le donne e di eliminare la polizia morale. Mousavi ha basato molta della sua campagna elettorale sui Diritti delle donne. Il problema è che la lotta tra i due candidati riformisti finisce per agevolare proprio i conservatori con una forte dispersione dei voti.

Quanto spazio sta dando la stampa iraniana alla loro iniziativa? E la stampa italiana e degli altri Paese del Mediterraneo?

Miriam Bolaffi – La stampa iraniana non ha dato nessuno spazio a questa iniziativa, ma i motivi sono almeno comprensibili. Quello che non è comprensibile è come la stampa italiana si sia adeguata a quella iraniana. Per trovare qualcosa a riguardo (ma poco) dobbiamo andare sulla stampa greca e turca. Noi abbiamo lanciato molti appelli, anche al Ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, senza però ottenere neanche una risposta. La sensazione che abbiamo è che, in alcuni casi, non sia stata capita la portata di questo avvenimento mentre per buona parte dei giornali e delle grandi testate la realtà è che questo fatto non interessa. Hanno parlato per settimane di Roxana Saberi solo perché era una americana mentre centinaia di donne iraniane sono imprigionate, in condizioni disumane, solo per non aver portato correttamente il velo. Forse se impiccassero Shirin Ebadi, cosa che naturalmente nessuno si augura, qualche giornale le dedicherebbe un trafiletto, ma niente di più. Questa cosa dovrebbe far vergognare molti di coloro che si definiscono giornalisti.

Se dovesse vincere il candidato dell’opposizione, pensate possa cambiare qualcosa nella condizione della donna in Iran?

Franco Londei – Come detto prima, probabilmente si farebbe qualche passo avanti. Tuttavia dobbiamo dire che in Iran il Presidente deve rendere conto del suo operato ai Guardiani della Rivoluzione i quali possono bloccare in qualsiasi momento qualunque iniziativa. Sicuramente si potrebbe migliorare la condizione della donna in Iran, ma senza aspettarci radicali cambiamenti. La rivoluzione islamica dell’Ayatollah Komeini non prevede che le donne abbiano un ruolo nella società che non sia quello di madre e di moglie fedele e fino a quando ci saranno i Guardiani della Rivoluzione ogni cambiamento dovrà passare attraverso di loro.

Come vede il futuro della donna nei Paesi dell’area mediterranea?

Miriam Bolaffi – Bella domanda. L’area mediterranea è il crocevia tra il mondo islamico e quello occidentale. Nel mondo islamico in genere la donna viene considerata un essere inferiore e questo avviene anche nella popolazione islamica immigrata in occidente. In Italia, per fare un esempio, ci sono centinaia di denunce di donne musulmane abusate dai loro mariti o compagni. A questo, nell’area Mediterranea, si deve aggiungere uno Stato come la Turchia che, sebbene per costituzione garantirebbe la parità di Diritti tra uomo e donna, nella realtà non lo fa chiudendo gli occhi su quelle che erroneamente vengono chiamate “tradizioni”. Quindi, se la donna occidentale può vantare un certo allineamento ai Diritti dell’uomo (inteso come maschio) e quindi può ambire a qualsiasi ruolo, questo non avviene all’interno della comunità islamica nonostante sia residente in occidente o in Stati dichiaratamente laici. Stati come la Turchia, l’Albania, la Bosnia e in parte la Croazia, devono fare ancora moltissimo per allinearsi agli altri Stati del bacino mediterraneo in termini di parità di Diritti tra uomo e donna. Gli stessi Stati dell’Unione Europea devono poter interferire con le cosiddette “usanze” delle comunità islamiche residenti al loro interno quando queste usanze violano i fondamentali Diritti Umani. Personalmente, comunque, sono moderatamente ottimista sul futuro della donna nell’area del Mediterraneo ma, ripeto, occorre ancora lavorare moltissimo.

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