Casaletto Spartano
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di Maria Melania Barone

E’ una terra senza tempo, le sue origini si disperdono nel mito e nella leggenda. Dalle montagne pregne di tracce di antichi traffici, come le vie battute dalle civiltà appenniniche, arriviamo alla costa che percorre decine di paesi e di piccoli centri aperti da secoli ad altre civiltà mediterranee. Il Cilento oggi, riserva naturale protetta, è considerato patrimonio dell’umanità sia per la sua importanza storica che paesaggistica.

Non possiamo identificare tra le sue pietre una storia precisa. Questa regione non ha tempo. E’ una bolla che fagocita in un angolo di paradiso tutti i tempi fino ad ora conosciuti. Dai ritrovamenti di età neolitica e paleolitica, ai resti romani, greci e normanni. Monumenti di età moderna infine ci riportano all’importanza che queste terre hanno avuto per tutto il mediterraneo. Percorrendo i sentieri battuti nelle montagne possiamo pensare ad eredità di una civiltà antichissima, che quasi separa questa terra dal resto dell’Italia. Quando si arriva nel Cilento ci si dimentica del tutto dell’esistenza delle caotiche città. Quel silenzio e quel profumo diventano parte di noi.

Ecco perché è diventata uno dei 350 posti presenti sul pianeta definiti “Riserve della biosfera del Mab-Unesco. Nei suoi centri storici collocati a macchia di leopardo in tutta la zona costiera l’atmosfera è piena di pace e tranquillità, le persone che vivono in quei posti sono a diretto contatto con la natura, dipendono dalla natura come testimoniano le loro tradizioni. A Casaletto Spartano, il 1° maggio alcuni giovani vanno di casa in casa a chiedere legumi coltivati in quella stessa terra. I legumi prelibatissimi vengono cotti separatamente e poi la sera nella piazza del paese sono preparati tutti insieme in una grande caldaia e conditi con olio e sale. I paesani ne prendono una porzione come augurio di prosperità e abbondanza dei raccolti. E’ un piatto diffuso in molte zone del Cilento come testimoniano i diversi nomi attribuiti: cecciata, cicci maritati, cuccia (dal greco “kykeion”, “miscuglio”).

Terra di poeti, di filosofi: il Cilento è stato il rifugio di molti intellettuali da Gian Battista Vico ad Hemingway, da S. Gregorio IV a San Matteo. Il promontorio di Capo Palinuro ha fatto da sfondo al mito del capitano della nave di Enea che, secondo la leggenda, cadde in mare col timone e si aggrappò alla nave combattendo coi marosi. Una volta giunto stremato su quel pezzo di costa fu ucciso dagli abitanti di quei luoghi. Per questo oggi quel posto si chiama Capo Palinuro. Giasone e gli Argonauti invece, una volta fuggiti dalla Colchide cercarono di ottenere la benevolenza di Era facendole visita presso il santuario dedicato alla dea sul fiume Sele, un posto oggi chiamato Hera Argiva.

E la storia che ha baciato quei posti è davvero ricca. Le coste del cilento sono diventate crocevia di grandi commerci in epoca medievale oltre che veri e propri sfondi di eventi storici in epoca risorgimentale. I suoi alberi secolari testimoniano la forza di una terra fertile al punto che Cesare Ottaviano Augusto ne fece una provincia per allevare il bestiame e alimenti destinati per le sontuose mense romane. I Normanni ne fecero un punto strategico per osservare il mare che apriva a vie di traffici commerciali marittimi vastissimi. Tra le innumerevoli torri normanne sbucano ritrovamenti di età paleolitica nel bel mezzo del golfo di Policastro: a San Giovanni a Piro e a San Marco di Castellabate si son ritrovati reperti del paleolitico. A Palinuro, oggi gettonatissima località balneare, sono emersi materiali dell’industria della pietra. A Camerota invece la terra conservatrice del Cilento ci ha restituito l’uomo camaerotensis. A Capaccio e a Paestum si possono invece ammirare i corredi funerari di età neolitica della civiltà del Gaudo. Ma nel Cilento vi sono anche reperti provenienti dalle zone più disparate del Mediterraneo, proprio perché era sin dai tempi antichi, una importantissima e strategica terra, crocevia di traffici. I Sibariti, discendenti degli achei fondarono Posidonia, oggi diventata Paestum.

La rivolta della famiglia Sanseverino , Morra e d’Aquino contro il re e l’intervento di Tommaso d’Aquino per placarla; la nascita dei moti del brigantaggio e, soprattutto, in epoca risorgimentale, i moti Cilentani volti a ribellarsi a Francesco II di Borbone che ancora regnavano sulla Sicilia Citeriore all’epoca della divisione del Regno delle due Sicilie. In questo periodo ci fu a Sapri lo sbarco di Carlo Pisacane nel 1857, un evento che si celebra ogni anno sulle cose di Sapri. Quell’evento è rimasto così impresso nella mente del popolo, che è finito per diventare tradizione e viene rievocato per tre giorni nel mese di Agosto di ogni anno. Lo sbarco di Pisacane è diventato poesia con “La spigolatrice di Sapri” grazie alla penna di Luigi Mercantini: le sue parole ogni tanto risuonano in quei posti per ricordare la forza, la bellezza e il vigore dell’animo di quel popolo incredibile:

 

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! Eran trecento non voller fuggire, parean tremila e vollero morire; ma vollero morir col ferro in mano, e avanti a lor correa sangue il piano; fun che pugnar vid’io per lor pregai, ma un tratto venni men, né più guardai; io non vedeva più fra mezzo a loro quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro. Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!

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