Ai confini tra sardegna e jazz
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Sant’Anna Arresi-Masainas-San Giovanni Suergiu
01 – 09 Settembre 2018
Integrazione sui 7/8

Oltre sei lustri sono passati e con loro si apre la trentatreesima edizione del Festival Ai confini tra Sardegna e Jazz. Il tempo è volato ma lo spirito è rimasto quello degli esploratori che, con la stessa curiosità di un bambino che non smette di fare e farsi domande, sondano le nuove frontiere della musica provando ogni volta diverso stupore e sorpresa dinanzi all’universo delle possibilità sonore e del profondo legame, che ci ha peraltro caratterizzati negli anni, tra la contemporaneità della musica che approda a Sant’Anna Arresi e le problematiche sociali che oggi come ieri restano vive ed irrisolte offrendo diversi spunti di riflessione che partono dal nuovo tema del festival: Integrazioni sui 7/8.

La prossima edizione del Festival di Sant’Anna Arresi porterà un intenso programma; nove giorni di concerti dal primo al nove di settembre sul tema del pianoforte che si svolgeranno non solo ai piedi del suo maestoso nuraghe ma anche in altre locations altrettanto spettacolari: la splendida spiaggia de “Is Solinas” nel comune di Masainas fatta di una sabbia di colore grigio chiaro, sottile e profonda dinanzi un’acqua limpidissima che sotto la luce del sole riprende di ogni sfumatura d’azzurro dove si esibiranno Rob Mazurek&Gabriele Mitelli un duo di cornetta e tromba alle ore 19:00 del cinque di settembre incorniciati da un tramonto mozzafiato inoltre il sette settembre secondo appuntamento sempre a Is Solinas con il Piano Solo di Alexander Hawkins, da segnalare l’oramai consueto appuntamento che ci accompagna già da due anni dinanzi all’ antica chiesa romanica di San Giovanni nella località di Palmas Vecchio a San Giovanni Suergiu dove prenderà vita il concerto omaggio a Carlo Mariani “The Man of the Long Canes” nell’ultima data di programmazione il nove settembre; inoltre nella fantastica cornice di Porto Pino ai piedi delle sue spettacolari dune di sabbia si terrà un Piano Solo di Joe Chambers il quattro di settembre alle ore 19:00 così da assaporare un altro tramonto in musica.

Sarà quindi il Pianoforte il centro del nostro tema musicale, strumento musicale raffinato dalle immense possibilità, amore e croce di musicisti di tutti i tempi. Ottantotto tasti, neri e bianchi, un numero finito quanto infinita è la musica che da essi può srotolarsi e i milioni di colori che le sue corde possono regalare alle menti di coloro che ascoltano. Perciò in realtà quella elegante tastiera è infinita e non esiste musica o composizione che non possa suonare o azzardare, avvolte con estrema leggerezza avvolte con uno spirito di sacrificio inimmaginabile altre ancora sino a giungere a tragici momenti di rottura.
Pianoforte come metafora dell’esistenza umana dove i tasti bianchi rappresentano felicità e quelli neri tristezza dove però entrambi servono a comporre melodia.
Pianoforte che attraverso legno e vibrazioni è capace di comunicare con la danza delle dita umane le più sottili verità universali.
Il bianco ed il nero come simbolo delle etnie umane che mai come in questo periodo storico sembrano essere in lotta tra loro per un lembo di terra su cui invece che scorrere pace spesso scorre l’orrore degli egoismi e delle incomprensioni di questi umani che, avvolte, sono capaci di grandi opere, siano esse musicali o di altra natura, ma altre sembrano saper solo seminare discordia e disperazione.
L’Associazione che da sempre è vicina e attenta alle gravi problematiche della società moderna, che non sembra poi essersi evoluta così tanto rispetto ai tempi passati, non può e non vuole restare in silenzio. Da sempre il tema del nostro Festival accompagna ed invita alla riflessione i suoi avventori circa i grandi problemi sociali sui quali ci è spesso piaciuto aprire discussioni, confronti e dibattiti diretti oggi più che mai alla sensibilizzazione di tutti quanti e soprattutto di coloro che si affacciano al mondo del jazz. Come avvenuto per esempio nell’edizione dello scorso anno dove ha preso la scena il dibattito circa le lotte per i diritti civili accompagnato dall’evoluzione della stessa musica jazz. Il nostro pensiero si soffermò sulla suite “We Insist! Freedom Now” composta dal geniale batterista Max Roach partendo dal rapporto annuale sui diritti civili che Amnesty International che ci faceva notare come ci trovassimo, dopo le battaglie degli anni ’60, di nuovo dinanzi ad un’emergenza umanitaria di proporzioni mondiali.
L’intento di questa edizione, seguendo il filo dello scorso anno, sarà quindi quello di esprimersi, con i mezzi che le sono più affini, sul grande tema delle migrazioni globali che sembra oggi più che mai acuirsi ed allontanarsi da possibili soluzioni. Così le stesse dita umane che possono danzare su un pianoforte ed incantare un ascoltatore, possono essere immaginate anche come dita che chiamano in aiuto altre dita così come oggi intere popolazioni cercano l’aiuto di altre in questa danza che oggi più che mai sotto questi aspetti appare triste e senza fine.
Lo stesso manifesto di questa edizione richiama, a nostro modo vedere, questi temi. Oltre al piano infatti fà bella mostra di sé il mare elemento naturale che caratterizza il territorio del festival, che sta conoscendo da vicino, come inconsapevole

protagonista, il fenomeno delle migrazioni. È noto alle cronache odierne come proprio il tratto di costa di Porto Pino sia spesso al centro dei famosi sbarchi che con la bella stagione hanno ripreso come ogni anno. Perciò musica su un territorio segnato da profonde contraddizioni che da un lato è conosciuto per il turismo e per questa trentennale rassegna che non smette di attrarre visitatori da ogni parte del mondo e dall’altro è spesso alla ribalta delle cronache per via dei silenziosi sbarchi di disperati.
Dall’attenta riflessione di questi elementi e spunti di riflessione nasce l’appuntamento numero trentatré di “Ai confini tra Sardegna e jazz”. Un cenno speciale vogliamo riservarlo ad alcuni speciali progetti che prenderanno vita durante questa edizione. Protagonista sarà sicuramente il multistrumentista Tyshawn Sorey, che suona batteria, percussioni, trombone e piano, raffinato musicista alla scoperta di molti e differenti linguaggi. Esecutore e compositore, i suoi lavori sono stati recensiti sul The Wire, The New York Times, The Village Voice, Modern Drummer e Down Beat. Oggi oltre ad essere un indiscusso talento è divenuto anche Professore alla Columbya University. Considerato da molti l’erede naturale di Buch Morris darà vita alla Conduction che Morris aveva in progetto di portare al festival e che la sua prematura dipartita non gli ha consentito di completare. Sarà Sorey che guiderà un’intera orchestra proveniente dal Conservatorio di Cagliari nella difficile ma altrettanto affascinante impresa di realizzare il progetto incompiuto di Butch. Il progetto sarà reso possibile grazie alla collaborazione con l’Associazione Ticonzero. L’Ensemble sarà formata da diciotto elementi tutti provenienti dal Conservatorio di Cagliari diretta da Daniele Ledda, professore di musica elettronica, che sotto la sapiente direzione del Maestro Sorey si cimenterà in questa opera dall’esecuzione assolutamente eccezionale. Ci teniamo a sottolineare che la realizzazione di questo spettacolo comporterà un notevole sforzo da parte di tutti gli esecutori e proprio in forza di questo sarà preceduto da tre intensi giorni di prove presso il Conservatorio dove si svolgeranno anche le prove generali che per l’occasione diventeranno uno spettacolo fruibile dal pubblico cagliaritano. Progetto degno di particolare menzione è inoltre quello che prenderà forma nella serata di chiusura che contempla un sentito omaggio alla figura di Carlo Mariani, anch’egli prematuramente scomparso, virtuoso straordinario di launeddas, che non era sardo come lo strumento avrebbe fatto supporre ma bensì romano che durante un viaggio in Sardegna fu letteralmente folgorato da questo strumento diventandone un acuto e formidabile sperimentatore. Utilizzò spesso le launneddas in contesti differenti da quelli tradizionali aprendo le stesse a contesti e prospettive totalmente nuove ed inaspettate e recuperando uno degli strumenti più antichi del mediterraneo. Oggi l’Associazione Punta Giara gli rende omaggio ed intende ricordarlo con lo spettacolo dal titolo “The Man of the Long Canes” dove lo straordinario quartetto composto da Sandro Satta al sax, Bruce Ditmas alla batteria, Antonello Salis, piano e fisarmonica, e Paolo Damiani al

violoncello si esiberà in suo onore, presso l’antica Chiesa romanica di San Giovanni Suergiu.

La rassegna internazionale prenderà il via il primo di settembre quando si esibiranno sul palco di piazza del nuraghe i Roots Magic quartetto interamente italiano che nel 2015, 2016 e 2017 è apparso tra le migliori 10 band italiane nel Top Poll di MusicaJazz il cui primo album, Hoodoo Blues & Roots Magic, è stato pubblicato da CleanFeed Records nel luglio 2015 ed è stato votato come uno dei migliori album Jazz dell’anno da: MusicaJazz Top Poll / Pino Saulo-Rai Radio 3 / The Big Blog della città / New York City Jazz Record / Observador-Lisboa, Controradio (I) Charles Taylor- RecklessRecords-Chicago. Sarà poi il turno del The White Desert Orchestra diretti da Eve Risser che dopo un esordio come flautista e pianista per musica da camera si unì al mondo della musica contemporanea e jazz/improvvisazione ottenendo sin dal principio premi e riconoscimenti che hanno portato la sua poliedrica creatività musicale ad esibirsi nei più diversi contesti mondiali tra concerti, festival e gruppi di prestigio mondiale.
Nella sera del due settembre saranno protagonisti i The Young Mothers, super gruppo che ha contribuito a dettare la direzione della musica creativa a New York portatori di nuove e brillanti idee, che vanno dalle iniezioni di grindcore attraversando il free-jazz sino all’hip-hop visionario.
A seguire il David Murray Quartet, quartetto di provenienza tutta americana che non ha bisogno di presentazioni, infatti pochi musicisti nella storia del jazz sono stati produttivi e pieni di risorse come David Murray, considerato degno successore dei più grandi esponenti del jazz, offre in questa band appassionate vibrazioni, illuminate da arrangiamenti fantasiosi, avvincenti e astuti, specialmente tra gli strumenti a fiato e quelli a corda.
La terza serata vedrà salire sul palco l’originale formazione dei Radian trio austriaco divenuto punto di riferimento per i nuovi filoni di musica elettronica che oltre a caratterizzarsi per i costanti cambiamenti di stile della band riescono ad avere piena padronanza dei meccanismi dell’improvvisazione. Sarà poi il turno, direttamente da New York, dei Talibam & Joe McPhee ensemble elettronica ispirata a Stockhausen che può essere descritta come una sezione ritmica fatta di agilità, velocità, precisione e passione. Questo gruppo tra prestigiose collaborazioni e partecipazioni tra generi e media ha pubblicato tre album, completato sei tour europei sposando ideologie diverse con competenza, spirito critico e curiosità. Il quarto giorno di rassegna vedrà il turno di Chad Taylor & James Brandon Lee Duo rispettivamente percussionista e sassofonista di fama internazionale che nonostante la giovane età sono già ampiamente riconosciuti sul piano internazionale per le armonie crude e misurate che non sembrano necessariamente essere vincolate agli attuali valori dell’accademia del jazz. Sarà poi la volta di Chicago London Underground ensemble di artisti da

sempre presenti al festival di Sant’Anna Arresi, primo fra tutti Rob Mazurek cornettista legato da anni al Festival e che ogni volta non perde occasione di portare in Sardegna progetti sempre innovativi ed originali, come quello di quest’anno caratterizzato da un groove tinto di elettronica che mette in risalto le eccezionali doti reattive dei quattro solisti che spostano sempre più in là l’orizzonte dei loro obiettivi, rischiando molto ma approdando sempre su un brillante risultato. La serata del cinque settembre vede le performaces dei Pride Of Lions quartetto che attraverso l’improvvisazione aperta accoglie il lirismo e l’astrazione, che si avvicina al silenzio e all’espressionismo; e di un progetto, tutto made in Sant’Anna Arresi, I Sant’Anna Arresi Black Quartet straordiario quartetto, formato da David Murray, Jaribu Shahid, Tyshawn Sorey e James Brandon Lewis. Compiuto il giro di boa nella giornata del sei settembre sarà la volta di Alexander Hawkins Quartet anch’egli presenza amata dal Festival che con questo progetto in quartetto ci riserverà uno straordinario tour tra le sfaccettature del suono mettendo in gioco su un terreno comune la vasta gamma di influenze ed esperienze di tutti gli elementi del gruppo. Nella stessa serata anche gli ONG “crash” il nuovo progetto musicale di Gabriele Mitelli capace di avvolgere, senza incatenare, lasciando libero l’ascoltatore di perdersi nell’incessante flusso sonoro che si insinua potente.
Nella giornata del sette occuperanno il palco dapprima gli A-Septic interessante duo, interamente made in Italy, fortemente influenzato dalla musica armena e russa, oltre che dalla scena radicale inglese che negli anni hanno fatto svariati tour Europei toccando anche il territorio Russo e partecipato a festival quali Umbria Jazz, Novara Jazz, Novara Jazz Winter e il Krakòw Jazz Autumn. In questa stessa serata un progetto che ci stà particolarmente a cuore che prende il nome di Conduction n.200, le Conductions infatti sono la grande eredità che Buch Morris ha creato e lasciato al Festival ed oggi riprendono vita, ad alcuni anni dalla sua morte, sotto la direzione di quello che è unanimemente riconosciuto come il legittimo erede di Morris, Tyshawn Sorey. L’otto settembre chiuderemo in bellezza con gli Snake Platform, uno spettacolo che nasce dal progetto dell’orchestra del Conservatorio di Cagliari sotto la direzione stavolta del maestro Daniele Ledda, e i The Man of the long Canes, omaggio a Carlo Mariani.

Oltre l’aspetto musicale, il festival “Ai Confini tra Sardegna e Jazz” è quindi diventato sempre più internazionale contribuendo a proiettare l’immagine della Sardegna in tutto il mondo. Continua infatti il nostro eterno confronto con la musica d’oltremare da un lato e dall’altro il nostro voler indagare sui grandi temi dell’attualità che inevitabilmente generano riverberi nel mondo musicale che attraverso il jazz trovano ampio spazio per essere raccontati ancora una volta senza passare sotto traccia.

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