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Orto, frutteto e allevamento domestico: un tempo erano queste le regole del cibo. La produzione casalinga era certezza di sano, buono e conosciuto. Oggi l’offerta dei supermercati risponde a una domanda che va oltre le naturali esigenze umane. C’è l’imbarazzo della scelta tra pietanze di tutti i tipi, prezzi e gusti. La comodità di non dover produrre per se e la celerità di approvvigionamento danno tuttavia spazio a una pericolosa indefinitezza di ciò che si mangia. La globalizzazione dei mercati e gli accordi mondiali di scambio rincarano la dose. Alimenti di svariate provenienze hanno invaso gli scaffali, spesso adombrando l’agroalimentare europeo e nazionale. Infatti, i diversi sistemi di controllo e norme a cui sono sottoposti comportano differenze quali-quantitative, di prezzo, di freschezza, di igiene e di sicurezza dei prodotti, come testimoniano anche le continue segnalazioni al sistema di allerta “Food and Feed Safety Alert” (RAFFS) della Commissione Europea.


La bassa congiuntura economica degli ultimi anni ha avuto un effetto moltiplicatore sulla mediocrità dei cibi. L’allarme è stato lanciato spesso anche da Adiconsum (www.adiconsum.it), associazione di consumatori che dal 1987 si occupa di assistenza e tutela ai consumatori. Il suo presidente nazionale, Pietro Giordano, già da tempo parla di come la crisi abbia comportato calo dei consumi e indebolimento del tessuto produttivo italiano, favorendo l’infiltrazione della criminalità organizzata e l’elusione della normativa in materia di qualità, igiene e sicurezza degli alimenti. Un altro problema è la confluenza di tradizionali marchi dell’industria alimentare nelle mani di poche multinazionali. Fattore, quest’ultimo, che ha comportato un’omogeneizzazione dei prodotti e un contenimento dei costi di produzione. In un mercato globalizzato non si possono sbarrare le porte alle materie prime in generale. Il rischio in questo caso è che l’impiego di quelle di scarsa qualità trasformi prodotti di largo consumo in potenziali nemici per la salute.


<Il consumatore di questi tempi, – afferma Giordano –, è costretto a scegliere tra una costosa eccellenza ed un mare magno indistinto di produzioni “non valutabili”, se non attraverso indicatori fallaci come il prezzo di vendita, le pubblicità – spesso ingannevoli – o basandosi su etichette a semaforo che favoriscono imitazioni dei prodotti nostrani caratterizzati da scarsa salubrità. È necessario agire contemporaneamente su diversi piani – prosegue Giordano – Bisogna iniziare ad immaginare forme di sorveglianza innovative, concertate, multilaterali, che sfruttino le nuove tecnologie per rispondere meglio ai segnali di allarme>.

Mentre l’Adiconsum, riflettendo l’auspicio di produttori e consumatori italiani, si augura da tempo che attraverso gli strumenti della bilateralità, della sussidiarietà e della concertazione, si possa giungere ad accordi in grado di dare impulso alla produzione e al consumo dei prodotti italiani di qualità, forse l’Expo appena conclusosi a Milano, dedicato al cibo, potrebbe portare le prime risposte, oltre ai suoi ben noti scandali.
La Commissione Europea ha presentato, infatti, una serie di raccomandazioni di esperti sul ruolo della scienza e della ricerca per il miglioramento della sicurezza alimentare e nutrizionale, sfruttando la ricerca e l’innovazione europee. In questo senso sarà fondamentale che l’Unione Europea collabori con i suoi partner per istituire un gruppo internazionale di esperti in materia di sicurezza alimentare, allo scopo di rafforzare la ricerca in questo campo. È inoltre emersa l’esigenza di sensibilizzare maggiormente i responsabili politici e i consumatori/cittadini sui temi della sicurezza alimentare.  Sarà necessario, inoltre, migliorare la collaborazione tra agricoltori, enti di ricerca, governi e imprese e stimolare l’innovazione lungo tutta la catena alimentare, a partire dal campo fino alla tavola, tramite una serie di strumenti di finanziamento, anche a livello di Unione Europea.

La speranza è che queste notizie non restino solo belle parole, perché, si sa, la sicurezza alimentare è un bene pubblico. In quanto tale va tutelato con normativa adeguata, controlli efficaci e migliorata con nuove politiche che sfruttino innovazione e ricerca.

Daniela Melis

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