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Se durante i vent’anni si partiva con quei due stracci che si avevano nell’armadio, inconsci del meteo e delle sciagure che avrebbero colto un giovane viaggiatore inerme, e appurato che i trent’anni portano a scoprire nuove frontiere della vacanza comoda e organizzata, giunti alla tenera età di trentuno anni è ormai certezza che il modo di viaggiare sprovveduto (e quindi giovane) è giunto definitivamente al termine. Gli ultimi rimasugli di follia restano solo nella decisione di girare tre città in sette giorni senza avere un programma ben definito delle principali attrazioni da visitare. E questo – precisiamo – si spera resti sempre così, perché un viaggio è anche e soprattutto l’aria nuova che si respira e il farsi trascinare dalla benevolenza di un luogo. Per il resto, vige organizzazione assoluta!

Nel bagaglio a mano Ryanair (che, Dio grazie, non cancella proprio tutti i voli, ma a quanto pare solo quelli più low level) a trentun’anni riesci a far entrare ogni outfit per ogni occasione: gonna da usare con le tennis e le scarpe alte, scarpe da usare per ballare e contro la pioggia, pantaloni double o triple o fourfold use (eleganti, leggeri, pesanti se sotto ci metti le calze velate, comodi, sportivi, ecc), il k-way (mai manchi!), un pezzetto di sapone di Marsiglia per lavaggi urgenti di mutanda, il necessario e oltre per la toilètta (il filo interdentale è pane quotidiano), lo zainetto dove poter mettere tutto -dalle salviette intime Johnson’s formato gigante ai cristalli di Boemia (questi ultimi solo per intenditori)-.

Viaggiare organizzati, però, spesso significa anche essere troppo ligi nel dare ascolto alle previsioni del tempo (che, grazie al benedetto roaming nell’Unione Europea, si possono consultare in continuazione) e rimanere fregati. Questo comporta che si decida di uscire di casa con le scarpe zeppa unica (se si vogliono utilizzare termini più eloquenti: “scarpe moderne” o “anti-inondazione”) nell’unico giorno in cui è prevista pioggia. Peccato che: a. le scarpe, che sembrano comode a primo acchito, diventano mattoni di cemento armato dopo i primi passi; b. anziché nuvoloni e acqua, dal cielo vien fuori solo un sole brillante, per tutta la giornata e quando si è, ormai, troppo lontani dal proprio alloggio.

Siccome poi più viaggiamo organizzati, più siamo certi di essere furbi, nell’ultimo giorno di vacanza, quando il meteo prevede poca pioggia per poco tempo, indossiamo, convinti di non farci trarre in inganno questa volta, le scarpe da tennis (quelle “a calza”, anche dette “scarpe salvezza”). Ecco. Così si è sicuri di essere comodi per la passeggiata verso il castello che sta sulla collina. Ed è proprio lì, in alto, che ci coglie l’unico vero temporale del viaggio. Durata dello scroscio: poco meno di un’ora. Il tempo, quindi, di trovare riparo nel negozio di souvenir, dove, dopo il quarto giro e aver fatto suonare tutti i carillon, le commesse iniziano ad assumere un’aria minacciosa; di leggere un articolo di politica estera su una panchina rimasta miracolosamente asciutta; di fare la discesa dal colle fino al primo pub carino in centro dove pranzare con pochi euro e tentare inutilmente di asciugare i poveri piedini indifesi. Conseguenza immediata dell’umidità assorbita dalle nostre vecchie membra, che si aggrava unita al fatto che il giorno dopo si deve tornare a casa, è il tipico “raffreddore o influenza da rientro”. Si tratta della reazione contraria e dell’avversione a riprendere la propria vita quotidiana. In viaggio, infatti, ci si può organizzare e preparare a tutto, tranne che al pensiero di ricominciare con la solita routine, la stessa che, prima della partenza, ci aveva causato le febbri cerebrali. La stessa che, come detto sopra, non ci aveva lasciato il tempo di definire alla perfezione il nostro itinerario, creando una grave, ma in fondo bella, defezione alla nostra organizzazione.

Per quanto possiamo essere convinti di viaggiare organizzati e protetti, nella nostra vacanza si intrometteranno sempre tutte quelle cose che non avevamo preventivato. E saranno proprio loro a costituire la nostra esperienza. Come una città turistica resa umana dalla pioggia, che ti costringe a fermarti sotto un balcone, perché hai addosso le scarpe da tennis mentre il k-way è in albergo, e quindi tutto è andato al contrario. Nel frattempo, però, ti mischi a mille facce e nazionalità, scopri espressioni e sorrisi, mentre i sampietrini nelle strade scalpitano e i lampioni illuminano fasci di pioggia che sembrano cascate di diamanti. Del viaggio rimane proprio la bellezza dei luoghi visti sotto un’altra luce, come Praga che, con la pioggia, è romantica, tutto un formicolio, un brulicare di umanità che corre tra l’eleganza delle sue mura o su Karlov Most (il Ponte Carlo), al buio tra le nuvole e l’acqua; come una Brno notturna, con le strade libere e scivolose perché bagnate dall’acquazzone di cui nessuno si è accorto; come una Bratislava resa ancora più silenziosa e affascinante da un cattivo tempo che, tuttavia, passa veloce per non perdere nemmeno un altro attimo di una simile perla urbana. Di queste città, però, il presente articolo è solo il preludio. Per scoprire consigli su Repubblica Ceca e Slovacchia e per viaggiare davvero organizzati, vi rimandiamo al prossimo articolo su una (indispensabile) nuova avventura all’estero.

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