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Come per i prodotti tipici, nella globalizzazione, si genera per la letteratura calabrese coeva una sorta di cortocircuito fra globale e locale (secondo la definzione di glocale di Roland Robertson).

Che vuol dire? Prendiamo il Pecorino Crotonese, il Caciocavallo di Ciminà, i Bronzi di Riace di Reggio Calabria, il Peperoncino di Diamante, l’Olio di Lamezia Terme, la Cipolla di Tropea e la ‘Nduia di Spilinga. Questo prodotti tipici sono strettamente legati al territorio (locale) ma nello stesso tempo – a causa delle dinamiche frattali, scomposte e irregolari della globalizzazione – divengono fonte di conoscenza anche a livello globale. Alla fine essi non costituiscono più né un prodotto locale né un prodotto globale (come può essere il sistema operativo Windows): essi sono un prodotto glocale. Ossia vanno a insistere nel punto di congiunzione e di contatto fra istanze che sono sì legate strettamente a un territorio (nel quale però la politica è incapace ormai di fare la politica essendo percorso, questo locale, da fermenti che sono naturalmente globali) e, nello stesso tempo, assumono visibilità a livello globale.

Così la nostra letteratura di calabresi – terra filosofica la Calabria quant’altre mai (Tommaso Campanella di Stilo, Bernardino Telesio di Cosenza, Gioacchino da Fiore di San Giovanni in Fiore, Cassiodoro di Squillace, Pasquale Galluppi da Tropea  e, fra i contemporanei, Giacomo Marramao da Catanzaro, Ermanno Bencinvenga nato a Reggio Calabria, Nuccio Ordine di Diamante, Franco Piperno di Catanzaro e il compianto Mario Alcaro di Catanzaro)-  per una specie di parallelo tutto interno ai meccanismi, come amerebbe dire Giorgio Agamben, ai «dispositivi» della globalizzazione, potrebbe aver subito un movimento simile. Intanto il famoso «realismo» che ha caratterizzato da sempre la nostra tradizione letteraria non si è affatto estinto. Corrado Alvaro da San Luca. Mario La Cava da Bovalino. Saverio Strati da Sant’Agata del Bianco. Fortunato Seminara da Maropati. Francesco Perri da Careri. Franco Costabile da Sambiase. Leonida Repaci da Palmi. E molti altri. Oggi sostituiti da Mimmo Gangemi da Santa Cristina d’Aspromonte. Gioacchino Criaco da Africo.  Alessandro Quattrone da Reggio Calabria. Carmine Abate da Carfizzi. Corrado Calabrò da Reggio Calabria. Rosella Postorino da Reggio Calabria. E gli intellettuali Salvatore Settis da Rosarno, Piero Bevilacqua da Catanzaro e Vito Teti da San Nicola da Crissa.

Intanto il nostro -«realismo» – che come si sa è cosa buona e giusta, può rischiare di diventare una trappola. Trappola alla quale si è sottratto il poeta reggino Elio Stellitano, autore di due sillogi poetiche nelle quali si distacca dal dato immediato della condizione umana e civile calabrese. Certo, il gesto è meritorio ma è altresì vero che, per esempio negli anni di Alvaro, era urgente descrivere una certa condizione sociale. Contadini, baraccati, disoccupati e, oggi, ‘ndranghetisti, mazzettisti, politici corrotti: l’umanità plurale e multicentrica di Mimmo Gangemi e Gioacchino Criaco… Si diceva che il realismo può rischiare di diventare una trappola. Anche Mimmo Gangemi vi si sottrae e nelle sue opere fa spesso entrare in scena una controparte affabulatrice che ripercorre le gesta della storia. Insomma: espedienti! Si dirà: espedienti! Il realismo era urgente in Calabria perché c’era una realtà che bramava di potere essere raccontata. Ma se ti adagi solo sul realismo ti perdi tutto il resto dello spettro della letteratura.

Eppure i nostri prodotti culturali sono glocali e quindi hanno un’ appetibilità a livello globale. Mimmo Gangemi ha visto realizzare una fiction su Rai 1 da un suo romanzo. Eccetera eccetera. La fortuna del film «Anime nere» del 2014 di Francesco Munzi … I nostri scrittori, così come i nostri «rivoluzionari» filosofi, non si fermano solo al dato di fatto! Perché la letteratura calabrese non è una semplice letteratura regionale? E perché non basta il fatto di essere nati in Calabria per costituire un’autentica letteratura calabrese? Per farne parte?
In fondo Umberto Boccioni era solo nato a Reggio Calabria mentre Salvatore Quasimodo ci lavorava mentre Edward Lear che era nato a Londra fa invece parte integrante della letteratura calabrese! Allora ci viene in mente è che se volgiamo conoscere autenticamente il DNA di una letteratura dobbiamo sviscerarne gli argomenti che vi fanno parte. Ed ecco che uno scrittore di Ancona se scrive una storia nella quale compaiono personaggi calabresi e che ha per protagoniste tematiche afferenti alla cultura calabrese diventa parte della letteratura della nostra regione.
Questo non ci basta ancora. Esiste, in definitiva, un humus – senza scomodare l’Antonio Gramsci della «Questione meridionale» -; esiste tutto un terreno di coltura fatto di avvenimenti, di sogni, di prese di posizioni: tutta una serie – come direbbe Jacques Derrida – di «rimandi» che ci fanno pensare alla Calabria con o senza la nascita effettiva dell’autore di quello scritto in questa regione.

Che importanza ha la letteratura calabrese? Che importanza hanno le letterature regionali? Si tratta, in questo caso, della messa in scena di un punto di vista che dal punto di vista nazionale non può essere osservato: le cose viste dalla Calabria; il mondo visto da questa piccola regione. Ci viene in mente Einstein. Cambiando punto di vista cambia tutto quanto. E’ un piccolo contributo glocale di una terra votata più di molte altre all’intellettualità. Se non ci fosse stata la realtà di San Luca degli anni Trenta non ci sarebbe stato Corrado Alvaro. La nostra regione produce un humus che diventa immediatamente letterario o filosofico. E allora Rosella Postorino? La vincitrice del premio «Campiello» del 2018 scrive nel suo romanzo Le assaggiatrici sull’«ambiguità delle pulsioni umane, il confine sottile tra vittima e colpevole, la coercizione, gli effetti delle organizzazioni totalitarie (dalla mafia al carcere al nazismo) sulla vita (privata) delle persone» (da un’intervista dell’autrice a «Il libraio»). Ecco che siamo di fronte a un tipo di letteratura che ci sembra subito ben poco calabrese. Ma è una letteratura che costituisce un salto di qualità notevole rispetto a quello che stiamo dicendo. L’uomo è un essere complesso (Edgar Morin) e ha diverse sfaccettature e diverse dimensioni. Tutto questo è stato colto dalla penna della Postorino. Che riporta la letteratura calabrese (nel suo caso: nazionale) agli onori della cronaca vedendo questa autrice alla testa di un drappello di letterati e di intellettuali che hanno voce in capitolo anche a livello dell’«Industria Culturale» (Adorno e Horkheimer) italiana.

E allora che cosa manca? Ci sono i letterati, ci sono gli intellettuali, c’è un humus da cui attingere … Quello che manca a questa letteratura nostra coeva per essere finalmente maggiorenne è l’avere, appunto, voce in capitolo. L’editoria e i grandi mezzi di comunicazione di massa si trovano tutti al Nord. Noi rischiamo, oggi, di avere talento ma di non avere modo per esplicitarlo. Rosella Postorino guidaci tu …

CHIOSA A «UN IPOTESI DI LETTERATURA CALABRESE»
Non si intendeva in questo articolo esaltare particolarmente la letteratura calabrese magari rispetto a quella di qualche altra regione d’Italia. E neppure fornire un apologetica delle letterature regionali a fronte di una globalizzazione incombente. La letteratura è una e al limite non è neppure la letteratura italiana. Uno scritto o è letteratura o non lo è! Ossia o è ben fatto come contenuto e forma oppure è solo uno scarabocchio.

In questo senso bisogna proseguire con gli elenchi. Elenchi di personalità prestigiose che hanno attraversato la storia della Calabria. Questi elenchi testimoniano la vivacità di una regione che – questo sì lo si voleva dire nell’articolo – attesta la presenza nel panorama italiano di alcune tematiche, di alcune personalità, di alcuni stilemi del tutto calabresi. In fondo l’articolo era solo l’attestazione di una presenza – quella calabrese – della quale il panorama italiano non può fare a meno.

Fra i personaggi che sono stati al confino in Calabria nel periodo del fascismo ci sono Cesare Pavese a Brancaleone mentre Pier Paolo Pasolini oltre ad usare la Calabria come set per molti suoi film scrisse La lunga strada di sabbia (1959), testo incentrato su un suo viaggio in 1100 lungo la costa italiana fino al Sud. Molti sono i personaggi calabresi che la storia del cinema ricorda: Raf Vallone da Tropea, Leopoldo Trieste da Reggio Calabria, Gianna Maria Canale da Reggio Calabria, il regista Gianni Amelio da San Pietro di Magisano e il regista Mimmo Calopresti da Polistena; gli attori Giacomo Battaglia e Luigi Misefari da Reggio Calabria, l’attore Sergio Vastano nato a Roma da genitori calabresi, l’attore Rocco Barbaro nato a Rivoli da genitori emigrati da Reggio Calabria, il regista Vittorio De Seta che, nato a Palermo, si è ritirato negli ultimi anni della sua vita in Calabria, il regista Pierfrancesco Pingitore da Catanzaro, il regista Fabio Mollo da Reggio Calabria, il regista Carlo Carlei nato a Nicastro (oggi Lamezia Terme), l’attore Marcello Fonte da Melito Porto Salvo e persino, per parte delle origini della madre, il regista Nanni Moretti.

Nel mondo della televisione hanno fatto la loro apparizione Gabriella Labate nata a Roma ma di origini calabresi, il comico Franco Neri nato a Torino da genitori calabresi, le due miss Italia Claudia Trieste da Gioia Tauro e Stefania Bivone da Reggio Calabria. Innumerevoli sono gli attori e le attrici sposate con persone nate e cresciute in Calabria. Lo stesso vale per il mondo della letteratura. Giova ricordare a questo proposito – di transiti nella nostra regione – il reportage dal titolo L’inferno: profondo sud, male oscuro scritto da Giorgio Bocca nel 1992. Ha soggiornato nella nostra regione lo scrittore Giuseppe Berto (a Tropea).

I musicisti Rino Gaetano da Crotone, Otello Profazio da Rende, Sergio Cammariere da Crotone e Brunori Sas da Cosenza. Gli stilisti Gianni e Donatella Versace da Reggio Calabria e l’imprenditore Santo Versace sempre da Reggio Calabria. L’imprenditore Demetrio Mauro da Reggio Calabria – del caffè omonimo. E si potrebbe continuare con il mondo dell’arte, delle professioni, con la società civile. Insomma tutta una Calabria che c’è. A questo punto è stato sempre alla letteratura il compito di raccontarla. E di esportare la Calabria nel mondo. Solo il tempo ci dirà se i nostri letterati ci sono riusciti e quale immagine della nostra regione, infine, è filtrata lungo le strade del Pianeta. Quale Calabria? Quale letteratura? Quale modo di raccontare la Calabria?

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