Musicisti di strada
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Quante cose succedono in strada, ogni giorno, ogni ora? La strada ha un valore fondamentale nella vita di una comunità, nelle piccole e grandi città, nei paesini di provincie e nelle grandi metropoli mondiali. Chi di noi non ricorda la Via del Campo cantata da De Andrè in una splendida canzone? Per le strade si passeggia, per le strade si manifesta il proprio dissenso, per le strade del paese passa il Santo Patrono. Nelle strade ci si incontra, si fa festa, si chiacchiera. E si suona, pure. Anzi, fra musica e strada pare esserci un rapporto stretto e inequivocabile: le due si amano alla follia. Non è forse vero che le bande musicali attraversano le strade in tutte o quasi le occasioni di festa e di lutto?

E credo non esista città al mondo che non conosca il fenomeno dei musicisti di strada. Ho sempre avuto un giudizio ambivalente nei loro confronti: da un lato ne sono irrimediabilmente attratto, da un altro, talvolta, e senza sapere un perché preciso, ne sono infastidito. Ricordo però distintamente che, da bambino e credo per la prima volta, mi imbattei in musicisti sudamericanei che proponevano la loro musica “etnica”- chiamiamola così molto superficialmente – e ne rimasi incantato tanto da chiedere insistente a mio padre di acquistare la cassetta che vendevano alla fine dell’esibizione. Suonare in strada non è solo un fatto “folcloristico” –passatemi questo termine orribile – ma a volte può trattarsi di qualcosa di molto serio.

A Bienne, in Svizzera, gli aspiranti musicisti di strada devono persino superare un piccolo esame per poter deliziare i passanti con i loro brani: devono dimostrare di saperci fare almeno un po’ con gli strumenti e di possedere un repertorio ricco abbastanza da permettere loro di variare i pezzi con una certa frequenza. L’esaminatore non è un musicista del conservatorio, un pianista di professione o un dirigente di una casa discografica: è il commissario di polizia. Perché la musica, la musica di strada, non necessariamente si rivolge ai soli intenditori, anzi, si rivolge a tutti i passanti, nessuno escluso, con la speranza di ricevere un’offerta, magari, o semplicemente un sorriso di approvazione. Uno degli esempi più famosi di musicista da strada ci viene dagli Stati Uniti: per vent’anni il bizzarro Luois Hardin, meglio conosciuto come Moondog, con tanto di tenuta da vikingo ha solcato le vie di New York suonando strumenti di fortuna (talvolta persino costruiti da lui stesso) e regalando poesie ciclostilate a chiunque gli capitasse a tiro. Un bel personaggio che ha avuto l’onore di essere citato da un gruppo considerevole come i Prefab Sprout e che godeva della stima dell’allora direttore della Filarmonica newyorkese Artur Rodzinski (anche se c’è da aggiungere che il cieco musicista originario del Kansas aveva studiato parecchio ed era diplomato in ben tre strumenti).

E i musicisti che popolano le soleggiate strade dei paesi affacciati sul Mare Nostrum? Non sono forse altrettanti surreali, talvolta? Strumenti improvvisati, appesi in ogni parte del corpo, canzoni della “tradizione” rivedute e corrette per l’occasione, abbigliamenti improbabili… C’è una brutta espressione che si usa di solito in questi casi: si dice che diano “una nota di colore” al paesaggio urbano, quasi fossero uno scarso contorno in un piatto ricco di pietanze. Più semplicemente, danno note, che magari non sono nobili come quelle suonate nei luoghi sacri della musica, ma che sono pur sempre note. E un appassionato di musica non può non apprezzare almeno un po’, e accennare un sorriso divertito all’ennesima variante di O Sole Mio…

Alcune notizie sono state tratte dai seguenti siti:
Wikipedia
Swissinfo.org

1 thought on “Una nota di colore

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