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Un gruppo di ricerca coordinato dall’Istituto Ricerche Marine (ISMAR) e dal Centro Nazionale Ricerche (CNR) svela il mistero Tegnùe, i coralli di Venezia che costituiscono un ecosistema unico e tipico delle acque mediterranee al largo di Chioggia.

I fondali del Mar Adriatico Settentrionale sono per lo più costituiti da sabbia e detriti, ma tra i 17 e i 20 metri di profondità diventano rocciosi, ricchi di organismi incrostanti e dall’aspetto simile alle barriere coralline e chiamati in dialetto veneto tegnùe perché vi si incagliano e vengono trattenute le reti dei pescatori.

Un habitat marino unico e sorprendente che offre rifugio a centinaia di specie, in un distretto del Mediterraneo, quello del Mar Adriatico settentrionale, che per la prima volta vede l’ISMAR, il CNR, l’Università di Padova, l’OGS (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale), l’ISPRA (Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e il Consejo Nacional de Investigaciones Cientìficas y Técnicas (Conicet) in Argentina uniti in una ricerca i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Scientific Reports.

Mappa dei fondali e campioni di roccia

Le formazioni sono disseminate nell’Adriatico nord-occidentale e costituiscono un’anomalia rispetto al fondale sabbioso sul quale poggiano. Crescono in maniera indefinita con l’accumulo degli organismi marini che vi proliferano su quella che è una base di strati sabbiosi cementati. Sono numerosissime le specie di bryozoi, molluschi, vermi policheti, serpulidi e alghe calcaree che trovano in questo sito il luogo ideale di insediamento e proliferazione. Il risultato è un habitat di tipo simile alle barriere coralline.

In precedenza la ricchezza della fauna e della flora marina del sito aveva portato ad un certo numero di studi dedicati principalmente ad aspetti specifici o generali dell’ecologia, mentre era stato fatto meno per svelare la peculiarità del substrato che ha permesso l’inizio e la crescita della barriera. Prima del lavoro pubblicato su Scientific Report, riconoscere le fasi iniziali di accumulo roccioso in questo contesto era stato ostacolato dalla difficoltà di ottenere campioni del fondale a causa della scarsa visibilità e della elevata torbidità d’acqua incontrata dai subacquei.
Lo studio dei fondali rocciosi dell’Adriatico nordocidentale è di notevole importanza nella ricostruzione dell’evoluzione del clima nella storia geologica del Mar Adriatico.

Il variegato team di ricerca ha elaborato un modello di evoluzione di questo particolarissimo tipo di fondale avvalendosi di competenze multidisciplinari.
Il gruppo di ricerca

è infatti costituito da geologi, oceanografi, geofisici e biologi. In prima battuta è stato realizzato il rilievo morfo-batimetrico del fondale cioè delle forme e profondità con osservazioni di tipo geologico campionando rocce e sedimenti. Particolari pozzi installati sui fondali hanno reso possibile l’analisi dell’acqua sottomarina.

La ricerca ha visto indagini di tipo sismico, analisi di laboratorio e di miscroscopia elettronica sui materiali del fondale. Il risultato è sorprendente: i tegnùe si sono sviluppati lungo strutture allungate e sinuose attribuite ad antichi canali fluviali durante l’ultimo periodo glaciale, circa 20.000 anni fa, che hanno fatto come da trappola nel trattenere i sedimenti costituendo la base per gli accumuli di tipo coralligeno. Il verificarsi di accumuli coralligeni sviluppati sopra sistemi fluviali è una caratteristica insolita mai osservata prima nel Mar Mediterraneo.

Campioni di rocce dei Tegnùe

Fra tutti i campioni, uno roccioso in particolare si è rilevato fondamentale nella ricerca. E’ un lastrone di sabbia cementata con inglobati gusci di molluschi cha hanno reso possibile determinare l’età e le caratteristiche di quell’ambiente al momento della morte dei molluschi e della successiva cementazione dei gusci. Una sorta di Stele di Rosetta che ha permesso di decifrare l’origine delle formazioni di tipo coralligeno di questo sito. Le analisi al carbonio 14, le più precise per questo tipo di ricerca, hanno consentito di datare a circa 9.000 anni fa l’ingresso del mare in quella che in origine era una pianura e che circa 7.000 anni fa si è cementata sotto le acque del mare e sulla quale i primi organismi hanno iniziato a costruire l’habitat giunto sino a noi.

Più di 200 immersioni, 140 chilometri di fondali esaminati, diversi gruppi di ricerca, analisi e considerazioni di tipo multidisciplinare hanno reso possibile svelare l’origine del tegnùe e il loro tipico andamento longitudinale, enigma sin dal XVIII secolo, che va ad aggiungere un nuovo tassello alla storia mediterranea.

Il lavoro pubblicato è stato reso possibile grazie al progetto “Tegnùe” finanziato dal Comune di Chioggia su fondi della Regione Veneto e al Progetto Bandiera Ritmare CNR finanziato dal MIUR.

 

Fotografie: Scientific Reports

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