Ficarra e Picone in diciamoci la verita
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Articolo di Laura Gatto

Ficarra e Picone sono definiti comici siciliani ma solo chi vive la realtà da loro tradotta in spettacolo si rende conto che spesso “scherzando si dice la verità”, che dietro il comico si nasconde il tragico sopravvivere in una cittadinanza non goduta pienamente. Quanto segue è solo un piccolo assaggio, raccolto dalle parole dei due giovani siciliani, di quanto ho ritenuto saliente per cogliere e restituire il binomio inscindibile del modo di vivere la cittadinanza in Sicilia:
“Io sono fiero di essere siciliano perché ci adattiamo a qualunque cosa! Io mi vergogno di essere siciliano perché ci accontentiamo di qualunque cosa!

Io mi vergogno di essere siciliano perché ancora oggi sento dire: lascia perdere, è sempre stato così, ma chi te lo fa fare!
Io sono fiero di essere siciliano perché Falcone, Borsellino e Padre Puglisi sono siciliani! Io mi vergogno di essere siciliano perché Falcone, Borsellino e Padre Puglisi erano siciliani!
Io sono fiero di averla lasciata questa Sicilia così un giorno potrò dire ai miei figli avete visto che cosa vi ho risparmiato! Io invece non la voglio lasciare questa Sicilia, non la voglio lasciare, così, perché voglio vincere!”

Questa è anche l’aria che si respira a Palermo, un clima di stallo e al contempo di voglia di cambiamento tra chi è fiero e non vede la realtà delle cose e chi si vergogna e vuole cambiare il sistema. Splendida città, traboccante di storia secolare e di bellezze architettoniche straordinarie. Noi palermitani indubbiamente brava gente ma cittadini che ci aggiriamo tra i quartieri, stranieri alla nostra stessa cittadinanza sostanziata nella maggior parte dei casi da continui adattamenti per poter sopravvivere ad una gestione amministrativa deludente, deprimente, sopprimente lontana dal promuovere sinceramente e con continuità una cittadinanza attiva e responsabile. Una cittadinanza che cerca ancora di mantenere un equilibrio ragionevole tra diritti e doveri passando per situazioni in cui si reclamano diritti sproporzionati rispetto ai doveri e viceversa.
Osservazioni di ordinaria cittadinanza palermitana testimoniano un modo di vivere che non si direbbe di standard europeo e neanche proprio della più viva tradizione sicula. Tanto per entrare nel concreto aspettavo un’amica in una importante strada della città quando la mia insopprimibile curiosità di studiare e conoscere i comportamenti umani viene attratta da una vigilessa. La donna interloquisce allegramente con un’amica le mostra un depliant, insieme commentano e ridono. Che c’è di male? Niente, se la vigilessa non fosse stata in orario di lavoro e se la macchina dell’amica non fosse stata parcheggiata in seconda fila insieme a quelle di tante altre ostruendo il normale deflusso delle automobili sulla carreggiata.

Nel frattempo una signora passa di lì al volante conversando tranquillamente al telefono cellulare quando all’improvviso si accorge della vigilessa – “aspè aspè” – dice sottovoce all’interlocutore nascondendo il cellulare e superando con la propria automobile la vigilessa, per poi continuare indisturbata la conversazione. Se l’unico intento era quello di non beccarsi una multa e non quello di evitare un incidente stradale perché affannarsi tanto a nascondere quel comportamento illecito dato che la vigilessa aveva ben altro a cui pensare e dava le spalle al proprio luogo di lavoro?!?

Ritornando al pubblico ufficiale, terminata la sua interessantissima conversazione, le sovviene in mente che si trovava lì per lavorare. Adesso quantomeno si darà da fare facendo assumere alla via lo status di strada cittadina. E no, ma che scherzate! È così buona e ligia al proprio dovere che si intrattiene con le persone sedute nelle loro automobili in doppia fila discutendo sulla cattiva scelta di essersi fermate lì ed elargisce un piccolo ABC di educazione stradale incoraggiando a prender posto più in là nella strada, lì dove vi è un allargamento della carreggiata ma anche un visibilissimo divieto di sosta!!!

Quello slargo è proprio in corrispondenza dei contenitori della spazzatura indifferenziata traboccanti di scatole di cartone accatastate lì dai negozianti. Sì nell’indifferenziata perché, pur volendo contribuire al futuro ecologico della città, i contenitori della differenziata sono una rarità e quando si trovano sono stracolmi e poi, pensandoci bene, perché affannarsi a differenziare se tutto viene rimescolato insieme al momento della raccolta o nella discarica!?!

Andiamo alla passeggiata rischiatutto in centro città, questo darà conto anche della gente in doppia, e perché, no tripla fila. Allora, una tra le tante grosse piaghe della città di Palermo è costituita dai parcheggi. Una scarsa ottimizzazione degli spazi ha fatto sì che aumentassero negozi, palazzi, centri commerciali, macchine ma non i parcheggi. Esistono le strisce blu e le macchinette erogatrici di biglietti sulle quali vi è scritto che si può temporizzare il pagamento frazionando l’ora ma nella pratica è impossibile. Ammesso che si trovi il posto per parcheggiare, la persona più civile è disposta a pagare un euro anche se la sosta durerà dieci minuti, quella un po’ più furbetta invece si colloca direttamente in doppia fila davanti al luogo in cui deve svolgere le proprie commissioni. Se questo atteggiamento si moltiplica per una buona parte di palermitani si comprende come le strade somiglino più a parcheggi che a luoghi di transito. E questo comportamento incivile diviene la norma per tutti quegli automobilisti esasperati che, spendono almeno un’ora e mezza del loro tempo girando per le vie e incolonnandosi in file inesauribili di traffico cittadino, non riescono comunque nel loro obiettivo di trovare un buco in cui infilare la loro automobile.

Se per collocare la macchina si perdono ore e, a lungo andare, si rischia di intaccare la sanità mentale, è meglio andare a piedi. Tranquilli qui da noi i passaggi pedonali sono ovunque, perché le strisce qui le conosciamo solo sul mantello della zebra. Se la concentrazione dei pedoni non è in un punto ben preciso delle strade e continuamente oltrepassano l’asfalto numerose persone da differenti punti della strada immaginiamoci il caos di automobili, i rallentamenti, i semafori verdi mancati. Se siete stanchi e decidete di tornare a casa in autobus vi conviene continuare a camminare fino alla meta, sarete almeno sicuri di rientrare in giornata.

Le corsie preferenziali ci sono, spazio permettendo, anche se raramente delineate dalla segnaletica orizzontale, ma sempre stracolme di macchine. Quando un autobus riesce a raggiungere la fermata un numero copioso di gente sbuffante oppure ormai catatonica occupa ogni millimetro di quel mezzo di trasporto. Se lo spostamento prevede il cambio di mezzo naturalmente il biglietto già obliterato è scaduto e bisogna comprarne un altro. Ok, vada anche per l’altro biglietto. Si ma dove lo compro. Ah guarda lì c’è una edicola. E no, troppo facile così! L’edicolante gentilmente ti dice che “forse” puoi trovarli al bar girando l’angolo in fondo alla strada. Con il terrore che l’autobus passi proprio in quell’istante, si raggiunge con l’affanno il bar. Ma il cassiere altrettanto gentilmente ti dice che li ha terminati. Ultimo appiglio il conducente del mezzo che naturalmente vende il prezioso biglietto con tariffa maggiorata, quasi una punizione per non averlo comprato prima. Si ma dove???

Vuoi reclamare, farti sentire, far rispettare i tuoi diritti allora ti rivolgi agli uffici competenti: ecco che il cittadino palermitano diviene pallina da ping pong. Saranno tattiche per sfinire e fare abbandonare l’intento e il buon proposito di smuovere qualcosa o realmente le loro risposte sono dettate dalla mancata conoscenza degli iter e degli uffici addetti per determinate questioni? Mistero! Certo è che il tran tran è quasi tradizione anche per visite mediche e iter burocratici di ogni tipo. Si potrebbe continuare all’infinito, perché destreggiarsi nella giungla urbana e nell’elefantiasi burocratica non è semplice per un cittadino palermitano. Adattarsi per sopravvivere è una cosa ormai naturale e impressa nel nostro DNA. “Non vedo, non sento, non parlo” non è una questione di omertà ma una questione di stanchezza fisica e mentale.

Io sono fiera di essere siciliana e voglio vincere. Voglio affermare la mia cittadinanza e so di non essere sola, in mezzo ai pupi siciliani ci sono palermitani che vogliono attivamente esercitare la loro cittadinanza. Che si battono per i loro diritti e che non si tirano indietro per portare avanti i loro doveri. Cittadini che credono nelle grandi potenzialità della loro città. Che ogni giorno combattono contro i soprusi, contro la mafia, contro l’inerzia di chi vive ispirata dal “ lascia perdere, è sempre stato così, ma chi te lo fa fare!”, contro la mancanza di opportunità lavorative, contro lo sfruttamento, contro la miseria ghettizzante di persone venute da lontano. Io non voglio lasciar perdere, il corpo e l’anima sono attaccati a questa terra, a questa città e qualsiasi possibilità di cambiamento è possibile basta volerlo, basta vivere riappropriandosi della propria cittadinanza. C’è chi è fiero e c’è chi si vergogna di essere palermitano ma ciò che veramente importa non è la diversità della situazione di partenza ma la comunione di intenti, la corresponsabilità di vivere insieme e per il bene comune.

Additare la cattiva amministrazione e lamentarsi sono il principio del cambiamento ma non lo strumento. Prendere coscienza di tutto quello che non va è necessario ma è indispensabile che ogni palermitano agisca nel quotidiano iniziando col cambiare il proprio stile di vita passivo verso una assunzione di responsabilità civile seria e costante.

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