Meriem insieme ai suoi studenti
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Per questo numero sul lavoro precario ho deciso di esorcizzare una vecchia amarezza o sofferenza. Ho deciso di parlare della mia esperienza perché la considero insolita e di grande attualità poiché si parla dell’apporto degli immigrati nella cultura italiana.

Sono ormai tre anni che sono tornata a lavorare nel mio Paese, la Tunisia, che mi ha accolto a braccia aperte. Sono attualmente docente universitaria in lingua, letteratura e civiltà italiana e coordinatrice della sezione di Italiano all’Istituto di Lingue Applicate di Moknin presso l’Università di Monastir. Dopo soltanto due anni di lavoro qui sono stata nominata presso la commissione ministeriale di Italianistica. Mi sento, anche per l’amore infinito verso la cultura italiana, un’ambasciatrice ufficiale di essa. Tre anni fa vivevo in Italia avevo appena finito un dottorato di ricerca in Filologia Italiana all’Università di Pavia e stavo aspettando, e dico bene aspettando, come tutti i miei colleghi un lavoro all’università, ma a differenza loro ero legata a una scadenza: quella dei documenti. Una data che non mi consentiva di stare sul territorio italiano se non avendo trovato un lavoro. Ho avuto l’appoggio di tanti amici e amiche, tante proposte di lavoro, numerosi colloqui come segretaria (con un dottorato, due premi nazionali, 4 lingue straniere parlate perfettamente), babysitter, qualcuno ha avuto anche l’audacia di dirmi di fare la colf per avere i documenti. Tuttavia avevo soltanto un sogno quello di insegnare all’università, riporto qui un pezzo scritto proprio quell’anno su un taccuino dei ricordi:

“Sono le tre devo andare a sentire la conferenza sul nuovo volume sul noto linguista Leo spitzer nell’aula Magna dell’Università. Eccomi contemplo tutti, mentre ascolto le preziose indicazioni dei professori presenti, si parla di pragmatica e di psicologia, quando penso che stamattina passavo le ore a fare copia incolla, nell’altro lavoro che faccio perché bisogna arrotondare se non per campare, mi dico certo che qui si parla di tutt’altro. Ci sono tutti: dottorandi ossessionati, come lo ero io, dalle loro tesi, ricercatori in attesa di un assegno che non arriva, un concorso chissà quando? e poi tutti i miei miti: il mio prof Angelo Stella, poi Cesare Segre, Clelia Martignoni e tutti gli altri…
Uno di loro dice: “se i libri fossero portatori di verità, sparirebbero con essa”. Rifletto un momento su questa frase, eppure io credo così intensamente nel potere dei libri, non sarò delusa un giorno dalle idee trasmesse dai narratori e i poeti di una volta? Interrotta da un collega che mi dice: “Non torna ancora nel suo paese? Noi italiani non abbiamo trovato lavoro e lei pensa di trovarlo? Perché non prova nei callcenter?”
Finita la conferenza torno a casa, sfinita come tutte le sere, tra lavori e lavoretti per arrotondare, non ho più forze e malgrado lo sconforto e l’umiliazione di certi, scrivo per partecipare a una conferenza a Malta dove andrò a rappresentare l’Italia in quanto tunisina soltanto perché ho la fortuna di esporre un lavoro sulla novellistica italiana in 4 lingue diverse”.

Dopo questo breve flashback per descrivere la situazione critica dell’università in Italia e la mentalità ancora chiusa purtroppo dell’integrazione lavorativa di stranieri nelle facoltà, casi sporadici si trovano, tuttavia, nei dipartimenti scientifici. Il mio ritorno nel mio paese è stato casuale mandando una domanda di lavoro via mail e facendo un concorso senza aspettative. Eppure il mio sogno si era realizzato grazie al cielo in un momento inatteso.

L’Italia rimane e rimarrà il mio paese di adozione, che amo profondamente nei suoi minimi dettagli, difetti e contraddizioni. Concludo aggiungendo un aneddoto relativo al precariato universitario e una nuova tendenza in Tunisia, dove mi sono trovato coinvolta ultimamente. Cercare docenti italiani per le università tunisine reclutando persone per lo più ricercatori in cerca di lavoro o di avanzamento di carriera. Ironia della sorte mi ho dovuto mandare mail ai miei colleghi di Pavia per venire ad insegnare qui in Tunisia.

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