Live Aid
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La Commissione Europea ha indetto un concorso denominato “Musica contro la povertà”, concorso che si rivolge ai giovani europei di età compresa fra i 15 e i 25 anni invitandoli a scrivere una canzone che si occupi degli “otto obiettivi di sviluppo del Millennio” (nello specifico: combattere la povertà estrema, garantire la parità di diritti fra sessi, istruzione primaria per tutti, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute delle madri, sconfiggere malattie come Aids e malaria, sostenibilità ambientale, creato un partenariato globale per lo sviluppo).

I vincitori – uno deciso tramite il voto on line e l’altro proclamato da una giuria apposita- potranno non solo registrare un brano in una sala d’incisione professionale, ma saranno invitati a salire sul palco dell’European Development Days, previsti per il mese di dicembre di quest’anno. Il concorso, di sicuro interesse, si pone sulla scia di tante manifestazioni musicali dedicate alla lotta alla povertà che negli ultimi 25-30 anni hanno coinvolto l’intero pianeta e decine di artisti. Probabilmente si può far iniziare il tutto con l’ormai leggendario Live Aid del 13 luglio 1985, la spettacolare iniziativa voluta da Bob Gendolf e da Midge Ure degli Ultravox per raccogliere fondi al fine di combattere la terribile carestia abbattutasi sull’Etiopia. Tenutosi in diverse località mondiali, i palchi principali furono quelli di Londra (a Wembley) e a Filadelfia; è considerato uno degli eventi televisivi più importanti mai trasmessi e si calcola che oltre un miliardo e mezzo di ascoltatori abbiano seguito i concerti. Ricco di artisti di grande spessore (solo per citarne qualcuno: David Bowie, Sting, Neil Young, Bob Dylan, Mick Jagger, Elvis Costello, i Queen), contribuì alla raccolta di oltre 245 milioni di dollari, grazie alle trecento linee telefoniche attivate all’uopo e un indirizzo a cui inviare le donazioni. Al Live Aid del 1985 sono seguite recentemente altri due manifestazioni gemelle, il Live 8 del 2005 e il Live Earth del 2007 (quest’ultimo dedicato al problema ambientale).

Il Live 8, dieci concerti fra il 2 e il 6 luglio 2005, si è svolto nelle otto nazioni facenti parte del G8 ed era legato alla campagna “Make Poverty History”, il cui obiettivo era la cancellazione del debito delle nazioni povere. Anche qui non sono mancati grandissimi artisti e dispute furenti, fra cui la mancanza quasi totale di artisti africani, l’accusa a Gendolf, organizzatore dell’evento, di essersi servito dell’Africa per scopi ben diversi da quelli della solidarietà (rimettere in carreggiata alcuni artisti ormai in secondo piano) e la critica dell’atteggiamento secondo alcuni “neocolonialista” e “caritatevole” dell’iniziativa. Ciò nonostante, la musica continua a essere un traino straordinario per raccogliere fondi per questo o quell’obiettivo. Basti pensare a quanto è stato fatto di recente in Italia dopo il terremoto che ha colpito L’Aquila, con il brano “Domani” – il singolo più venduto del 2009 in Italia – e il dvd di “Amiche per l’Abruzzo”, concerto tenutosi lo scorso 21 giugno a Milano che ha coinvolto 43 artiste italiane e raccolto un milione e mezzo di euro; o dopo la tragedia di Haiti, con il progetto benefico Hope for Haiti Now: A Global Benefit for Earthquake Relief, che ha coinvolto attori e musicisti da tutto il mondo.

Gli esempi sono tanti, si moltiplicano a vista d’occhio, e potremmo esclamare “Meno male!”, perché la prima cosa che ci viene da pensare è che queste superstar della musica “ripaghino” la fortuna di essere ricchi e famosi sensibilizzando l’opinione pubblica su temi fondamentali come l’estrema povertà.

E’ opportuno altresì porsi delle domande sull’effettiva utilità di manifestazioni del genere, come d’altronde hanno fatto molti artisti che rifiutano di partecipare a queste iniziative. Un articolo di Leo Hickman uscito recentemente su Internazionale (il n. 848) usava queste parole, a proposito di “celebrità che parlano di ambiente”: “Gran parte di quello che dicono è aria fritta, e non dovremmo prestare troppa attenzione alle loro dichiarazioni […]. Usare le star come megafoni presenta vantaggi evidenti. Spesso, in un’epoca ossessionata dalla notorietà, è l’unico modo per attirare l’attenzione dei mezzi d’informazione […]. Ma affidare questo ruolo alle celebrità comporta anche un problema. La loro ricchezze e i loro privilegi non hanno nulla in comune con la vita delle persone a cui i vip cercano di trasmettere un messaggio; anzi spesso il divario è abissale”. Indubbiamente la sensibilizzazione al problema, se viene da artisti seguiti e ammirati, può avere una grossa risonanza e indurre non solo a informarsi e a conoscere, ma anche a donare con più entusiasmo. Poi possiamo discutere su quanta buona fede ci sia dietro l’adesione incondizionata a eventi che sembrano avere un ritorno pubblicitario forse maggiore del “bene” che si vorrebbe fare.

Bisogna aggiungere che probabilmente una canzone non salverà il mondo, per quanto legata a iniziative lodevoli come possono essere quelle menzionate; è inutile illudersi del contrario, la musica fa quel che può, cioè tanto, ma –come si suol dire- per i miracoli occorre rivolgersi altrove. A parer mio ci potrebbe tornare utile un detto latino: In medio stat virtus, la virtù sta nel mezzo, detto che talvolta potrebbe puzzare vagamente di ignavia, ma che ogni tanto ha la sua ragion d’essere, come in questo caso: eventi come il Live Aid o tutto ciò che fa Oxfam con l’Oxjam Music Festival è un bene che esistano e lunga vita ad essi, senza però paradossalmente demandare ad essi la risoluzione di problemi che a ben altri livelli devono essere affrontati e risolti.

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