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nutrice
Una nutrice

“Nove mesi nel suo ventre, pesando come una pietra,

privandola della sua forza. Un anno intorno a lei,

succhiando l’intimo del suo corpo.

Due anni fra le sue braccia, imprigionando

il suo corpo fino a strangolarlo”.

[Proverbio kabile]

Alle fondamenta di qualsiasi sistema di parentela si trova il concetto di sostanza condivisa, cioè di consustanziazione: di cultura in cultura, può variare la natura di tale sostanza, ma ciò che realmente conta è l’esistenza di un qualcosa che simbolicamente accomuni i membri di un gruppo e, allo stesso tempo, sottolinei l’estraneità ad esso di tutti coloro i quali non vi partecipano. Ad esempio, presso le società che attribuiscono molta importanza all’atto della procreazione, questa sostanza può essere lo sperma o il sangue, invece, nei gruppi che enfatizzano l’allevamento, può prendere la forma di latte o cibo.

La parentela costituisce la rete obbligata primaria per la costruzione dei rapporti nel gruppo sociale. Base indubbia per la diramazione dei rapporti è la verifica biologica, il riconoscimento della maternità e paternità e delle linee di discendenza. L’osservanza universale del principio di esogamia (scelta obbligatoria del partner matrimoniale al di fuori della cerchia dei consanguinei e da quella di individui anche non consanguinei ma in posizioni “vietate” come modello del tabu universale di evitazione dell’incesto), porta ad ampliare a dismisura la tipologia dei vari sistemi di parentela utilizzando il tabu dell’incesto ben al di là della consanguineità. Si creano così sistemi di parentela diversi basati su filiazione (parenti solo per via di sangue) o affinità (parenti in quanto collocati in rapporti di tipo speciale) e su forme miste.

Esistono vari modi di estensione dei legami di parentela oltre la discendenza per linea di sangue e l’acquisizione per forme di matrimoni. Tra le forme di pseudo-parentela, una variante molto nota nel Maghreb è rappresentata dalla parentela di latte che colloca al centro la nutrice, la balia.

Se la madre non è in grado di allattare il proprio figlio, lei ed il padre possono raggiungere il reciproco accordo di lasciare ad una balia l’alimentazione del bambino. Questo fatto dimostra la preferenza dell’Islam nell’alimentare il neonato con latte umano invece che con latte animale. Si dice che lo stesso Profeta Maometto fosse stato tenuto a balia in questa maniera per almeno due anni. La scelta di una balia è considerata un punto cruciale per la salute di bambini che non possono essere allattati al seno dalle proprie madri biologiche. Il Profeta Maometto del resto insegna ai musulmani a proteggere i propri bambini dal bere il latte di “donne adultere e delle pazze”, e considera il loro latte “infettivo”. Forse il potere del latte materno nei confronti della trasmissione di malattie infettive era stato riconosciuto molto prima della ricerca scientifica e della virologia dei giorni nostri.

Nell’antica società araba, era consuetudine che la balia ,“madre di latte”, vivesse con la famiglia per rendere possibile assicurare che lei fosse tranquilla e ben nutrita, in modo da poter produrre latte a sufficienza. I bambini nati da famiglie che vivevano in città venivano mandati nel deserto da balie beduine, con lo scopo di permettere al bambino di crescere sano, forte e pieno di quelle buone maniere notoriamente possedute dai beduini.

Questa parentela attraverso il latte esiste anche nella vita reale e civilizzata visto che il diritto di Stato attuale (in Algeria e nel Marocco), come gli antiche diritti consuetudinari, come la legge religiosa espressa nel Corano, vietano il matrimonio tra fratelli e sorelle di latte perché considerato come incestuoso. L’atto di nutrire attraverso il latte è infatti considerato così tanto importante che si ritiene che il co-allattamento crei un legame biologico equivalente ad un legame di parentela, materno, che permette alle donne di disporre di un potere più forte dell’adozione, peraltro vietata dall’Islam perché trasgredisce le regole della rigorosa ed esclusiva filiazione patrilineare.Nella società araba la parentela di latte ha, dunque, come conseguenza una serie di proibizioni di tipo sessuale. I bambini che sono stati allattati al seno con regolarità dalla stessa donna sono considerati fratelli e quindi gli viene proibito di sposarsi tra di loro. Questo fatto può rappresentare un problema importante nel corso dell’attuazione di programmi di donazione del latte materno nelle comunità musulmane. Le donne musulmane che donano latte materno hanno anche la responsabilità di conoscere l’identità del bambino che prenderà il loro latte.

E’ anche vero che la grande famiglia comunitaria permette di porre rimedio ad eventuali carenze, perché altre nutrici possono assumere l’allattamento in una presa in carico multimaterna, visto il numero spesso alto di giovani madri in casa. Il neonato, dunque, è spesso allattato da più donne, mogli dei fratelli all’interno della famiglia, che si sostituiscono in questa funzione. Tutte le donne degli uomini della famiglia hanno, infatti, il compito di nutrire i bambini di questa stessa comunità familiare. Così non è infrequente vedere una nonna fare finta di offrire il proprio seno, vuoto di latte, al nipotino in un gesto simbolico destinato ad indicare l’integrazione del bambino nella famiglia e la presa in carico del suo cibo da parte delle donne che lei “dirige”. Questa presa in carico collettiva permette così di rimediare ad alcune delle deficienze consecutive alle numerose carenze di cui soffrono tante donne molto mal nutrite.

Gli eccessi di fecondità, le gravidanze precoci e vicine, sono spesso alla base di una stanchezza fisiologica della madre che ha per conseguenza l’impoverimento della qualità del latte che la madre può offrire al proprio figlio. In più, gli svezzamenti sono spesso mal condotti: sia troppo tardivi e causa di squilibri nutrizionali, sia troppo precoci in caso di nuova gravidanza. A meno che possano essere ancora, come una volta, rimediati attraverso questa presa in carico multimaterna, che manca spesso nelle città moderne. In queste condizioni di vita urbana, il biberon e l’allattamento col latte di mucca possono essere dei palliativi, anche se spesso pericolosi perché le condizioni d’igiene sono insufficienti. A tutt’oggi, fra la campagna e la città, nel Maghreb come per le persone immigrate, si osservano due modalità differenti di nutrire i bambini: da una presa in carico collettiva ad una più individuale, con una durata meno lunga di un allattamento di migliore qualità grazie ad un’alimentazione più soddisfacente delle nutrici, ed ad uno svezzamento condotto meglio. Il latte materno può anche essere sostituito, ogni tanto, da altri latti e le donne stanno meglio e più in salute, non essendo più sottomesse ad una fecondità massimale. Tuttavia, possiamo domandarci se il passaggio sempre più frequente al latte non materno può aver avuto come effetto, riguardo alle rappresentazioni e alle abitudini tradizionali, quello di togliere alle donne nutrici una funzione biologica tanto valorizzata socialmente, che stabiliva una filiazione attraverso le donne e dava loro un contro-potere rispetto alle rigorose esigenze strettamente patrilineari e patriarcali.

Fonti:

Detienne M. Demeter, In: Dictionnaire des Mythologies, Paris : Flammarion, 1981.

Héritier F., voce: Famille in Dictionnaire de l’Ethnologie e de l’Anthropologie, diretto da P.Bonte e M.Izard, Parigi, 1994.

Houseman M., Bonte P., voci: “parenté” e “pseudo parenté”, in Dictionnaire de l’Ethnologie e de l’Anthropologie, diretto da P. Bonte e M. Izard, Parigi, 1994.

Lacoste-Dujardin C., Des mères contre les femmes. Maternité et patriarcat au Maghreb, Paris: La Découverte/Poche, 1996.

Lacoste-Dujardin C., La Filiation par le lait au Maghreb, in L’autre, Clinique, Culture set Sociétés, Paris, 2000.

Lévi-Strauss C., Le strutture elementari della parentela, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2003.

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