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David Herbert Lawrence fu uno scrittore inglese molto discusso per la sensualità che contraddistingueva i suoi romanzi. Questa fu forse anche la sua fortuna, che lo spinse a farsi pubblicare all’estero e a peregrinare per il mondo con sua moglie Frieda, fino all’uscita del suo capolovoro nel 1928, L’amante di Lady Chatterley, che precede di soli due anni la sua morte. Dopo un breve periodo trascorso in Germania, luogo d’origine della moglie, i due iniziarono un lungo viaggio al Sud, sempre inseguendo il sole, alla ricerca di luoghi incontaminati. Tra il 1912 e il 1921 visitarono l’Italia, per poi approdare in India, Australia, Stati Uniti, America Latina e, infine, riviera francese.

Fu nel gennaio del 1921, dopo un soggiorno in Sicilia, che Lawrence si diresse con la sua “ape regina” in Sardegna. Il suo viaggio nell’isola durò nove giorni: ne percorse tutta la spina dorsale, da Cagliari fino a Olbia, passando per le aspre terre della Barbagia. Un viaggio breve, lento, tra tutte le sfaccettature della vecchia Ichnusa, le cui memorie divennero da lì a breve un libro. “Mare e Sardegna” fu pubblicato inizialmente a puntate in una rivista americana nel 1921 e poi edito in volume a New York da Thomas Seltzer, con illustrazioni di Jan Juta.

“Mare e Sardegna” racconta una terra e i suoi abitanti, che conducono una vita tutt’altro che moderna: ne mostra i segni arcaici che si adattano mal volentieri al nuovo. A parte l’arteria centrale dei treni, alcuni autobus che univano le varie parti dell’isola e le navi che la collegavano al resto del mondo, scarsa era l’organizzazione per accogliere quei primi viaggiatori, antichi prototipi di turisti. Eppure ne vengono fuori immagini uniche, fuori dal tempo e dallo spazio, che sono oggi una testimonianza rara della Sardegna del primo Novecento.

 

L’approdo sull’isola è dovuto all’“assoluta necessità di muoversi”, espressa nell’incipit del libro, che porterà lo scrittore inglese e sua moglie ad abbandonare la bella Sicilia, dove si sta tanto bene. Oltre a questo, bisognava capire verso dove muoversi: nella scelta tra Spagna e Sardegna, vince la seconda, di cui Lawrence sapeva che “né i romani né i fenici né i greci né gli arabi conquistarono mai, fuori dalla civiltà, e indomita”, seppur gli italiani avessero da poco portato i loro treni e autobus.

E così via, si parte su uno piroscafo che salpa da Palermo e va verso Cagliari. La nave, seppur piccola, è una gioia per lo scrittore inglese che si sente come “danzare nel lento volo degli elementi” di quello splendido Mediterraneo. E dopo la pioggia e gli incontri sull’imbarcazione, finalmente in fondo al golfo, dove “terra e mare sembrano arrendersi, la fine del mondo”, sorge Cagliari. I due viaggiatori risalgono la città di pietra, visitano il bastione, siedono al caffè Roma, scoprono il mercato e notano le “badanti nel loro costume”, le “vivaci e provocatorie contadine” e gli “ultimi sprazzi di maschio duro e indomabile”. Una volta visitata la città, si rimettono in viaggio, prendendo un treno per Mandas.

Dallo scompartimento di legno a molti posti, seduti di fronte a due sposi anziani, lui grasso, lei snella nella sua gonna ampia con grembiule, Lawrence resta sorpreso dalle “desolate e deserte distese” della Sardegna, un “paesaggio molto diverso da quello italiano”, con i “contadini chinati sulla terra che sembrano lavorare in eterno”. Dopo un breve soggiorno a Mandas, dove il ristorante della stazione dava anche alloggio per dormire, i due si dirigono verso Sorgono. Il viaggio che li porta nel Mandrolisai, passando per la Barbagia, offre paesaggi nuovi: qui i pendii dei monti si fanno sempre più erti, ricamati dai “castagni dalle lunghe chiome, le querce dai rami tozzi e i sugheri nudi come negri”. E i due non possono fare a meno di notare gli uomini della zona, che sono come animali selvatici, non contaminati dalla vita moderna.

Dopo il soggiorno di qualche giorno a Sorgono, l’autore inglese racconta del viaggio verso Nuoro, sugli autobus che “scorrono sciolti nelle ripide strade tutte curve della Sardegna”. E dopo la breve permanenza in una città che “non ha nulla da mostrare”, salva dall’etichetta di luogo di interesse turistico, i viaggiatori si rimettono in moto per l’ultimo viaggio alla scoperta dell’isola, in una “mattina dalla bellezza squillante”. Dopo una breve sosta a Orosei, prosegue il viaggio in autobus, su strade dove si vede il Mediterraneo incresparsi contro le rocce nere, fino a Terranova-Pausania, dove prenderanno la nave per Civitavecchia.

L’ultima descrizione della Sardegna che lo scrittore inglese ci offre nel suo libro è quella del cielo della notte alto sopra lo piroscafo: un’immagine bellissima che, come la notte con il giorno, conclude il viaggio in Sardegna, pieno di luci, ma anche di ombre, le stesse da cui, forse, ancora oggi questa terra luminosa e santa non riesce a liberarsi.

Daniela Melis

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