Banditi, Nico Oronesu
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Articolo di fatajana

Simone Sole. Ecco il bandito che ho nel cuore. Uno che dopo tutto il nascondersi, tutto quello scappare, dopo ingiustizie subìte e offese continue alla fine sceglie, a modo suo, il riscatto e una pallida imitazione delle regole con un anello rubato.
Angelo Uras il mio bandito per caso, quel bravo ragazzo che è talmente onesto da non volere nemmeno l’eredità lasciatagli dal suo benefattore, quel giovane innamorato che per un errore viene creduto un omicida e in un primo momento si rifiuta di nascondersi, di darsi alla macchia, ma che si lascia convincere, seppur per poco.

Aurelio Cabrè di Rosacroce, brigante e amante, rivoluzionario e viaggiatore. Mi ha incantato.
E potrei continuare così per ore, perché i banditi e la Sardegna sono strettamente legati. Conosciamo quelli tristemente famosi, conosciamo i fatti di cronaca e la lunga lotta che gli ha visti protagonisti non sempre dalla parte del torto. Non sempre in quelli della ragione. Sardi e banditi. Sembrano due sinonimi. Banditi nel senso di messi al bando, esclusi.

Questo sì. Di sicuro la Sardegna ha avuto i suoi banditi veri, quelli famosi, quelli crudeli, quelli che per un errore di nascita, per un percorso obbligato si sono ritrovati a dover uscire dalla società e nascondersi. Ma ne ha avuti altri meno noti, piccole storie di uomini che per povere ragioni si sono visti costretti a lasciare famiglia, speranze, amori e vivere al bando. Nell’albero genealogico di molti sardi esiste un bandito in famiglia. Non si parla di uomini crudeli e assassini. Spesso solo di povera gente che per un piccolo problema di “incomprensione” con la legge si trovava costretta ad allontanarsi dal proprio ambiente. E di incomprensioni con la legge ce ne sono sempre stati parecchi, la legge temuta, imposta dall’alto, poco democratica. La Sardegna nella sua memoria conserva editti e tributi che non hanno mai tenuto conto della sua natura, della sua vocazione.

E’ sempre stato facile non poter seguire la legge. Quando arrivarono gli spagnoli, quando gli succedettero i piemontesi e infine quando l’isola divenne parte della nazione Italia. Era facile non poterla seguire, era facile finire fra i boschi, aspettando notizie di un possibile rientro e di acque che si calmano. Impossibile impedire che tutto l’alone di mistero, di forza e coraggio a volte, di voglia di riscatto non si tramutasse in pasta malleabile e di prima scelta per dei personaggi che sono rimasti e rimarranno sempre nel cuore di molti lettori.

E così Simone Sole è il triste e bellissimo protagonista del libro “Marianna Sirca” di Grazia Deledda, che è diviso fra la passione per una donna che ama le regole e la libertà. E Angelo Uras, che in “Paese d’ombre” rappresenta la parte buona, il sardo bandito suo malgrado e per poco, perché la legge capisce e non condanna. Aurelio, sbruffone e affascinante è il frutto della mente e di Flavio Soriga, nel “Cuore dei Briganti”. Il lato romantico e avventuroso dei banditi letterari ha in qualche modo aggiunto fascino a quelli reali, e li riposiziona in un ambito che non sempre è solo una questione fra legge e trasgressione.

I banditi che ho conosciuto sono stati quelli nati e vissuti fra le pagine dei libri. Sono quelli difesi da Bustianu in “Sempre caro” e nei libri seguenti di Marcello Fois dove un romanzesco Sebastiano Satta risolve un caso quasi fosse Poirot. Ho amato Itzoccor Gunale, nell’ “Apologo del giudice bandito” di Sergio Atzeni. Forse un mondo poco realistico, forse una versione riveduta e corretta. Forse no. Si capisce subito leggendo “Caccia grossa”, il resoconto di Giulio Bechi del 1900 della spedizione militare in Sardegna per soffocare il banditismo. I banditi vengono descritti in tutta la loro crudezza, in tutte le loro macabre scorrerie. Non sempre quindi, sono affascinanti ribelli. Forse i banditi sono uomini, null’altro.

Sono uomini che hanno dovuto abbandonare casa e sicurezza perché dall’alto le regole sono troppo strette e i diritti sono quasi nulli, uomini che conoscono solo la violenza come mezzo di sopravvivenza. La violenza non è mai la soluzione, si sa, ma purtroppo spesso è una via che molti percorrono. La violenza per sopprimere la violenza oltre a non essere una soluzione è spesso anche un ingiustizia. Uomini che si rifiutavano di sottostare a nuove leggi che improvvisamente avevano sostituito quelle di secoli, uomini che non riescono a capire che La Legge è diversa da un codice. Uomini, soprattutto.
Diverse le teorie sul banditismo in Sardegna, da una terribile forma genetica di propensione al banditismo, a quella che ci vedeva/vede come esseri quasi selvaggi incapaci di rientrare nei ranghi.

Di tutto questo non voglio sapere, perché è una ferita troppo viva ancora, difficile da osservare, ancora di più se si pensa che qualcuno possa attribuire ad un popolo connotazioni tali da risultare inferiore ad altri.
Non ora, quindi, una valutazione storica. Ma solo il pensiero sfuggente di cavalli al galoppo, che attraversano l’isola. Che venga chiamata Sardegna o Hermosa non importa. E in questa veloce corsa non posso fare a meno di pensare che i banditi che hanno popolato le pagine dei libri non sono altro che il frutto di altri banditi. Si sa che le parole, le definizioni, cambiano con il cambiare del tempo. Ogni parola acquista una sfumatura diversa, e si appropria di accezioni prima sconosciute. E allora penso a quali siano i banditi sardi di oggi e per quale motivo se ne vadano per il mondo. Non sono malviventi, non sono reietti, non hanno la legge alle calcagna. Ma certo fanno contrabbando. Certo prendono il mare, per spacciare qualcosa, e rubano, di continuo. I banditi del mediterraneo, quelli della mia parte, la Sardegna, hanno iniziato a solcare il mare da tempo.

Contrabbandano cultura, si mischiano fra gente di altre razze rubando suoni, spesso colori. Spacciano momenti di illusione, ti vendono una storia, ti incantano con una melodia. I mei banditi hanno avuto come capobanda una donna, che arrivò fino a Stoccolma, si prese il Nobel e guardò la sua terra al di là dal mare senza mai risolvere il suo conflitto. Non si nascondono i banditi della cultura. Ma forse mi sbaglio. Forse da qualcosa scappano, se sono spesso costretti o invogliati a lasciare la propria terra. Le sfuggono e vi ritornano con una sorta di reverenza guardinga. Abbiamo banditi in tutta la penisola, e qualcuno con piacere solca altri mari per distribuire parole e musica al di là dei confini. Abbiamo banditi che parlano di briganti, abbiamo banditi che parlano di avvocati che difendono banditi. E così ancora una volta le parti si invertono e non si sa bene chi sia chi.

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