Spaghetti con le vongole
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C’è proprio una gran vivacità in tutte quelle contrade mediterranee che danno luogo ai mercati del pesce. Già la si sente nell’aria del mattino e ancor prima di avvicinarsi ai banchi del pescato quella vita urlante, guizzante e colorata. E come urlano i pescivendoli pur di richiamare l’attenzione dei passanti assorti a guardare un ritratto mediterraneo di vita quotidiana , a convincere le casalinghe ancora incerte sulle compere da fare; lo scintillio argentato dei pesci che si dibattono, i repentini colpi di coda degli astici ed il sinuoso, lento frusciare dei tentacoli dei polipi, assieme agli spruzzi delle vongole che a volte sorprendono i più distratti, sono solo una parte dello spettacolo variopinto che si svolge tra bagni di folla sotto tendaggi a strisce, tra mura imbiancate, vasche e cassette che, in una vivida coreografia, incornicia tutti i colori del pescato e uno spaccato sociale che appartiene a tutti i popoli che al Mediterraneo si affacciano.

E gli odori poi: salinità e alghe in tutte le sfumature nei prodotti ittici e persino quelle note olfattive dolci, quasi vanigliate che Sole e salsedine conferiscono ai legni delle piccoli imbarcazioni, sono chiamate in causa, d’altronde non è soltanto l’odore del cibo in sé che riesce a contestualizzare un’atmosfera carica della vita stessa che ruota intorno alla gastronomia e ai ricordi che vengono evocati: chiudendo gli occhi si possono associare tutte queste sensazioni, anche visive, alla propria personale cucina di mare, arricchendola di amore, fantasia e unicità.

Per cimentarsi a cucinare il pesce occorre osservare con attenzione le caratteristiche che ne attestano la freschezza prima dell’acquisto: occhi neri, convessi e brillanti, pelle umida e lucida, carni sode ed elastiche con squame ben aderenti e profumo di mare e di alga sono gli indizi che bisogna cogliere nell’immediato; in seguito branchie rosse, umide e prive di secrezioni, carni bianche aderenti alla lisca e interiora dal color rosso vivo elimineranno ogni sospetto.

Sincerati della genuinità e freschezza del prodotto non occorre altro che la perizia nel ripulirlo e adeguarlo alla preparazione o cottura come si conviene; certo questo potrebbe risultare difficile o noioso per alcuni, ma non ci si lasci soverchiare da certi dettagli: la manipolazione aiuta molto ad acquisire dimestichezza coi prodotti ittici e abilità e poi basta pensare a come i pescatori, cavalcioni sulle frisate delle barche, intrecciano tempo e pazienza con sarcendo le reti che in seguito dovranno tirare, oppure alla soddisfazione di mostrare lo spettacolo culinario che si è realizzato, ne varrà certo la pena per gioia salute ed il gusto. E poi c’è sempre un tavolo libero nel proprio ristorante di fiducia, dove ad attendere ci sarà un delizioso e stagionale menu di mare e la compagnia che più aggrada.

A proposito di compagnia, la migliore, in luogo di abbinamento con la cucina di mare, è senza ombra di dubbio il vino, anche quando si tratta di sfumare; non c’è niente di meglio di un buon calice di vino per esaltare le pietanze a base di pesce, crostacei e molluschi.
Le proprietà di questi alimenti dalle nobili e salubri proteine variano a seconda del grado di aromaticità e sapidità, che possono essere naturali o indotte da preparazione o tipo di conservazione, dalla grassezza più tangibile a quella più delicata, dalla consistenza delle carni più tenere e delicate a quelle più coriacee.

Ma generalmente comune a tutte le tipologie di pescato è la tendenza dolce a percepirsi su tutte. E non parliamo certo di bottarga di tonno, muggine o pesce spada e, tantomeno, della colatura di alici di Cetara, prodotti nobilissimi che evidenziano note di sapidità.
Pertanto l’abbinamento del vino terrà conto di queste differenze e sfumature accordandosi o contrapponendosi con esse e alle ulteriori proprietà organolettiche che scaturiranno dalle tecniche culinarie adottate. Tecniche che influenzano moltissimo l’abbinamento cibo-vino. In una miriade di combinazioni olfattive, gustative e tattili l’elezione del vino più indicato dipende dal fatto che il pesce venga consumato crudo o marinato, bollito, al cartoccio o al sale, al forno, gratinato o alla griglia, fritto, in umido, alla mugnaia, al carpione e ancora, all’inzimino ed essiccato per salagione o fumigazione.

E con una gamma così ampia di sapori, combinazioni e tradizioni gastronomiche come non provare a degustare vini di tutti i colori, provenienza e grado di effervescenza?
A piatti delicati come i crostacei e i molluschi, soprattutto se consumati crudi, andrebbero abbinati vini con buona acidità, giovani o con media struttura. Tale abbinamento, valido anche per tartare di tonno, potrebbe contemplare giovani bollicine di Franciacorta, un Biancolella oppure un Gavi; cambia l’equazione se irrorassimo degli scampi crudi con del succo di lime, a patto che lo si faccia con parsimonia: un morbido Petit Arvine valdostano di buona persistenza potrebbe trovare la sua degna collocazione in questo “maridaje” tanto quanto un agrumato Sauvignon o un bianco riojano con passaggio in barrique; se coi pesci in carpione non si eccedesse troppo con l’aceto un bianco dei Colli di Luni potrebbe relegare piacevolezza al palato. E con una terrina di salmone? Magari un Montepulciano d’Abruzzo cerasuolo oppure un rosato a base di uve mencìa. E sull’anguilla in umido l’effervescenza di un buon Lambrusco è un must.

E visto che siamo pur sempre in Mediterraneo perché non citare le tradizioni culinarie che sono nate lungo le sue sponde? In Spagna il nasello “costa brava” e la paella “real” alla valenciana sono delle ottime espressioni della cucina di mare e lasciano spazio a diverse scuole di pensiero sugli abbinamenti, a patto che lo si faccia ragionando esclusivamente con le proprie papille gustative. La zuppa di pesce a base di zafferano chiamata “zarzuela” potrebbe trovare degna compagnia sia un vino a base di uve Verdejo che di Albariño, oppure un tirrenico Sauvignon Blanc.

La cucina del sud della Francia è molto influenzata dalla tradizione mediterranea italiana ( in effetti la cucina francese lo è dal 1533, grazie a Caterina de’ Medici) ma particolarmente interessante potrebbe risultare l’abbinamento del vino sulla sogliola alla normanna e sull’aragosta “à l’armoricaine”: un Cremànt d’Alsazia metterebbe tutti d’accordo ma anche le bollicine classiche del Trentino darebbero ottimi risultati.

Anche la cucina greca premia i prodotti ittici con diverse preparazioni che spaziano dalle grigliate ai bolliti; da assaggiare il “maridaki”, un piatto a base di bianchetti, e la minestra greca di pesce, piatti gustosi che possono essere abbinati al più noto tra i vini greci: il “Retsina”, a patto che non sia la versione propinata ai turisti! Bianco o rosato che sia questo vino ha la peculiarità di essere aromatizzato aggiungendo resina di pino di Aleppo al mosto. Potrebbe sorprendere al palato la sua versione rosata in connubio con polpette di salmone e patate in odor di rosmarino.

In Turchia il kebab è diffusissimo e non manca certo la versione ittica: il “balik iskender”; questa cucina contempla anche le “meze” di pesce, il filetto di pesce crosta di pistacchioe zafferano e il “balik dolma”, uno stufato di pesce generalmente fatto col branzino, le patate, i pomodori, l’aglio e le cipolle. C’è qualcosa che suggerisce, per quest’ultimo, un vino con buon apporto alcolico e un lieve tocco tannico per vincere la succulenza che abbia una buona persistenza o magari soffermarsi sull’abbinamento col bianco, uno Chardonnay siciliano barricato.

Israele, Palestina e Libano condividono la consuetudine di condire i tranci di tonno, salmone e merluzzo con lo “za’atar”, una miscela di spezie fatta con timo, semi di sesamo e “sumac” ( simile alla paprika e dal sentore citrico), una battaglia che l’intensità agrumata di un brut di Erbaluce di Caluso potrebbe forse vincere. Famosissimo il “torly” egiziano, un filetto di cernia fritto su un letto di verdure e poi ripassato al forno ed altri preparati accompagnati da verdure e “hummus”. Anche se il mondo arabo con concede tantissimo spazio per il pesce nella sua cucina è doveroso citare lo stufato di pesce magrebino al curcuma cucinato nel “tajne”, il tradizionale contenitore di terracotta in forma conica. Difficili abbinamenti per via del curcuma, del curry e del cumino a causa della persistenza delle spezie su tutto e per l’aggiunta di succo di limone anche sul couscous a base di pesce, ma senz’altro una buona opportunità per assaggiare il nuovo e fare amicizia con la realtà vitivinicola di Meknes.

E viva l’Italia! L’Italia coi suoi ben 8000 km di costa e la sua tradizione gastronomica ricchissima di ricette di mare, impossibili da raccontare se non in un’opera enciclopedica! E anche gli abbinamenti sono innumerevoli sia per il numero di succulenti pietanze della tradizione classica e moderna che per la vasta ampelografia e la varietà dei vini.
Aromaticità e spezie in accordo con le caratteristiche dei vini, la tendenza dolce del pescato per contrapposizione abbinata alla mineralità della beva, la grassezza delle carni da debellare con l’acidità e, se occorresse, con l’effervescenza ma anche la voglia di sperimentare, l’apertura al confronto di nuovi sapori: un aspic di gamberi al Riesling è un classico, un’insalatina di seppie al mango associata a un Gewurztramier potrebbe essere un sobrio e motivato abbinamento rapportato a un piatto moderno e dal tocco esotico.

Territorialissimo l’abbinamento tra triglie alla ligure e Pigato, ma qualcuno si offenderebbe se gli proponessero un Collio Friulano? Locorotondo, Muller Thurgau e Fiano del Cilento vanno a nozze con le più svariate preparazioni ai frutti di mare, se la mano non ci va pesante con spezie e aromi. Un carpaccio di pescespada all’arancia accompagnato da un buon Nuragus? Certo. Ma persino azzardare un Coste di Sesia sul pescespada alla catanese potrebbe convincere i più accaniti sostenitori del vino bianco; sarde e beccafico e toast di gamberi e sesamo, piuttosto che le pappardelle al ragù di branzino, per quanto di strutture diverse, potrebbero fare felice il palato di chi volesse abbinarvi dei rossi non maturi ma dal tannino delicato come il Rosso Conero. E con un robusto cacciucco alla livornese invece?

Troppo importante un Rosso di Borgogna o un Rosso riserva della Val di Cornia? Con la pasta al sugo e il tonno un Nero d’Avola per favore e un più delicato Cerasuolo di Vittoria per sposare i maccheroncelli al tonno, pachino e capperi, grazie! Mai provata una grigliata di pesce azzurro col Sangiovese di Romagna? D’accordo, se insistete col bianco pur certo esiste il Torbato, buonissimo tanto quanto altri bianchi italici vini.

E tornando ai bianchi sembra doveroso annaffiare sia il baccalà al forno con peperoni e scalogno che la pasta con fagioli e cozze con un buon Greco di Tufo. In un continuo gioco della ricerca dell’abbinamento armonico non bisogna avere dogmi da seguire, paura o pregiudizio nell’asaggiare, perché assaggiare significa anche conoscere e riconoscersi in un unica grande civiltà mediterranea.
In un contesto enogastronomico così ricco è bello mescolare i gusti di Paesi diversi coi vini di Paesi e regioni diverse. E che siano i vini che più ci aggradano.

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