La società dei consumi
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Milano (ITALIA)

“Ogni persona che esiste deve continuamente abitare,
deve organizzare i suoi giorni e le sue notti dentro a quei
grandi oggetti, indispensabili e artificiali, che sono le
case, e dentro a queste mettere in scena le sue attività,
i desideri, i ricordi, gli strumenti, il giaciglio.”
Alessandro Mendini, da “Arredare come esistere” 1985

La sociologia dei consumi ci insegna che gli oggetti, in special modo nelle società post-industriali caratterizzate da un’estrema complessità di ruoli e relazioni, sono uno delle più importanti e diffuse forme di comunicazione del Sé e uno strumento fondamentale nella costruzione dell’identità individuale, al di là dell’uso specifico e immediato per il quale sono stati pensati e prodotti.

Le “cose” fanno dunque parte di un complesso sistema di comunicazione, un linguaggio vero e proprio parificabile a quello verbale, attraverso il quale gli individui cercano anche di dare espressione ai ruoli che ricoprono all’interno della società e al loro status sociale. Per mezzo di essi, infatti, ci si può distinguere da chi non li possiede e distanziarci da coloro che non riescono a permettersi il medesimo stile di vita e lo stesso livello di consumo. Ma non solo. Le cose, oltre ad avere una funzione di “differenziazione sociale”, sono la parte visibile della cultura di un individuo. Ovvero, grazie al loro acquisto e al loro uso le persone creano il proprio ambiente, si ancorano alla società di cui sono membri, sono in grado di dare e acquisire informazioni, stabiliscono e mantengono rapporti con gli altri.

E’ curioso pensare che oggetti inanimati riescano a farsi carico di una così complessa attività narrativa, ma questo è possibile perché essi, oltre a fornire un’informazione pratica riguardante il loro valore d’uso, sono anche in grado di produrre “senso”. E questa affermazione è ancora più vera se riferita all’arredamento, poiché la disposizione dei mobili e delle suppellettili raramente è finalizzata solo alla praticità, ma tende, invece, a creare uno scenario, un’atmosfera all’interno della quale il proprietario deve sentirsi a suo agio, deve potersi rispecchiare.

Storicamente, la trasformazione dell’abitazione privata in una potente forma espressiva viene collegata alla graduale formazione e al successivo consolidamento dell’identità della classe media. E’ nel corso del XIX secolo, infatti, che l’arredamento delle case ha assunto un importante ruolo nelle pratiche culturali e sociali attraverso le quali la media-borghesia mirava a perpetuare i propri valori e la propria posizione all’interno della società e a rendere evidente agli altri il proprio livello di prestigio culturale.

Lasciando da parte il passato e arrivando ai giorni nostri bisogna dire che nelle società industriali avanzate le persone trascorrono la maggior parte del loro tempo fuori casa, nei luoghi di lavoro e sui mezzi, pubblici o privati, con cui si spostano da casa all’ufficio e viceversa. Inoltre, anche gran parte del tempo libero che si ha a disposizione viene fruito fuori dalle pareti domestiche: nei luoghi di aggregazione e di svago, in palestre, centri sportivi, centri benessere, nelle vacanze e nei viaggi, etc.

Da questi elementi si potrebbe dedurre che oggi la casa costituisca solo un ricovero passeggero per chi vi abita e che la sua importanza nel vissuto quotidiano dell’individuo sia in netta diminuzione. Ma la realtà è totalmente diversa: essa viene “vissuta” di più e qualitativamente meglio rispetto al passato, tant’è che al suo arredamento, alla sua cura, al suo abbellimento, alla sua personalizzazione si presta una sempre maggiore attenzione. Il motivo è semplice: l’abitazione è considerata un luogo simbolico, una dimensione privilegiata per la costruzione dei significati e per la creazione del proprio Sé individuale, un luogo in cui gli attori sociali amano “mettere in scena” le proprie relazioni interpersonali e dove cercano riparo, tranquillità, confort, emozioni e stabilità.

La casa è il luogo intimo per eccellenza, il luogo del ricordo ma anche dell’immaginazione e dei pensieri al futuro, una sorta di “riserva” di certezze a cui attingere nel corso della vita di tutti i giorni. E’ lì che si possono avere i maggiori contatti con il mondo, tramite Internet e la televisione, ed è sempre lì che si può riflettere su se stessi, lontano dalla presenza distraente degli altri.
L’atto di arredare, quindi, non risponde solo ad una necessità funzionale e neppure a quella di soddisfare il bisogno di comunicare il proprio progetto esistenziale, ma è anche, e soprattutto, un modo per realizzarlo.

Le persone ideano e modellano gli spazi interni della propria abitazione, scelgono mobili, tappeti, carta da parati, luci, infissi, pavimenti, complementi d’arredo e così via, creando con tutti questi elementi un insieme che risulta al tempo stesso utile e personale.
Questi i motivi per cui col tempo l’arredamento non ha soltanto acquisito una propria indipendenza e dignità rispetto all’architettura d’interni, ma ha anche dato prova di essere un’importantissima forma espressiva, in grado di comunicare la complessità e i cambiamenti degli individui e della società di cui essi fanno parte.

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