Braudel
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Le culture del bacino del Mediterraneo sono così intimamente e profondamente connesse da non potersi dire separate e diverse in maniera definitiva. Deve essere proprio per questo che chi è nato in una delle numerose terre bagnate dal Mare di Mezzo non può fare a meno di ricercare legami. Questo vale ancora di più per i sardi, abitanti di un’isola che, essendo al centro del Mediterraneo, ha visto la presenza nel suo territorio di vari popoli che hanno contribuito a formarne la cultura e le tradizioni.

Per andare a fondo nella ricerca delle proprie origini, bisogna affidarsi alla storia e, in questo caso, ai libri che si occupano di Mediterraneo. Grande studioso di questo immenso mare è stato, nei secoli, Fernand Braudel, uno dei massimi storici del XX secolo, nato in Francia nel 1902, dove ha vissuto fino al 1985, anno della sua morte. Erede di Mark Bloch e Lucien Febvre, é stato uno dei principali esponenti della École des Annales, che studia le civiltà e i cambiamenti a lungo termine, e ha prodotto una serie sterminata di libri di storia, molti dei quali sviscerano il Mediterraneo.

Tra questi, importante è quello in cui orientò le sue ricerche su Filippo II e la Spagna, soffermandosi sul quadro geografico e la ricostruzione delle strutture economiche e commerciali del Mediterraneo: Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II (Einaudi, 1953). Se si vuole, però, un compendio che raccolga tutte le sfumature del Mare Nostrum, dove esso è raccontato quasi come un romanzo, ci si deve rivolgere a un’altra opera dell’insigne storico francese: Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni. (Bompiani, 1987). Il libro raccoglie scritti di Braudel e di un altro famoso storico, Georges Duby, oltre che saggi di noti studiosi di svariate discipline. Come spiega l’autore principale nell’Introduzione, il tentativo è stato quello di favorire “un incontro costante di passato e presente, l’ininterrotto trascorrere dall’uno all’altro, un concertato senza fine liberamente eseguito a due voci”: un dialogo che si sperava animasse l’opera.

Nel libro non solo si raccontano vicissitudini e aneddoti del Mediterraneo, ma si spiega la Storia stessa attraverso quella del Mediterraneo. Perché, aggiunge ancora l’autore nell’Introduzione: “La storia non è altro che una continua serie di interrogativi rivolti al passato in nome dei problemi e delle curiosità – nonché delle inquietudini e delle angosce – del presente che ci circonda e ci assedia. Più di ogni altro universo umano ne è prova il Mediterraneo, che ancora si racconta e si rivive senza posa. Per gusto, certo, ma anche per necessità”.

Nelle pagine che seguono ci si ritrova immersi nel Mediterraneo, che contiene non una, ma mille storie e all’interno delle quali ognuno trova, senza dubbio, la sua. Infatti, il nostro mare è “mille cose insieme. Non un paesaggio, un mare, una civiltà, ma un susseguirsi di ognuno di essi”, che offre sul proprio passato una serie di testimonianze che illuminano il presente. Così, se Braudel parla al lettore di terra, mare, alba, storia e Venezia, Filippo Coarelli e Jean Gaudemet lo portano nell’antica Roma, Maurice Aymard si sofferma sugli spazi e le migrazioni, Roger Arnaldez osa con uno scritto dal titolo “Un solo Dio”, Piergiorgio Solinas introduce il tema famiglia e, infine, Georges Duby conclude con l’eredità, sintesi dei legami che si andavano cercando. É un continuo mescolarsi di onde e colline, che sembrano quasi toccare, per come sono vicine, il deserto, che è “uno strano universo che dà sbocco alle vicende della vita nomade”, diverso, ma in continuità con la montagna dei pastori transumanti, dove “si conservano le tradizioni”, ed è bello poi arrivare alle isole, sinonimo di “attaccamento alla terra e mobilità permanente”, come Creta, dove una delle civiltà più antiche della storia ha dipinto di rosso i muri di Cnosso.

Il libro, nei suoi vari interventi, racconta come nel bacino del Mediterraneo varie civiltà, popoli e culture si sono sviluppate e mescolate l’una con l’altra fino a formare quel crocevia culturale che esso rappresenta anche oggi. Al susseguirsi armonico e ordinato degli eventi che emerge dalla lettura si contrappone per forza la realtà odierna, dove si perde il dialogo tra i popoli, che è stato invece fondamentale per disegnare i fili che hanno unito le varie sponde del nostro mare. Ed è proprio qui che il lettore deve fermarsi a pensare che le divisioni che oggi contraddistinguono il Mediterraneo sono artificiose e forzate.

Le 282 pagine sono fondamentali per scoprire la storia del Mediterraneo sotto un punto di vista nuovo, quasi psicologico.“Essere stati è una condizione per essere”, dice Braudel in apertura, ma solo alla fine del libro si capisce quanto sia vero. Quella necessità di trovare i legami tra le cose del mondo diventa così la risposta alle contraddizioni che, in varia misura, angosciano il presente.

Daniela Melis

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