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Anche quell’anno Chiara era riuscita a racimolare i soldi per un viaggio. Cascasse il mondo ma lei doveva partire. Aveva lavorato extra per mesi e se lo meritava. Trovò in breve tempo un’amica disponibile e decisero come destinazione Barcellona e i Paesi Baschi.

Chiara era già stata parecchie volte nel regno di Gaudì e Mirò, ma ci passava sempre con piacere. Lo scopo ultimo del viaggio era quello di andare alla Semana Grande, la famosa festa basca itinerante fra le città di San Sebastian e Bilbao. Ne aveva sempre sentito parlare e da anni desiderava riuscire ad andarci. Inoltre a Barcellona sarebbero state ospiti di alcuni amici di Marina, la sua compagna di viaggio.
Questi amici avevano fatto l’Erasmus, per cui erano stati a lungo ospiti della loro città. Marina li descriveva come dei ragazzi simpatici. Chiara ci credeva e poi non faceva differenza. L’importante era salire su un areo e sparire, anche se solo per dieci giorni, dalla circolazione.
La città, dopo un po’, la opprimeva, imprigionandola in una cupola grigia di pessimismo. Doveva assolutamente respirare aria pulita, liberarsi da quella stizza vitale ed immergersi nella leggerezza giocosa di conoscere una nuova cultura, di contemplare la bellezza di nuovi luoghi.

Salirono nell’aereo con una gioia incontrollata, supereccitate, come capita sempre alla partenza di un viaggio. Giunsero a Barcellona la sera e furono immediatamente accolte dagli amici di Marina che le introdussero immediatamente in casa e prepararono loro la cena.
L’atmosfera era calda ed accogliente e la casa delle due ragazze che si erano gentilmente offerte di ospitarle, davvero deliziosa.

Si trovava proprio a due passi dalle Ramblas, per cui potevano spostarsi a piedi senza difficoltà per le tipiche zone del porto vicino.
Nei giorni che seguirono videro tutto quello che in diversi viaggi in quella città non avevano mai visto e soprattutto fecero quello che non avevano mai fatto.
Furono accompagnate nei posti più tipici, videro scorci di città vecchia che non avrebbero mai immaginato, antri nascosti e insospettabili.

L’aria era frizzante e quelle persone davvero uniche. Sempre sorridenti, disponibili e soprattutto molto leggere. Chiara si sentiva davvero a suo agio dal primo momento. Finalmente poteva godere della genuinità del posto e non della fredda sensazione da turista di viverla dall’esterno.
Entrarono nei pub tipici, a suon di boccaloni di birra e musica, concerti.
E per finire la Festa Major de Gràcia che ogni anno tinge di mille colori le strade della città, con balli e canti e gente felice fino a notte fonda. Di giorno al mare, in una casa sulla costa, munita addirittura di piscina. Le due ragazze erano talmente felici che non si rendevano conto del passare dei giorni. Fu Chiara, in un momento di lucidità da quello stato di torpore, che si accorse di aver superato alla grande la data che si erano prefissate per salire al Nord e che la Semana Grande stava per finire.

Non fu semplice per Chiara convincere la sua compagna di viaggio a sconfiggere quella bradipite lasciva che l’aveva invasa, dovette persino minacciarla di partire da sola. Ma quel trucchetto funzionò, perché fecero i biglietti del treno e lasciarono malinconiche quella città magica che avrebbero comunque salutato ancora una volta prima di ripartire per casa.
Il viaggio durò una notte. Partirono la sera e all’alba furono scaricate di fronte alla lunga ed imponente spiaggia di San Sebastian, meta di tanti surfisti. La città era deserta, solo un giorno prima era invasa da folle immense e rumorose che riempivano la città decorata a festa. Quel silenzio era però interrotto dal fruscio del vento che le portò in riva a quella spiaggia a gustare la solitudine del mare e la stanchezza del viaggio accartocciate in una cuccetta sporca e striminzita.
Marina iniziò a lamentarsi per il viaggio, per la stanchezza, a rimpiangere Barcellona. “Si, vabbè, sono passate poche ore, questa minimo mi angoscia tutto il tempo.”, pensò Chiara, che preferì non rispondere e allontanarsi verso la riva, immersa fra i suoi pensieri.
Dopo qualche ora ed un panino procurato in una bottega, fu il momento di ripartire col pullman che le avrebbe portate nella città dove in quel momento si svolgeva la festa: Bilbao.

Arrivarono a metà serata nella spettacolare cittadina tagliata dal fiume e sulle cui sponde sorgeva niente popò di meno che il Guggenheim, ideato dal grande talento di F. O. Gehry. Furono quasi accecate dalle luci che il cielo luminoso rifletteva sulla sua struttura rivestita di pietra e titanio e frammezzata dal cristallo delle vetrate.
Uno spettacolo meraviglioso fra il fiume, la città ed il cielo limpido che le accolse.
Le strade erano gremite di gente festosa e, una volta scese dal pullman, cercarono velocemente l’albergo che avevano prenotato il giorno prima per poggiare le cose, farsi una doccia rigenerante e buttarsi nella mischia. Marina aveva perso quello scontento lagnante che stava esasperando Chiara e sembrava aver ripreso il buonumore dei giorni precedenti.
Si buttarono per le strade e le percorsero in lungo e in largo.
La situazione era davvero gioiosa: balli, canti ed espressioni serene e di festa.
La serata finì con una gara di fuochi artificiali che si godettero sdraiate sulla collina fra persone che conoscevano appena ma che le fecero sentire come se fossero a casa loro, una strana sensazione di leggerezza totale.
Il giorno dopo, che sarebbe stato l’ultimo della festa e della loro permanenza in quella città, decisero di visitare il famoso museo, anche se Marina sembrava poco propensa.
“Eh no, adesso ricomincia!”, pensò Chiara.
Stavolta non si sarebbe fatta angosciare, non di fronte a dei Kandinsky. Chiara propose una divisione.
Si sarebbero viste direttamente la sera in albergo per prepararsi alla grande festa della notte. E così fu. Erano previsti grandi festeggiamenti, con diversi dj sparsi per la città.

Si prepararono ed uscirono per essere invase da quella fiumana incredibile di persone di ogni tipo, razza, colore ed età.
Anche gli anziani festeggiavano e ballavano. Ce n’era un po’ per tutti. Le ragazze vennero travolte da quell’aria febbricitante di festa e si lasciarono andare fra nuove conoscenze, balli esagerati e festeggiamenti vari. Fecero amicizia con diversi gruppi di ragazzi e ragazze che li portarono nelle diverse locazioni danzanti.
Passarono le ore e piano piano la gente iniziò a scemare. La situazione della città era desolante. Le strade erano invase dalla fanghiglia e le persone rimaste erano paragonabili a degli zombi: tutti sporchi e disorientati dalla fine del chiasso. Le caviglie sporche della melma fangosa che gli infradito avevano fatto sedimentare nei piedi fino alle caviglie. Insomma… Come i sopravvissuti dopo una guerra che si alzano fra i corpi dei loro compagni morti e ringraziano tutti i santi per essere ancora vivi. In effetti di morti lì ce n’erano parecchi.
Ma gli idranti usati per ripulire la città li avrebbero risvegliati dolorosamente il giorno dopo.
In realtà sarebbero sopravvissuti, ma avrebbero riportato i danni maggiori.

Chiara infilò la mano nella borsa per cercare un fazzoletto e si accorse di non avere più il portafogli. In quel momento il mondo si spense ed un terrore lancinante la devastò. Oltre ai soldi, nel portafoglio c’erano anche i documenti. Come avrebbe fatto a tornare in patria? in quel momento pensò a tutte le soluzione, tipo imbarcarsi clandestinamente su un vagone merci che trasportava bestiame, traghettarsi dal mare e remare fino alla Sardegna.
E come avrebbero fatto a sopravvivere in quei due giorni, considerando che anche Marina aveva esaurito le sue liquidità? Quest’ultima non era molto contenta della situazione e riprese col suo disco rotto di lamentele e lagne esasperate.
Proprio nel momento in cui Chiara, ormai allo stremo di sopportazione, stava per compromettere per sempre la loro ormai incerta amicizia, si avvicinò a loro un gruppo di ragazzi di Barcellona. Anche ad uno di loro avevano rubato il borsello. Dissero che capitava spesso in quella festa.
Il detto recita “mal comune, mezzo gaudio”, ma non bastava a rassicurare Chiara, che decise comunque di affidarsi all’esperienza dei ragazzi. Li seguirono fino al commissariato e spiegarono loro di aver esaurito le loro disponibilità finanziarie.
Essi le tranquillizzarono. Avrebbero preso lo stesso treno e non le avrebbero certo lasciate morire di fame. Dopo una mezza mattinata all’ambasciata, ancora tutti luridi e senza aver dormito, riuscirono a recuperare un documento per Chiara e ripartirono per Barcellona.
I ragazzi non si smentirono. Stettero insieme per tutto il viaggio di rientro, soprattutto Chiara che era molto giù per l’incidente accadutole.

Una volta a Barcellona, riabbracciarono le ragazze che le avevano ospitate e presentarono loro i ragazzi del viaggio. Le prime decisero di ripagarli invitandoli a cena la sera.
Passarono il pomeriggio a preparare le pietanze per i gentili salvatori delle loro amiche italiane, coinvolgendole nei preparativi e facendole sentire davvero importanti.
Chiara adesso si sentiva a casa e la sera, fra una chitarra, due risate, le prelibatezze tipiche spagnole e un bicchiere di vino, dimenticò anche la terribile angoscia di trovarsi in un paese straniero senza una lira e con l’angosciante sensazione di essere stata derubata.
Quel paese improvvisamente non era straniero e quelle persone non parlavano un’altra lingua e lei sarebbe rimasta lì a farsi coccolare ancora un po’…

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