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Dal 5 settembre al 15 ottobre 2014 il Museo archeologico Nazionale di Firenze ospiterà presso gli spazi della Sala del Nicchio la Mostra curata da Franco Campus “Miti e simboli di una civiltà mediterranea: la Sardegna nuragica”.
Dopo gli importanti successi riscossi in altre prestigiose sedi della penisola, tra cui il Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma e il Teatro del Falcone presso il palazzo Reale di Genova, l’evento approda anche nel capoluogo toscano, grazie alla fattiva collaborazione fra diverse istituzioni: in primis l’Associazione Culturale Sardi in Toscana, le Soprintendenze archeologiche della Toscana e per le province di Sassari e Nuoro e i Comuni sardi di Ittireddu, Teti e Torralba che hanno finanziato interamente l’evento.

Nata quale Mostra tematica su uno degli elementi simbolici più importanti dell’ età nuragica, vale a dire la raffigurazione dello straordinario edificio di forma troncoconica che la caratterizza e da cui prende il nome, cioè il Nuraghe, il percorso espositivo è stato progressivamente implementato, fino a configurarsi quale evento su una delle più importanti civiltà del Mediterraneo occidentale.
“Ichnussa” è il termine greco, che significa “orma” o “impronta”, con cui le fonti storiche denominavano la Sardegna. E in quest’isola, al centro dei traffici tra Oriente e Occidente, si sviluppa, tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro (XVI-IX sec. a.C.) la Civiltà Nuragica, che ha impresso, più di ogni altra cultura passata, il proprio segno indelebile. Gli oltre 8000 Nuraghi censiti, che negli edifici più complessi raggiungevano anche i 25 metri di altezza, ma anche le sepolture collettive dette Tombe dei Giganti e i complessi cultuali, con pozzi o fonti sacre e templi, hanno marcato ogni lembo del territorio. Queste architetture monumentali in pietra, le più evolute ed elaborate dell’Europa occidentale, non hanno occupato solo gli orizzonti dello spazio fisico, ma hanno in qualche modo influenzato anche le dimensioni del pensiero e la percezione del tempo dei loro costruttori.
Sedi del potere politico ed economico ma anche religioso, rappresentano anche il simbolo di forza di un popolo che esercitò un ruolo di primo piano nella scena mediterranea.
Il rapporto diretto e non mediato con il mare e con le altre popolazioni di quel mercato globale che fu il Mediterraneo, permise ai Nuragici di assicurarsi un benessere diffuso e di apprendere, elaborare in modo originale e diffondere le diverse tecniche, soprattutto nel campo della metallurgia. Sono testimonianza di ciò i Bronzi a figura umana immagini di una società evoluta e variegata.

Da sottolineare che l’esposizione fiorentina costituisce solo in parte una riproposizione di quella romana e genovese, poichè l’allestimento è stato interamente rivisto in funzione degli spazi espositivi messi a disposizione dalla Soprintendenza toscana.
Suggestive ricostruzioni quasi in scala reale (tra cui quella del celebre tempio di Su Tempiesu di Orune), gigantografie di interni di nuraghi (su tutte merita di essere ricordata quella del cortile del nuraghe Santu Antine di Torralba) e copie delle celebri statue di Monte Prama, accompagneranno il visitatore in un percorso in cui verranno approfonditi gli aspetti dell’agricoltura e della metallurgia.
Accanto agli eccezionali reperti, soprattutto bronzei, provenienti dalle più importanti sedi museali della Sardegna (bronzetti figurati, navicelle, armi, modelli di nuraghe e numerosi bronzi d’uso), verranno esposti anche i materiali nuragici custoditi presso il Museo Archeologico di Firenze. Si tratta di oggetti rinvenuti in ricche tombe villanoviane ed Etrusche specie dell’Etruria mineraria (Populonia e Vetulonia), che testimoniano gli intensi rapporti fra Nuragici e popolazioni tirreniche tra il X e l’VIII sec. a.C.

Le popolazioni dell’isola delle torri vennero infatti attratte, già nel X secolo a.C., da una risorsa fondamentale, il Ferro dell’isola d’Elba e delle aree limitrofe.
E sono soprattutto i modelli di imbarcazione, le cosiddette navicelle votive (ben 5 sono state rinvenute nella sola Vetulonia!), che evocano, più di ogni altro oggetto, molteplici significati e messaggi ideologici da parte della comunità di riferimento, simboli allo stesso tempo del potere sul mare ma anche del possesso della terra.
Questi straordinari manufatti -insieme ad altre tipologie di oggetti (bottoni, pendagli, brocche in ceramica ecc), che intorno all’VIII sec. verranno rielaborate dalle popolazioni tirreniche in modo originale- lasciano ipotizzare una presenza stabile di genti di provenienza sarda in Etruria settentrionale.

Questi stretti legami tra la Sardegna e la costa tirrenica sono in qualche modo riflessi anche dalle fonti antiche, le quali narravano che Tirreno, padre fondatore del popolo etrusco, giunse dalla Lidia portando con sé la moglie Sardò, eponima dell’isola.
Tutto ciò testimonia una sorta di “passaggio di consegne” fra gli eredi degli antichi costruttori di torri e i nuovi Tyrrenoi.
Da questo momento in avanti la talassocrazia, cioè il dominio dei mari, da parte degli abitatori dell’isola dei sardi è sostituita da una nuova talassocrazia, quella degli Etruschi.

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