Share

 

Si è conclusa il 17 agosto 2013 la 66esima edizione del Festival del Film di Locarno, per il primo anno sotto la direzione artistica di Carlo Chatrian.

L’evento è stato presenziato da ospiti d’eccellenza, quale il celebre regista tedesco Werner Herzog, che oltre a presentare la sua nuova serie Death Row sul braccio della morte negli Stati Uniti ha intrattenuto la platea con una indimenticabile Master Class.

Ma questa è solo una delle tante perle custodite da questo importantissimo Festival, durante il quale sono state difatti presentate la rassegna dedicata a George Cukor, gli omaggi all’attrice Anna Karina e al regista recentemente scomparso Paolo Rocha nella sezione Histoire du Cinema(s) e naturalmente le attese opere di registi esordienti e non, costituenti il panorama cinematografico indipendente più attuale.

Il Pardo d’oro è stato quest’anno assegnato al giovane autore catalano Albert Serra per la sua opera Historia de la meva mort, raffinatamente estetica, pittorica nel suo richiamo alle tele tardo settecentesche. Il film mostra gli ultimi giorni di vita di un Casanova e di un Settecento stanco che sconfina in un Romanticismo buio, gotico, compiuto nell’incontro con un’altra celebre figura dell’immaginario collettivo: Dracula.

Tra goliardia e amore per la cultura, l’atmosfera del film coinvolge per la memorabile bellezza e l’armonia delle sue immagini. Un opera imponente, dai tratti surrealisti, i quali risiedono nel connubio azzardato tra i due celebri personaggi, metafora del passaggio storico dal Secolo dei Lumi al Romanticismo.

Il premio per la Miglior regia va invece al portoghese Joaquim Pinto per la sua opera E agora? Lembra-me, documentario autobiografico sul suo ultimo anno trascorso in balia delle cure per l’epatite C e per l’HIV, del quale è affetto. Nel corso di un anno seguiamo il suo lento logoramento, fisico e mentale, che mai sfocia nell’autocommiserazione, e tutto ciò che costituisce la sua quotidianità: i compagno Nuno, gli amati cani, i paesaggi, la campagna in cui vive, i suoi numerosi viaggi per le cure. Ma non solo. In una narrazione non lineare ma che segue spontaneamente il flusso dei suoi pensieri, Pinto si interroga frequentemente sul mondo, sulla malattia, sulla società, e si dedica a frequenti riferimenti al mondo dell’arte, della musica, del cinema. Un’opera completa, profonda, incentrata sulla sua figura e sul suo dolore, ma che assume un carattere universale in virtù della naturalezza e dell’abilità con le quali il regista media la vita.

Questi che oseremmo definire opere, non solo coraggiose ma per spettatori coraggiosi, costituiscono gli astri maggiori dell’ampia costellazione di pellicole presentate durante il festival.

Da iscrivere nella categoria dei preziosi vi sono a seguire: Pays Barbare di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi è una sublime elaborazione dei filmati di repertorio sulla colonizzazione dell’Etiopia durante il ventennio fascista; U ri Sunhi del Sud-Coreano Hong Sangsoo (Premio per la miglior regia, categoria Concorso Internazionale), storia sul complicato intreccio di relazioni tra la studentessa di cinema Sunhi, la protagonista, e tre uomini che si innamorano di lei; Costa da Morte è invece l’opera prima del cineasta emergente Lois Patiño, vincitore del Premio per la miglior regia (categoria Cineasti del Presente), documentario lirico sul territorio ostile della Galizia.

Tra le opere che invece con maggior probabilità avremo occasione di rivedere nelle sale Italiane in quanto pellicole riuscite e adatte al largo pubblico, potremmo annoverare:

Gare du nord, della francese Claire Simon, sensibile trasposizione – all’interno della stazione parigina – della complessità delle interazioni umane nel villaggio globale; Short Term 12 pellicola americana di Destin Cretton, opera ambientata in un centro di accoglienza per adolescenti a rischio (menzione speciale Concorso Internazionale, una delle pellicole più amate dal pubblico locarnese, vincitore del premio per miglior interpretazione femminile per Brie Larson); The Dirties, opera riuscitissima del giovane Matt Johnson con uno stile a metà strada tra documentario e la fiction, che vede se stesso nei panni di un giovane studente che vuole girare un film sul bullismo.

Nel complesso il Festival del Film di Locarno conferma la sua capacità di proporre opere valide, rare, tenendo in vita e dando respiro al cinema indipendente, a quel cinema che ancora conserva lo spirito della ricerca di uno sguardo nuovo, di nuovi linguaggi, ampliando i propri confini.

Leave a comment.