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Il primo trentennio del Novecento ha visto milioni di europei, tra cui tantissimi italiani, emigrare verso gli Stati Uniti. Le nascenti case discografiche americane percepirono nell’immediato l’importanza di questo potenziale mercato in continua espansione: cominciò così la registrazione di migliaia di documenti musicali per le comunità di immigrati, raccolti in specifici cataloghi denominati ethnics.
Ogni gruppo linguistico aveva il suo repertorio ed erano gli stessi immigrati a interpretare i brani che venivano poi incisi sui supporti analogici dell’epoca.

In Italia, uno dei corpus musicali più importanti appartiene a una collezione privata, l’Archivio Fugazzotto, di proprietà dell’etnomusicologa Giuliana Fugazzotto, autrice del libro Ethnic Italian Records in cui riassume gli esiti del lungo lavoro di analisi, restauro e digitalizzazione di circa tremila documenti sonori del repertorio dell’emigrazione italo-americana su dischi a 78 giri. Il volume, edito dall’Editoriale Documenta, è stato insignito del Premio Etnographica conferitogli dalla Biblioteca di Sardegna.
«Mio nonno emigrò da Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia, agli inizi del Novecento. Non era un cantante né un musicista, ma ogni settimana destinava una parte del suo salario all’acquisto di uno di questi dischi. Quando, diversi anni dopo, tornò in Italia, portò con sé pochissime cose, tra cui un centinaio di  incisioni e il grammofono» racconta Giuliana Fugazzotto. «Mi sono resa conto del valore intrinseco di questa collezione quando ho cominciato a studiare musica e a dedicarmi all’etnomusicologia.»

Il libro nasce dagli esiti di un progetto europeo di ricerca svolto all’Università di Udine-Gorizia dove è presente il laboratorio Mirage, specializzato in restauro e digitalizzazione del suono.
Il progetto, denominato POFADEAM (Preservation and On-lineFruition of the Audio Documents from the European Archives of Ethnic Music), mirava a definire le regole da porre alla base del riversamento digitale di numerosi documenti musicali per far sì che questa operazione fosse fatta nel modo migliore possibile. Lo studio e la digitalizzazione hanno riguardato tre archivi, uno portoghese, uno austriaco e uno italiano. Per il primo sono stati analizzati dei nastri di registrazione di fado; per il secondo dei cilindri di cera con incisioni di valzer e per quello italiano il repertorio dell’emigrazione italo-americana su dischi a 78 giri.
«Per quanto riguarda il mio archivio, prima della digitalizzazione è stato fatto un importante lavoro di studio per comprendere il contesto in cui era nata questa particolare produzione discografica, studio a cui ha fatto seguito l’analisi delle incisioni per comprendere quali fossero le tematiche e le tipologie musicali maggiormente rappresentate, per arrivare, infine, alla selezione dei materiali e alla loro digitalizzazione. Per la lettura del documento sonoro sono stati utilizzati strumenti dell’epoca, strumenti meccanici opportunamente modificati, ma anche strumenti ad alta tecnologia come il lettore laser e un software, messo a punto dall’ing. Sergio Canazza, che estrapola il segnale audio dalla fotografia del supporto discografico. Entrambi questi sistemi evitano l’ulteriore erosione del supporto causata da una lettura meccanica del disco. L’utilizzo di tecniche di audio alignment ha, inoltre, permesso il confronto fra diverse modalità di estrazione del segnale al fine di scorgere eventuali discrepanze di lettura prodotte dai diversi strumenti.»

È curioso osservare che, seppure i flussi migratori del primo quindicennio del Novecento riguardassero in misura considerevole anche le regioni del Nord Italia, furono quelle del Sud a scegliere come meta privilegiata gli Stati Uniti ed è per questo che il repertorio conservato nell’Archivio Fugazzotto è relativo, in via quasi esclusiva, a regioni meridionali come Sicilia e Campania.
«Questi grandi spostamenti verso gli Stati Uniti coincisero con la diffusione delle case discografiche e gli immigrati rappresentavano un bacino d’utenza appetibile, anche perché loro lì avevano un lavoro e di fatto potevano acquistare i dischi. L’aver potuto analizzare questo vasto repertorio ha, in ambito etnomusicologico, un’importanza straordinaria: ci ha permesso di retrodatare le fonti della nostra musica tradizionale di almeno trent’anni, anche perché in Italia quasi tutte le registrazioni sul campo sono iniziate negli anni Quaranta.»

Le copertine dei cataloghi per la comunità italiana rivelano, anche nell’aspetto grafico, a quale pubblico fossero destinate, esibendo spesso il tricolore o scorci tipicamente nostrani. I dischi venivano invece differenziati con etichette di colori diversi a seconda della tipologia musicale e della fama del musicista, con conseguenti variazioni di prezzo. Ma, come rivela Giuliana Fugazzotto, gli interpreti non si limitarono a eseguire i pezzi per le incisioni e ad acquistare i dischi.
«I nostri connazionali capirono presto che con i dischi si poteva costruire un business, quindi nacquero delle etichette prodotte dai suonatori stessi, come la Nofrio Record ad esempio.»

Quali generi comprende l’Archivio Fugazzotto?
«La musica strumentale, innanzitutto, con repertori tradizionali di zampogna, ciaramella, friscalettu, mandolino, ocarina, organetto. Se non fossero state fatte queste incisioni in America, non avremmo avuto modo di conservare tale repertorio. Altro filone è quello della musica per banda, perché in Italia esisteva comunque una certa cultura musicale che è stata esportata negli Stati Uniti. Poi la musica da ballo e i pezzi di virtuosismo.
La maggior parte della produzione riguarda, però, la musica vocale che comprende: la “nuova canzone” napoletana e siciliana (nuova perché la canzone napoletana, siciliana o anche in italiana, negli USA prende spunto dalla società, dalle mode, dai problemi, dai gusti del periodo in terra americana e sfocierà in un nuovo genere musicale ricco di contaminazioni); le canzoni a ballo; gli stornelli; le storie cantate (che fanno riferimento principalmente alle vite dei santi, ma che verranno declinate anche in altri modi, come nelle cosiddette “scene dal vero” e nelle “scene comiche”); le novene natalizie, importanti perché documentano l’esistenza di modalità esecutive e anche di strumenti non presenti, in quegli anni, in Italia; i sermoni; il teatro comico. Proprio attraverso quest’ultima forma nasce la lingua nuova degli immigrati, “l’americanese”, necessaria per farsi comprendere dagli altri stranieri ma anche dagli stessi italiani provenienti da regioni diverse.»

La ricerca di Giuliana Fugazzotto non è limitata all’ambito musicale. Come spiega nel volume Ethnic Italian Records, l’analisi del suo archivio ha permesso di ricostruire la vita della comunità italo-americana del primo Novecento mettendo in luce importanti aspetti socio-antropologici da cui emergono le difficoltà, i desideri, i contrasti generazionali e le differenze di genere, per certi aspetti meno marcate rispetto all’Italia del tempo. Nacquero in quel periodo, ad esempio, le prime orchestre interamente femminili (come la Boston Fadettes e la New York Ladies’ Orchestra, per citarne alcune) e le giovani donne italiane, abituate in patria a obbedire in silenzio, cominciarono a subire il fascino di quella libertà che gli era stata, fino ad allora, preclusa. I genitori, in generale, diventarono ancora più tradizionalisti, mentre i figli cominciarono a uniformarsi all’ambiente che li circondava o, quantomeno, a provarci.

Il volume Ethnic Italian Records è l’esito di un lavoro minuzioso che ha portato per la prima volta alla luce un patrimonio culturale mai indagato prima che ci permette di conoscere non solo le tipologie musicali che i nostri connazionali hanno portato con sé oltreoceano, ma anche i personaggi che di tale processo sono stati protagonisti. I quattro siciliani, Giuseppe Creatore, Santi Tafarella (che collaborò anche con Frank Sinatra), Rosina Gioiosa Trubia, forse l’unica donna italiana, in quegli anni,  ad avere un contratto come autrice ed esecutrice delle sue opere, sono solo alcuni degli artisti di cui Giuliana Fugazzotto parla nel suo libro. Ad arricchire questa piacevole e interessante disamina su tipologie musicali, opere e autori si aggiunge la spiegazione dettagliata del processo di recupero, digitalizzazione e restauro dei dischi a 78 giri, a cui conferisce ulteriore chiarezza la ricca appendice in cui vengono illustrati i metodi e i supporti di incisione, gli strumenti realizzati per la riproduzione, i materiali utilizzati per fabbricare i dischi; un viaggio completo, per certi aspetti sorprendente, nel panorama musicale italo-americano di inizio Novecento.

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