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Partire dal Sé per scoprire l’altrove
Roma, il Chiostro del Bramante dal 20 settembre del 2014 al 22 febbraio del 2015, ospiterà la Mostra dedicata all’artista olandese M. C. Escher (1898-1972).

Roma già nel 2005 ospitò l’artista ai Musei Capitolini con la Mostra “L’occhio di Escher”, un vero e proprio percorso tra misticismo e scienza.
Escher ha vissuto in un’epoca segnata da grandi scoperte; gli inizi del Novecento, rappresentano il traguardo per diversi campi scientifici, con la teoria della relatività, lo sviluppo della psicanalisi ed Escher non potè restarne in disparte, con un padre ingegnere.
Veri e propri esperimenti i suoi disegni e le sue incisioni, tra la relazione piano-spazio, i frattali, la metamorfosi, il nastro di Moebius.
Come approccia a tutto questo? Partendo da se stesso, giungendo allo spazio circostante; d’altronde Roma sembra essere particolarmente interessata a queste tematiche vista l’inaugurazione il 26 giugno alla GNAM della mostra di Marcello Morandini ed il suo spazio “vivibile”, già a Varese con il suo “Mondo in banco e nero”.
Escher affermò in una conferenza ad Alkmaar nel 1953:

“l’ideale del vero artista consiste nel produrre una riflessione cristallina di se stessa”.

Parole da confrontare con la citazione di Boris Leonidovich Pasternak:

L’arte […] è una spugna […] deve succhiare e lasciarsi impregnare […]. Deve sempre essere in mezzo agli spettatori e guardare ogni cosa con una purezza, una ricettività, una fedeltà sempre più grandi.

L’artista olandese compie diversi viaggi in Spagna, in Belgio, in Italia visita Roma, Ravello, l’Aspromonte ed in questo viaggio tra Se e ciò che lo circonda, utilizza l’occhio, l’organo fondamentale.
La sua rotondità ricorda la terra, il ciclo della creazione, un cerchio che si rigenera come l’Uroboro; i suoi Dischi di Poincarè rimandano alla sfera.
Le sue opere possono essere confrontate con artisti del passato quali il Parmigianino ed il suo ritratto allo specchio convesso, un riferimento per il suo Autoritratto del 1953; con il “Filosofo in meditazione” del 1632 (Louvre) di Rembrandt; un confronto con il cinema “Il ventre dell’architetto” diretto da Peter Greenaway nel 1987.

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