Enrico Rava
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Cagliari (ITALIA)

Un festival sempre più multiculturale e “made in Mediterraneo”

Quest’anno il festival si è avvicinato ancora di più al mondo musicale del Mare Nostrum. Musicisti, Ensemble, gruppi di artisti uniti per suonare nello stesso clima di sperimentazione e ottima tecnica, ma soprattutto un clima che unisce, che avvicina le differenze, che fa amare anche le culture più lontane. Mai come quest’anno si è avuta l’impressione che la Sardegna è “come un continente”, per la ricchezza di suoni e provenienze culturali. Dal Marocco alla Grecia, dalla Norvegia agli Stati Uniti. Europa del nord ed Europa mediterranea, unite nella e per la musica, per regalarci uno spettacolo unico. Unico nella quantità di concerti, nell’organizzazione degli stessi.

Pensando alle fatiche dell’organizzazione, EJE ha voluto dedicare l’edizione di quest’anno a Sandro Capriola, storico fondatore di Jazz in Sardegna. Per trent’anni ha contribuito a portare in Sardegna i grandi artisti mondiali nell’isola. Ad iniziare dal maggio del 1980, prima edizione del festival jazz che vide il concerto della storica Art Ensemble of Chicago. Della figura dell’uomo e dell’instancabile lavoratore si occupa con molta tenerezza Francesco Abate sulla bellissima rivista Jazzine, dove approfondisce attraverso ricordi, racconti ed interviste di chi lo ha conosciuto di persona.

L’edizione 2009 ha dedicato il premio alla carriera ad un giovane di una certa età del mondo del jazz: Enrico Rava.
Anche per chi non ascolta jazz, Rava evoca subito la certezza del nome di un grande della musica, italiana e mondiale. Un grande trombettista e compositore, un uomo che ha vissuto a fianco delle leggende del jazz mondiale: Steve Lacy, Don Cherry, Chet Baker, Gato Barbieri, che è stato il suo primo maestro, il musicista che gli ha fatto credere di potercela fare. Riceve il Premio EJE per la sua eccezionale carriera musicale: solamente cinquant’anni di musica e vita jazz.
Enrico Rava ha suonato e collaborato molte volte con Jazz in Sardegna. Sono molti i concerti memorabili, e memorabili le collaborazioni con artisti del calibro di James Taylor, Steve Lacy, Poul Motion il nostro Fresu, Don Moye, con Stefano Bollani dove addirittura lo si è visto sorridere seguendo le follie del pianista, memorabile anche il concerto con la sua ultima scoperta Gianluca Petrella.
Memorabile è stato il suo concerto di apertura del festival, ma ancora di più quello insieme alla “big band” che suonava un tributo ad un altro gigante della musica mondiale come Lester Bowie.

S’ard music

S’ard music è l’etichetta discografica nata in Sardegna e alla Sardegna da voce attraverso i suoi dischi. Elena Ledda incide con loro il suo ultimo lavoro Cantendi a Deus, presentato in anteprima al festival in un concerto nella Chiesa di San Saturnino a Cagliari, un luogo antichissimo, come antiche sono le musiche dedicate a Dio.

Della stessa etichetta il nuovo disco di Alberto Sanna, Canzoni per resistere presentato in anteprima con Francesco Abate, Giacomo Casti, Silvano Lobina, nella serata di domenica 22 novembre 2009 al Jazzino.

Ferra VS Ferra, altro disco firmato S’ard, dove i fratelli Massimo & Bebo Ferra combattono una sfida sulle note di due chitarre che incantano il pubblico nel loro concerto di venerdì 20 novembre, nello spazio “Village”. La loro musica è pienamente sarda nell’anima ma mediterranea nell’effetto, nel risultato. Si sente la tradizione isolana, i ritmi spagnoli e nord-africani, e la sala stracolma applaude il duo di famiglia. Anche il grande Paolo Fresu dedica parole molto belle ai musicisti, “la musica di Massimo e di Bebo Ferra è mediterranea come la città nella quale si sono nutriti di mare, di sole e di musica. Mediterranea come il Turriga dal colore rosso sangue e dal profumo intenso che da il titolo al brano con il quale si apre questo bellissimo cd”.

Un’altra scoperta della casa discografica è il gruppo dei Sunflower che presenta Frattale una tempesta di ritmo e bravura. La voce di Francesca Corrias è originale, viva e fresca come le sere d’estate. Jazz, acid jazz, suoni raffinati e influenze di Norah Jones, Maria Joào (meravigliosa cantante portoghese), David Linx, Ivan Segreto o Sergio Caputo, fanno del loro disco un esempio di sperimentazione mediterranea. Dove tutti i popoli si incontrano, scambiano e creano nuove strade, commerciali o musicali come in questo primo disco dei Sunflower. Da seguire e ascoltare senza dubbio alcuno!

Alcuni numeri del festival:
Sei sale, sei palchi, in una fascia oraria ininterrotta dalle 17:00 alle 02:00. Da venerdì a domenica, nel penultimo week-end di novembre si son tenuti oltre quaranta concerti con i nomi più importanti del jazz mondiale e le nuove proposte della scena emergente sarda, italiana europea, mediterranea.

Ogni spettatore, come ogni anno, ha potuto personalizzare il proprio itinerario musicale-culinario-culturale. Perchè l’European Jazz Expò, (ma sarebbe meglio chiamarlo Word Jazz Expò, vista la geografia musicale presente), è un mondo complesso, dove insieme alla musica il visitatore è spettatore di concerti, masterclass, workshop, stages, letterature, convegni, incontri, conferenze stampa con gli artisti, i media, attività espositive, proiezioni, presentazioni di libri e dischi, merchandising, showcases di case discografiche, rassegne video, mostre fotografiche, e assaggiatore delle prelibatezze che il cookstar Luigi Pomata prepara, piatti incredibili per chi si vuole concedere un momento di piacere nell’ambito dei sapori mediterranei.

Sardegna

La Sardegna è al centro del Mediterraneo: un fatto geografico ma soprattutto culturale. Siamo stati per anni ad inseguire un modello culturale ed economico che si rifaceva alla perfezione tedesca, alla libertà olandese, o alla spregiudicatezza del made in England o in USA. In realtà la Sardegna è il nord dell’Africa, e pare che lo fosse davvero migliaia di anni fa.
In questa occasione ci misuriamo con abitudini e stili di vita che riconosciamo più vicine, ma ciò non toglie che il festival si apre con generosità a tutte le eccellenze del mondo Jazz. Sia che arrivino dalla New York dei maestri o dalle fredde terre di Norvegia, sia che arrivino da Tangeri con le calde sonorità comunitarie.

Quello che stupisce piacevolmente ogni anno è che il festival diventa uno spazio pubblico. Andare ai concerti, scegliere un itinerario, mangiare o bere qualcosa non è un fatto solo privato, ma diventa sempre occasione per un incontro. Si può andare anche soli a vedere il concerto dell’artista preferito, ma non ci sente soli. Si incontrano amici e altri si aggiungono, tutti per tre giorni uniti nel piacere di stare insieme ad assistere ad un’esperienza culturale.
In questo caso io non parlerei di evento, anche se i concerti ospitano i più grandi artisti a livello mondiale. La sensazione è quella di vivere un’esperienza culturale, esperienza che vivono gli artisti stessi, che a loro volta diventano pubblico di altri spettacoli. Insomma una formula riuscita che cresce di qualità ogni anno, e che riesce a trasformare un luogo oggettivamente poco attraente in una bellissima piazza, dove si gode di un’atmosfera di calma e piacere.

Don Moye
Don Moye

I concerti

Il programma di EJE 2009 era molto ricco e variegato, usando una frase che è diventato un ossimoro quasi. Però corrisponde al vero: molti artisti provenienti dalle più diverse famiglie musicali. La scelta era enorme e purtroppo in contemporanea si è dovuto rinunciare a qualcosa… ma sembra un po’ una metafora delle esperienze nella vita: non si può fare tutto.

Racconterò i concerti a cui siamo riusciti ad assistere a partire dalla serata di venerdì, dove abbiamo scoperto una voce sicuramente “fuori dal coro”. In un Jazzino praticamente vuoto, abbiamo assistito alla performance incredibile di Chiara Canzian, una voce potente di musica rock, un concerto portato avanti con l’entusiasmo dei grandi raduni. Ha cantato alla grande, come se avesse uno stadio ad ascoltarla. Una scoperta assolutamente positiva ed intrigante come la sua canzone più famosa “Prova a dire il mio nome”, niente male davvero.

Dopo un inizio non proprio jazz, una sicurezza della scena jazz sarda, ormai un big si direbbe a San Remo. Gavino Murgia e il suo progetto Megalitico, con Michel Godard, Pietro Iodice, Luciano Biondini, non deludono e infiammano la platea. Ma la fretta di assaporare tutto ci fa scappare dopo metà concerto e cercare di ascoltare qualcosa al Village dove cominciano a suonare i fratelli Ferra. E sentirli fa pensare alla musica universale, a come il linguaggio delle chitarre completamente in armonia nell’atmosfera del festival incanta il pubblico, molto nutrito, tanto che era impossibile trovare un posto. Ferra VS Ferra, altro disco firmato S’ard.

Per finire la serata un assaggio di jazz sperimentale, di quello che rimane nelle memorie collettive, alle 23,45 il grandissimo concerto di una donna eccezionale. Marylin Mazur fa parte della storia del jazz, ne è protagonista da moltissime stagioni. E’ una percussionista, batterista, compositrice, cantante e pianista statunitense. Di origine polacca ed afro-americana, ha vissuto in Danimarca dall’età di sei anni. Dal 1975 ha collaborato come percussionista con vari gruppi e fra i musicisti con i quali ha collaborato citiamo: John Tchicai, Pierre Dørge (New Jungle Orchestra), Niels-Henning Ørsted Pedersen, Palle Mikkelborg, Arild Andersen, Eberhard Weber, Alfred Harth, Peter Kowald, Jeanne Lee, Jan Garbarek, Miles Davis e Gil Evans.
Ha riempito la grande sala del Palazzo dei congressi, pur essendo uno degli ultimi concerti. Buona musica, simpatia della persona e entusiasmo del pubblico hanno fatto del concerto una grande serata.

La giornata di sabato si apre con il fantastico concerto di Paolo Fresu, con il suo sempre più frequente compagno di palco Uri Caine, regala uno spettacolo memorabile al Jazz Expò.
Alle 21 la “mediterrania espanola” di Antonio Placer trio merita numerosi applausi nella Sala Rossa. All’aperto si ospita quasi in contemporanea il concerto della Armeria dei briganti, un gruppo di musica popolare arrangiato al contemporaneo sentire. Sinceramente forse stonavano un po’, ma sicuramente bravissimi musicisti.

Ma il concerto più bello e potente, lo spettacolo più coinvolgente forse dei tre giorni di festival è stato il concerto della Sala blu, Remembering Lester, tributo a Lester Bowie di: Joe Bowie, Antonello Salis, Gerald Brazel, Don Moye, Riccardo Lay, Enrico Rava, Mauro Ottolini and Sousaphonics. Un megapalco dove convivevano le diverse anime del jazz vivente, dall’eleganza di Rava alla divertente e bellissima esecuzione di Don Moye che si è lasciato andare a raccontare le avventure passate con Lester e ridere dei mesi passati in Giamaica a spassarsela e suonare. La dolce vita dei jazzisti allegri, si immagina New Orleans e le ballate travolgenti, quando il jazz era rivoluzione e festa. Oggi sempre meno allegro e professionale, sempre più cupo e tecnico, sempre più moderno e perfetto. A sentire Don Moye il percussionista più simpatico del festival, la musica è vita e la sua vita è necessariamente dentro e per la musica. Sono stati tutti magnifici

Per la giornata di domenica da segnalare la performance dei Sardcity, ensamble di musicisti sardi come Gavino Murgia e Massimo Ferra, accompagnati anche da Michel Godard Fabio Morgera e Luciano Biondini. Musica nuda è lo spettacolo di Petra Magoni, moglie del non meno eclettico Stefano Bollani, accompagnata da Ferruccio Spinetti, propone uno spettacolo che dimostra il suo spirito di sperimentazione, donando al pubblico prove di virtuosismo vocale e musicale non comune. Arpeggi, urla, imitazioni animalesche fanno di questo spettacolo un momento di riflessione sulla musica.

Ma per chiudere in bellezza il festival che si è affacciato al Mediterraneo più di altri anni, abbiamo assistito al concerto della Tangeri orchestra. Un gruppo che riunisce la tradizione greca, marocchina, spagnola in un progetto veramente ricco di contaminazioni e possibilità. Bellissimo concerto, bravissimi i musicisti, che hanno ringraziato di cuore il pubblico che ricambia con la speranza di poter assistere ad eventi come questo per molti, molti anni ancora!

 

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