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Carta nautica e staziografo, bussola, barografo e sestante….. sono solo alcuni degli strumenti necessari alla navigazione e che da sempre suscitano grande fantasia negli studenti che si accingono, per la prima volta, a varcare la soglia dell’Istituto Tecnico Nautico, unica sede d’istruzione pubblica deputata a conferire la conoscenza necessaria a coloro che vorrebbero intraprendere le professioni del mare.

Una grande palestra sperimentale che riesce a tenere viva la curiosità degli studenti più appassionati con la possibilità di confrontare in qualsiasi momento l’esattezza delle teorie apprese in classe sia attraverso le pratiche di laboratorio e le uscite didattiche in Mare che tramite l’osservazione del mondo reale.
Gli allievi degli istituti nautici si riconoscono subito proprio per quella straordinaria voglia di imparare e sapere che appartiene a tutti i ragazzi: sempre col naso all’insù a scrutare il cielo per classificare le nubi o per riconoscere le costellazioni, affaccendati nella costruzione di modellini di barca a vela con qualche pezzo di legno e altro materiale di fortuna raccattati chissà dove, con un gruppetto di amici a ronzare attorno alle officine per la riparazione di motori marini, osservando le grandi eliche ed il lavoro di meccanici e saldatori, oppure colti ad ascoltare i racconti dei pescatori mentre sarciscono le reti sulla banchina con la speranza che gli insegnino magari qualche nodo nuovo o gli narrino un altro aneddoto di vita marinara, ben disposti a farsi “contaminare” da un po’ di sana vecchiaia.

Il Nautico è una scelta alimentata dai sogni vissuti dai ragazzi immaginando di arrampicarsi sulle sartie per godere la pace del mare azzurro e finalmente un po’ d’aria pulita, durante le letture dei primi romanzi d’avventura e nel mentre osservano una nave partire o tornare, ma è anche la scelta che alimenta il sogno della loro avventura individuale, fatta di viaggio e scoperta, e del loro desiderio di realizzazione professionale, fiduciosi di appartenere ad un Paese tradizionalmente marinaro capace di produrre le opportunità che il mare generalmente non è avaro a concedere a quanti desiderano viverlo.

La necessità di tramandare la conoscenza dell’andar per mare è antichissima ed ha visto coinvolti specialmente i popoli mediterranei che da millenni hanno contribuito ad affinare l’architettura navale, la pratica marinaresca e l’arte della navigazione; dall’egemonia romana sul “Mare Nostrum” alla nascita delle fiorenti Repubbliche Marinare sino alla costituzione della Marina Sarda e della Marina del Regno delle Due Sicilie le cui tradizioni, prima confluite nella Regia Marina Italiana, incarnano adesso l’inestimabile lascito preservato e trasmesso dalla Marina Militare Italiana, si è assistito ad un progressivo sviluppo dell’attività mercantile e a tutta una serie d’imprese, scoperte ed invenzioni che sono tutt’ora patrimonio di sapere irrinunciabile ed inestimabile di cui il navigante continua tutt’ora a servirsi nello svolgimento delle sue mansioni e che riesce ancora, malgrado il decadimento della marineria italiana, ad infiammare i giovani cuori dei futuri capitani e degli operatori del mare, rappresentando una di quelle motivazioni che meglio rinnovano un entusiasmo ed un sentimento antico, quello dell’uomo verso il Mare, da generazioni.

Malgrado ciò, per istituire ufficialmente l’insegnamento e l’addestramento degli aspiranti marittimi, si dovette attendere il 1623, anno della fondazione del primo Istituto Nautico italiano che ebbe sede presso il Collegio di San Giuseppe a Chiaia a Napoli (anche se risulterebbero alcune attività rivolte all’insegnamento della navigazione a Piano di Sorrento già nel XIV) …..un primato di fondamentale importanza per la storia della Marineria Italiana ed europea se si considera che proprio al tempo dei grandi navigatori nessuno stato potesse ancora vantare l’istituzione di una scuola che si dedicasse esclusivamente alle discipline nautiche, lasciando che la formazione, orale o scritta, nonostante fosse impartita da uomini d’ingegno non fornisse titoli o, nella maggior parte dei casi, fosse affidata ad un lungo periodo di praticantato in mare a partire da un’età spesso prematura per la dura vita a bordo! In seguito sorsero le scuole nautiche anche a Marsiglia nel 1728 e a Le Havre poco tempo dopo, nel 1749 ne venne aperta una ad Amburgo, poi a Trieste nel 1754 e solo alla fine del ‘700 ne sorsero anche in Inghilterra.

L’Istituto Nautico partenopeo noto anche come scuola “Scipione Cosso” (dal nome del principe gesuita che lasciò in eredità, nel 1648, un’ingente somma al collegio) divenne ben presto una fucina per la formazione di ufficiali sia della Marina Mercantile che Militare, un’istituzione di prestigio frequentata prevalentemente da figli di marinai che diede impulso alla creazione di nuove scuole deputate allo scopo (Palermo, Genova, Cagliari, Nizza e Chiavari, poi Ancona, Pesaro, Rimini e Livorno); Carlo di Borbone, giunto a Napoli nel 1734, colse abbastanza in fretta l’utilità della scuola per il progresso e l’economia ed in breve tempo istituì i consolati del mare, accrebbe il primato portando a 16 il numero di istituti nautici nel regno di Napoli e ne suddivise il corso di studio in due sezioni, una dedicata alla pesca ed al piccolo cabotaggio, l’altra alla formazione dei Capitani di Lungo Corso; successivamente il ministro Bernardo Tanucci introdusse, per venire incontro alla necessità di formare le maestranze, la sezione per le costruzioni navali, dovuta all’incremento dell’attività cantieristica nelle aree di Castellammare di Stabia, Torre del Greco ed Ischia i cui Maestri d’Ascia erano già molto rinomati.

L’ “Editto di Marina e di Navigazione Toscana” del 1748 rappresentò altresì un esempio di Codice della Navigazione in cui venivano fissate non solo le istruzioni per arrivo, partenza e sicurezza della nave, la tenuta dei registri di bordo, dei documenti di carico e dei passeggeri ma anche le competenze specifiche per le figure professionali di comandante, commissario di bordo e armatore, le modalità di raccolta dei dati idrografici e l’obbligo di imbarcare i mozzi a garanzia della formazione degli equipaggi e del loro ricambio generazionale….dopo due anni e per mancanza di scuole nautiche sul suo territorio il Granduca di Toscana Francesco II dispose che a bordo delle sue navi imbarcassero anche maestri di matematica e nautica coll’onere di istruire i “Cavalieri Carovanisti dell’Ordine di Santo Stefano” (sezione dell’Ordine nata per contrastare le scorrerie di pirati e corsari nel Mediterraneo) e che le lezioni, presenziate dal comandante, fossero di giovamento anche al medesimo ed ai suoi ufficiali…..il personale docente imbarcato venne reclutato nel Regno di Napoli dallo stesso John Francis Edward Acton, allora comandante della flotta toscana, per educare i marittimi al passaggio tra le obsolete galere ai moderni vascelli ed addestrarli di conseguenza alla loro conduzione.

Intanto, spinto dallo stesso Tanucci a seguire l’esempio spagnolo del 1759 Ferdinando IV, nel novembre del 1767, espulse i gesuiti da Napoli e dalla Sicilia e, confiscati i beni dell’ordine, la scuola nautica passò all’amministrazione del governo regio in un periodo in cui gli studenti più meritevoli venivano addestrati all’arte del pilotaggio in corsi di studio speciali che le valsero il nome di “Collegio dei Pilotini” sino al 1865.

Nonostante la storica difficoltà dell’Italia scaturente dal perenne divario tra conservatorismo e sincera volontà di rinnovamento (lo dimostra quanto sia stato difficile alla fine dell’800 per la nostra marineria adeguarsi all’avvento dei piroscafi rispetto alle altre flotte, per quanto culturalmente avanti nell’insegnamento di almeno un secolo) e dalla miope burocrazia di trasferire la scuola nautica, dall’unità d’Italia al ’29 (coincidente di per contro al periodo di massima espansione della flotta mercantile), dalle dipendenze del Ministero della Marina da Guerra, al Ministero della Pubblica Istruzione e poi al Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio per approdare nuovamente al Ministero della Marina e di nuovo a quello della Pubblica Istruzione, tutti gli Istituti Nautici italiani hanno sempre saputo tener fede al compito di forgiare uomini di grande spessore morale e professionale in grado di adempiere ai loro doveri sia in Mare che nella società civile sino ad oggi.

Il 65% del traffico merci italiano destinato al mercato internazionale avviene per vie marittime ed altrettanto accade per il 20% destinato al commercio interno (secondo solo al trasporto stradale), innescando i meccanismi del trasporto “intermodale”; i trasporti marittimi italiani movimentano ben 340 milioni di tonnellate di merce e 38 milioni di passeggeri ogni anno e francamente si fa fatica a pensare, come affermano i dati ufficiali, che tutto questo incida sul p.i.l. soltanto del 2,6% (tasse di ancoraggio e di ormeggio, bolle, sdoganamento delle merci e dichiarazioni di reddito delle compagnie di armamento) e risulta altrettanto difficile che un paese con circa 8000 km di coste dia un contributo così misero all’occupazione impiegando soltanto 300.000 unità tra operatori portuali, agenti e raccomandatari marittimi ed equipaggi operanti nel commerciale e nella Marina da Diporto (per quanto di questi ultimi occorrerebbe avviare un censimento che stabilisca i numeri reali degli iscritti alla “Gente di Mare” grazie al quale rendicontare disagi e malesseri sofferti dalla categoria dei marittimi al corpo delle capitanerie di porto ed ai sindacati che sembrano non esserne al corrente)!

Attualmente gli Istituti Tecnici Nautici in Italia costituiscono per moltissime città rivierasche sparse sulla penisola non solo un polo didattico-formativo ma un vero e proprio riferimento culturale per intere comunità e l’unica concreta speranza per i giovani di poter lavorare; gli Istituti Tecnici Nautici in Italia sono 45 e vedono la loro massima concentrazione in Sicilia, Campania e Sardegna, a cui seguono Liguria, la Puglia e la Toscana in egual misura, le Marche ed il Lazio, la Calabria, ed infine il Veneto, l’Abruzzo ed il Molise con un solo istituto per regione.

Gli I.T.N. includono anche le sedi ed i distaccamenti degli I.P.A.M., Istituti Professionali per le Attività Marinare, (conducenti ai diplomi di “Tecnico delle Industrie Elettriche/ delle Industrie Elettroniche”, e al diploma quadriennale di “Tecnico delle Industrie Meccaniche” e “Tecnico del mare” per l’I.P.S.I.A.M. ed ai diplomi di “Tecnico della Gestione Aziendale” e “Tecnico dei Servizi Turistici” per l’I.P.S.C.T. e relative qualifiche triennali da “Operatore” nei rispettivi campi), che iniziarono le attività durante il secondo dopoguerra su r.d.l. 21 settembre 1938 n° 2038, e tre Istituti Aeronautici che perseguono la formazione della “Gente dell’Aria” attraverso il “programma Alfa” erogante il titolo di “Assistente alla Navigazione Aerea” ed il diploma in “Navigazione Aerea” (essi sono gli I.T.N. “Tomaso di Savoia Duca di Genova” di Trieste, “Euclide” di Bari e “Carnaro” di Brindisi).

Con ordinamento d.p.r. 30 settembre 1961 n° 1222, praticato di fatto e mai andato in vigore, l’insegnamento della scuola nautica era mirato alla formazione di “Aspirante Capitano di Lungo Corso su Navi Mercantili”, destinato alla sezione di Coperta, “Aspiranti Direttori di Macchina su Navi Mercantili” destinato alla sezione di Macchina e “Costruttore Navale” per le attività di cantiere, che una volta entrati in vigore il progetto “Orione” nel 1982 (attuato presso gli I.T.N. “Artiglio” di Viareggio e “Nino Bixio” di Piano di Sorrento) ed il maggiormente diffuso “Nautilus” nel 1991 sono diventati “Perito per i Trasporti Marittimi”, “Perito per le Apparecchiature e gli Impianti Marini” e “Perito per le Costruzioni Navali” lasciando di fatto inalterato l’iter professionale previsto sia per i futuri ufficiali che per i futuri costruttori.

Purtroppo durante il passaggio di dicitura (che in Italia i spesso politici traducono con “riforma”) il vecchio problema che vedeva tali titoli non riconosciuti ai fini dell’iscrizione all’Albo dei Periti Industriali, nonostante la preparazione dei diplomati nautici ne desse diritto ed il progetto ministeriale lo prevedesse già, non è stato mai risolto! Pertanto non solo ai diplomati nautici viene negato l’accesso all’esercizio della libera professione di “Perito Industriale”ma si vedono pure negare la reale opportunità che i programmi “Orione” e “Nautilus”, nati sperimentali e restati tali, dovevano effettivamente offrire a loro beneficio……essi infatti vennero avviati presso gli I.T.N. in adeguamento alla normativa internazionale che disciplina tutt’oggi le competenze che il personale marittimo deve possedere per accedere alla relativa carriera e all’addestramento cui è tenuto a sottoporsi anche a bordo in ragione del ruolo, ossia alla S.T.CW.S. ’78 (“Standard of Training, Certification and Watchkeeping for Seafarers”); questa normativa venne enunciata a causa di una maturata consapevolezza che la principale causa degli abbordi in mare fosse l’errore umano (mai l’affaticamento cui la categoria tutta è affetta e che, a ragion veduta, è classificata usurante), spesso dovuto all’incompetenza e alla scarsa preparazione professionale e stabilì che ciascun marittimo dovesse espletare dei corsi professionali obbligatori per poter imbarcare. In realtà il sistema scolastico ed il ministero della pubblica istruzione hanno sì implementato attraverso i programmi sperimentali anche la conoscenza che è alla base delle materie trattate durante i corsi per marittimi ma non hanno mai attrezzato tutti i laboratori e le aule didattiche degli istituti nautici d’Italia con le apparecchiature ed i simulatori necessari, favorendone solo alcuni …… . e questo a dimostrazione che in Italia nulla è più definitivo dei progetti sperimentali, delle norme provvisorie e dello stato transitorio delle cose!

Un punto chiave del progetto “Nautilus” è quello di mantenere separati gli indirizzi “Capitani” e “Capitani di Macchina” mentre resta un dato di fatto la tendenza dei paesi particolarmente proiettati verso l’innovazione tecnologica di propendere per sistemi scolastici che formino figure professionali polivalenti; purtroppo la pubblica istruzione italiana riesce a creare confusione e paradosso persino ove un minimo ordine razionale è riuscito a preservare un orientamento chiaro per l’insegnamento e la formazione riportando invece sullo stesso piano giuridico il diploma di “Tecnico del Mare” sia al diploma di “P.T.M.” che al diploma di “P.A.I.M.” , rendendolo equivalente ad essi e spendibile alla maturazione dei titoli marittimi conseguibili al pari loro….. infatti il diploma di “Tecnico del Mare” accoglie appena 10 materie nel triennio scolastico, per la qualifica di “Operatore del Mare”, alle quali ne verranno aggiunte altre due nel biennio conclusivo, mentre per diventare “Capitani” o “Capitani di Macchina” occorrerà studiarne 25 per tutto il quinquennio.

In realtà l’esperienza in Mare ha sempre insegnato tutt’altro: “nella misura in cui progredisce la tecnologia diminuisce il valore personale dell’uomo”.
La conoscenza della navigazione è un campo così vasto che “enciclopedismo”, “enunciazione dei principi”, “laboratorio didattico”/ “uscite in mare”, “innovazione” e “concretezza d’obiettivo” restano tutte componenti necessarie alla formazione del navigante e devono rappresentare un chiaro asse culturale di riferimento, asse decisamente sovvertito dall’incapacità della pubblica istruzione che ha reso equipollenti (e “costringe” ad un regime di concorrenza) due diverse tipologie di indirizzi scolastici quando in realtà si sarebbe potuta limitare, per così dire, la competenza acquisita tramite il diploma di “Tecnico del Mare” ai settori della “gestione e manutenzione degli impianti di acquacoltura”, “la conservazione e commercializzazione degli organismi acquatici”, “l’ottimizzazione delle tecniche di pesca nel rispetto del Codice per la Pesca Responsabile”, destinandolo allo sbocco professionale rivolto alla gestione della navigazione, alla conduzione di impianti e motori marini, al solo conseguimento dei titoli marittimi di “Padrone Marittimo” e “Meccanico Navale” ed indirizzarli esclusivamente alla Navigazione da Diporto e alla Marina da Pesca piuttosto che a quella commerciale, senza necessità di rendere “ibrido” e antagonista un diploma rispetto a profili scolastici già saggiamente delineati.

Inoltre la riforma Gelmini ha probabilmente innalzato i rischi derivanti dal d.p.r. n° 275/1999 in materia di flessibilità del piano di studio portando la quota di ore totali di attività didattica dal 15% (passata al 20% nel 2006) sino al 30% senza però creare quegli aspetti normativi, fondati su analisi scientifiche, obiettivi e metodologie che tenessero conto della peculiarità di ogni singolo indirizzo scolastico a vocazione nautica, della partecipazione associativa degli enti di categoria con la scuola, dell’avvicinamento delle industrie e delle compagnie di settore verso gli studenti e dell’integrazione stessa che ogni singolo istituto ha nel tessuto sociale e nel territorio in cui è ubicato, portando alle conseguenze di una libera interpretazione di tale flessibilità che già in passato ha condotto alla banalizzazione stessa del piano di studi (esempio eclatante la decisione di tre licei toscani di interpretare, tempo addietro, il decreto sacrificando una parte cospicua delle ore di matematica in favore di quelle di educazione fisica senza alterare il titolo e fornendo comunque la maturità scientifica)…..la decisione di ridurre le ore di studio settimanali, le ore di laboratorio ed i tirocini esterni purtroppo non costituisce più un rischio ma quell’amara certezza ormai attuata ai danni della cultura in nome dell’allacciamento della scuola italiana agli standard europei, standard minori rispetto alla capacità formativa di un sistema scolastico che non esiste più, soppiantato da uno più approssimativo e che fa acqua da tutte le parti, come se vi fosse una precisa e subdola volontà di annichilire la libera conoscenza, la diffusione del sapere e di conseguenza l’autonomia dell’individuo.

Inerzia, incapacità e approssimazione

Lo scippo di ore di lezione, laboratorio e uscite in mare è il miglior tentativo per trasformare una scuola seria in una scuola “mordi e fuggi”, la miglior maniera per mortificare proprio la naturale vocazione del Nautico di essere la palestra sperimentale- educativa che è sempre stata, arrivando ad offendere la conoscenza stessa che per secoli è stata impartita attraverso di esso ed ha consentito agli studenti di diventare artefici del proprio destino ottenendo un diploma completo e definitivo e che tale è restato malgrado quello che si vuol far credere: Infatti gli studenti anche oggi di null’altro hanno bisogno se non di mettere in pratica la teoria acquisita durante il quinquennio all’I.T.N. durante i mesi di navigazione da allievo ufficiale di coperta e di macchina, previa iscrizione nelle matricole della “Gente di Mare” presso la Capitaneria di Porto di pertinenza territoriale, il superamento della visita biennale, il conseguimento dei corsi professionali ed il superamento degli esami rivolti ad ottenere i titoli professionali marittimi presso le direzioni marittime dipartimentali ….. ma si vuole far credere loro il contrario perché si preferisce vendere quelle stesse offerte formative che stanno sottraendo fondi e reputazione agli Istituti Nautici e che gli stessi progetti “Orione” e “Nautilus”, mediante la lungimirante volontà di provvedere alla frequentazione dei corsi e degli attestati derivanti, avrebbero potuto conferire durante il periodo scolastico! Stiamo parlando delle sedi formative a pagamento deputate ad organizzare proprio quei corsi di addestramento obbligatori e moltiplicatesi immediatamente dopo il 1999, ultimo anno in cui la spesa per i corsi S.T.C.W.S. ’78/’95 era ancora a carico del governo o degli armatori e non dei marittimi! Altro esempio lampante è la fondazione di un accademia del mare a Genova nel 2005 che non solo depaupera l’Istituto Tecnico Nautico del suo prestigio, quasi a voler creare una sorta di frattura tra studenti di “serie A” e di “serie B”, ma persino di quei fondi utili al reale ammodernamento di tutto il sistema scolastico di questo settore e a far conseguire quei benedetti corsi obbligatori agli studenti al conseguimento del diploma nautico! Ecco come la scusa di voler conferire ai giovani “l’accesso alle forme più alte del sapere” mascheri in Italia il tentativo più accattone e subdolo di voler conseguire finalità dettate esclusivamente dagli interessi privati di Confitarma ( Confederazione Italiana Armatori)e R.I.NA. (Registro Italiano Navale), che con l’appoggio della stessa Accademia della Marina Mercantile, il supporto del comitato scientifico dell’ I.P.SE.MA. (Istituto di previdenza per il Settore Marittimo….. che ha passato intanto la “patata bollente delle pratiche di malattia dei Naviganti all’ I.N.A.I.L.), il plauso del Corpo delle Capitanerie di Porto, la connivenza di questi governanti ed i soldi dei cittadini italiani hanno fondato la Italian Maritime Academy a Manila, vivaio per la formazione di marittimi filippini da impiegarsi a bordo delle loro navi!

Sensali e porci!

Disonestà e opportunismo allo stato puro, attentato allo sviluppo economico e sociale dell’Italia, furto aggravato del futuro agli odierni marittimi e agli studenti nautici ed infrazione premeditata, continuata e perpetrata dell’articolo 318 del Codice della Navigazione comma 1 e 2 (Nazionalità dei Componenti l’Equipaggio su navi battenti bandiera italiana) grazie al registro internazionale e col totale appoggio dei sindacati!
In un tale contesto la comunità europea ed il governo italiano, con l’arte della demagogia e del non fare, inducono a credere che si stiano facendo progressi in tema di politica marittima integrata, collaborando persino con quei loschi individui istituzionalizzati che illudono promettendo un’ulteriore formazione possa sortire occupazione agli aspiranti marittimi italiani mentre in realtà allevano proprio quegli equipaggi extracomunitari concorrenti che gliela sottrarranno, come già avviene da tempo; ci si chiede quanto collusa sia la pubblica istruzione che certo coadiuva questo sistema facendo credere che l’unica alternativa possibile sia l’università o “migliori” ed approfondite offerte formative, create “ad hoc” per rimandare il problema della disoccupazione giovanile post-diploma e ricominciare a porselo magari tra altri due, tre o cinque anni di studio e, soprattutto, di tasse scolastiche pagate….. come fossero “allungatoie”, o meglio, “rotonde” per il traffico del bestiame del precariato e dell’inoccupazione, quando in realtà l’Istituto Nautico, come altre scuole professionali, ha già assolto al suo compito di preparare gli studenti all’ingresso nel mondo del lavoro!

A cosa serve dunque una scuola se non aiuta ad orientarsi, se non insegna a non perdersi nel mondo della globalizzazione, se non educa i cittadini ai diritti, ai doveri e alle pari opportunità ? A cosa dovrebbe anelare l’istruzione se non a tessere l’identità nazionale e ad andarne fieri? Non dovrebbe forse l’insegnamento aiutare a ricercare e raccogliere tutte le occasioni che la vita è capace di offrire? Non dovrebbe pertanto ammonire responsabilmente le stesse istituzioni al dovere di essere da esempio concreto nella vita reale e a creare proprio quelle possibilità lavorative a cui essa prepara severamente e che ogni studente si sforza di meritare per un intero ciclo scolastico senza essere disatteso una volta conseguita la maturità? Immediatamente dopo la famiglia la scuola dovrebbe essere il primo strumento a stimolare nella persona spirito critico e libero pensiero, non certo pregiudizio, egoismo e superficialità! Una scuola dovrebbe esaltare l’individualità di ciascuno e proiettarlo verso sane aspirazioni e al confronto delle sue passioni con le passioni e le idee della comunità di cui si deve sentir parte come uomo prim’ancora che come una mera unità lavorativa o come un precario in questo dannato limbo!

Eppure la Marineria Italiana non si ferma dinanzi al disagio e all’handicap che le istituzioni vergognosamente procurano danneggiando sistematicamente la categoria. Sono ancora tante le compagnie estere che riconoscono al marittimo italiano quel valore e quella professionalità indispensabili a bordo di una nave e molti sono i piccoli e grandi miracoli, i gesti di coraggio che i naviganti compiono ogni giorno solcando i Mari, evitando sciagure, dicendo “no” ai meschini inchini e allo sversamento dei rifiuti in Mare, fregandosene di qualsiasi becera politica aziendale e del rischio di perdere il “posto”! Obbedire alla Legge del Mare, fatta da regole, preparazione e giudizio ma anche da un vero e proprio codice interiore e d’umanità, è un richiamo così irresistibile per il marittimo da farlo sentire in dovere di contravvenire ad ogni ordine meschino ed errato pur di adempiere al suo ruolo onestamente,tendere la mano ed issare a bordo ogni sventurato naufrago gli capiti a tiro senza badarne la nazionalità.

Con nodi, pensieri d’ogni sorta e la commozione che si slega ad ogni abbraccio di padre, sposo, fratello o figlio la Gente di Mare continua a ripartire, nonostante tutto, salutando nostalgicamente gli affetti e la terraferma, disposti ad affrontare il Mare, le privazioni e le emergenze in Sala Macchine sacrificandosi per mesi pur di portare il pane a casa; la Marineria Italiana è dunque fatta di persone per bene e tenaci, Donne e Uomini coraggiosi che danno il meglio di sé sia che si tratti di affrontare le asperità delle rotte commerciali che realizzare ancora oggi imprese senza tempo come quella di Best Explorer (prima barca a vela con equipaggio interamente italiano a compiere il Passaggio a Nord Ovest salpando da Tromsø il primo giugno 2012 per approdare a King Cove il 13 ottobre 2012…..circa 8.200 miglia nautiche sulla rotta di Amundsen).
Dedicato a tutti i Marittimi Italiani fieri d’esserlo e ai futuri studenti nautici che pur consci di tutto ciò vorranno ancora prendere le vie del Mare.

Qualcosa si può fare per aiutare i Marittimi vessati dalle leggi vigenti in materia di certificazioni IMO, firmare la petizione http://www.petizionepubblica.it/?pi=NoDL136

LINK CONSIGLIATI

http://www.scuolaitalia.org/istituto-nautico.html

http://www.tuttitalia.it/scuole/istituto-tecnico-nautico/

http://www.municipiossostenibles.com/admin/img_aux/doc_0838f191faf9057b0720d279dcbf734d.pdf

http://www.imaphilsinc.com/

http://www.ipsema.gov.it/salastampa/News/news404611

http://www.notizievangeliche.com/lufficiale-che-rifiuto-di-inquinare-il-mare/

http://www.federvela.it/news/best-explorer-prima-barca-italiana-nel-passaggio-nordovest

http://www.nordovestitalia.org/equipaggio.php

7 thoughts on “Della gloriosa storia dell’Istituto Nautico e delle meschine correnti avverse…

  1. Rispondo con un semplice link in cui si parla dell’accademia americana USMMA e da cui si esce con una doppia possibilità …Con la prima si entra nel settore marittimo e invece con la seconda si può arrivare a posti di prestigio nell’amministrazione statale…Non si trova lavoro sul mare o non si ha più voglia di navigare, allora ecco la seconda strada, e non una semplice seconda strada, ma una di prestigio…
    http://www.usmma.edu/about

  2. Gentile Francesco posso comprendere appieno che le vicissitudini cui sta andando in contro la Marineria italiana negli ultimi tempi inducano a credere che occorra elevare gli standard guardando magari all’Europa. Purtroppo, mi creda, guardare ad altri modelli rispetto a quello italiano non rappresenta in questo caso una elevazione ma una sistematica dequalificazione del patrimonio culturale e del ruolo formativo dell’Istituto Nautico d’Italia, una dequalificazione che sta già avendo luogo a causa del decadimento del sistema scolastico e per difendere forti interessi clientelari. Le rammento inoltre che l’istituzione degli ITN è sempre stata capace nei secoli di fornire agli armatori sia italiani che stranieri uomini capaci di assolvere alle mansioni di ufficiale e di far fronte a tutto quanto il mestiere del Mare esige. Il diploma nautico, inteso come “Aspirante Capitano di Lungo Corso” e Aspirante Direttore di Macchina” (oggi rispettivamente Perito per i Trasporti Marittimi e Perito per gli Apparati e Impianti Marittimi)è un titolo completo col quale lo studente, come avviene da sempre, anela soltanto a mettere in pratica quanto esaustivamente appreso durante i 5 anni col successivo periodo di navigazione da Allievo di Coperta/Macchina grazie al quale maturerà il diritto di presentare domanda d’esame presso i competenti Dipartimenti Marittimi per il conseguimento dei titoli di Ufficiale di Coperta/Macchina ed abilitazione al ruolo. Le faccio notare che l’utilizzo della programmazione “Nautilus” e “Orione” che avrebbe dovuto sortire il conferimento di una ulteriore preparazione allo studente particolarmente mirata alla convenzione S.T.C.W.S.’75/’98 non solo è rimasta “sperimentale in termini di legge” per quanto applicata ma non favorisce nemmeno il diplomato all’uscita dal percorso scolastico dotandolo di quegli attestasti obbligatori per poter imbarcare…..opportunità negata agli studenti e agli altri marittimi che rappresenta una fonte di guadagno cospicua per quei centri e per quegli istituti di addestramento preposti proprio a rilasciare attestati e corsi necessari per l’esercizio dell’attività marittima e che guarda caso quando i corsi sono diventati obbligatori sono spuntati come funghi su tutto il territorio nazionale quando lo stato aboliva la facoltà che tali corsi fossero a carico di sé stesso, dell’armatore o rimborsabili al navigante, cosa che in un paese democratico sarebbe dato per scontato e che qui non solo lo si nega ma, attraverso l’introduzione nuove normative rivolte a introdurre l’obbligo per nuovi corsi ed il rischio che quelli già acquisiti scadano o debbano aggiornarsi, costituisce un giro di business illecito a mio avviso e che non può far altro che fomentare la corruzione già intercorrente tra questi centri, il corpo delle capitanerie di porto, la confitarma, il ministero dei trasporti ed i sindacati tutti che non si curano di stare affossando ed estinguendo un’intera categoria! Lapalissiano dovrebbe essere il fatto che queste cosiddette accademie in merito agli interessi di questi sporchi soggetti sopra menzionati costituiscono la “ciliegina sulla torta” che stimola clientelismo e corruzione, privilegia pochi soggetti e, molto francamente, è quel pleonasmo all’insegnamento nautico che depriva poco più di 45 istituti in tutt’Italia di quei fondi necessari a fornire dai più semplici ammodernamenti alla fornitura di simulatori nei laboratori……simulatori che nei centri di addestramento e nelle “accademie”, guarda sempre caso, non mancano!!!

  3. Ancora con sti nautici? Perchè non parliamo di vere accademie del mare per ridare prestigio alla carriera marittima? E ripeto vere accademie del mare, da cui si esce con una o più lauree!

  4. Gentile sig.Enea grazie per lasciato la sua preziosa testimonianza e mi conceda di chiarire che lungi da me adottare qualsiasi forma di rimprovero nei confronti di un lettore riportandole fedelmente quanto a lei risposto:

    “Enea credo che abbia posto il commento all’argomento sbagliato però è bene che ciascuno dica la propria. Se crede può riportare i suoi commenti riferendoli a questo articolo, che tratta il divario tra tecnologia e valore personale dell’uomo: http://archivio.mediterraneaonline.eu/it/03/view.asp?id=2117 . L’articolo in alto, quello che ha commentato parla di istituto nautico, pubblica istruzione e formazione coi relativi problemi e inganni…….ci fa sicuramente piacere avere il suo punto di vista pure su quest’altro versante, grazie!!!”

    Pertanto confido vorrà convenire che non di rimprovero certo si trattasse….. Attendiamo la sua testimonianza di marittimo di un’altra epoca per comprendere meglio cosa stia accadendo oggi alla nostra categoria e quanto le cose siano cambiate da allora. E auguri per suo nipote!

  5. Sono un vecchio marittimo in pensione e per il commento che mi hai rimproverato su fb, mi ero fermato al solo titolo e premessa senza approfondire le problematiche affrontate nell’intero articolo, che ho apprezzato, specialmente nell’ultima parte “Sensali e porci” dove si denuncia la collusione fra sindacati, armatori e legislatori. E’ indubbio che la preparazione di un ufficiale non si può misurare con le ore di lezione e già ai miei tempi ( sono in pensione dal secolo scorso) si parlava per i macchinisti di “meccatronico”, in cui le conoscenze meccaniche, elettriche ed elettroniche si sarebbero dovute riunire in una sola persona esperta di condotta di motori e turbine. 5 anni di nautici di cui i soli ultimi 3 dei specializzazione non possono essere sufficienti a fare un esperto ed autosufficiente conduttore. Se ci rieco riprenderò l’ argomento, ma devo andare per esigenze di un nipote. Scusate.

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