Costantino Nivola
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“Quelli che se ne vanno, non sono quelli che si trasferiscono all’estero, ma quelli che pur restando, voltano le spalle all’ambiente che li circonda e se ne vanno con la fantasia”.

Frequentemente, la metafora del viaggio, viene utilizzata nel raccontare le vicende spesso tumultuose ed imprevedibili degli artisti. Quello di Costantino Nivola, è un percorso nel tempo, una migrazione continua e grandiosa, una costante ricerca di se. Sesto di dieci figli, Nivola nelle sue pagine autobiografiche, scrive di un’infanzia difficile, segnata dalla sofferenza e dalla fame, come tante nella Sardegna rurale di 100 anni fa.

Lasciata Orani per inseguire gli studi, numerose tappe e incontri segnano la vita dell’artista. Da Sassari a Monza dove frequenta l’istituto superiore per le industrie artistiche, l’ambiente milanese e le contaminazioni di figure come Marino Marini lasciano un’impronta indelebile. Qui per primo si confronta con l’arte applicata all’architettura, rivelatasi in seguito, una questione primaria.
Il 1936 fu l’anno in cui grazie all’aiuto di Ruth Guggenheim (divenuta sua moglie poi) ottenne l’incarico come grafico alla Olivetti. È un momento intenso questo per Nivola, non solo per le questioni legata all’arte e alla sfera intellettuale, ma difficile e profondo sulla sfera politica, Antifascista convinto, da Parigi, silenzioso, ma ricercato in Italia, Parte per gli Stati Uniti D’America. Nivola, predicava un mondo inteso come grande comunità, se pur lontano dalla Sardegna porta con se memorie e risonanze ancestrali riscontrabili nella civiltà mediterranea in cui la Sardegna è immersa.

In America nei primi anni 40 entra in contatto con artisti e intellettuali quali Gropius e Marcel Breuer e in un periodo in cui si tentava di risollevare le sorti dell’America nell’arte vide la sua comparsa Jackson Pollok. Dalle cartoline natalizie, con cui si guadagnava da vivere, viene assunto come direttore artistico della rivista Interiors, abile e arguto applica le conoscenze della scuola di Monza, conducendo un lavoro straordinario e mettendo in relazione razionalismo Milanese con il Bauhaus. Nuovi concetti dell’abitare gli spazi e la città e le preziose risorse morali presenti nel Mediterraneo si materializzano in idee geniali presenti ancora oggi in tutti i continenti.

Un incontro straordinario
Correva l’anno 1946 quando gli architetti del CIAM americano organizzano sulla 47 strada in un ristorante italiano una festa per festeggiare l’arrivo a New York del il grande maestro dell’architettura Le Corbusier. Nivola frequentava spesso quel ristorante ma fu in quell’occasione che fu invitato a presenziare.
In quell’occasione, non avendo titoli da esibire, venne presentato da Sert come Monsieur Nivola, Sardo…
Fu questo appellativo a suscitare l’immediata simpatia di Le Corbusier. Si incontrarono giorno seguente, e altri giorni ancora.

Nivola, intuisce la “Solitudine europea” che avvolge il maestro e lo invita a casa. Una casa modesta, piena di libri e riviste, una moglie, il primogenito e il profumo del cibo nel forno.
Fu quest’accoglienza spontanea, intima e modesta l’inizio di un legame profondo e insolito rovescio delle parti. Oltre l’arte, da quel momento egli diviene il referente personale di Le Corbusier sino al 1965, anno della morte del Maestro. Costantino Nivola muore a Long Island nel 1988.

L’eredità antropologica della Sardegna ha costituito il punto di partenza per la sua ricerca. Da sempre L’antitesi del modernismo, a favore di un’arte corale, comunicativa e fortemente legata all’architettura Nivola, resta l’esempio più forte di un uomo che con gesti minimi ha oltrepassato la terra nativa utilizzandone i contenuti arcaici, ancestrali i e misteriosi raccontandoli e integrandosi oltre gli oceani, diventando l’uomo sardo più conosciuto al mondo.

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