Una scena di Banditi a Orgosolo
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“Nel 1954 un intero numero di Nuovi Argomenti (fasc. 10, sett.-ott. 1954) raccoglie i saggi e i risultati delle indagini condotte dall’antropologo Francesco Cagnetta tra il 1950 e il 1954, pubblicate con il titolo: “Inchiesta su Orgosolo”.

A pochi giorni dalla pubblicazione, il 9 novembre 1954, l’allora Ministro dell’Interno Mario Scelba denunciò all’autorità giudiziaria sia Cagnetta che i direttori della rivista, per «reato di vilipendio delle forze armate» e «pubblicazione di notizie atte a turbare l’ordine pubblico» e chiese – ottenendolo – il sequestro della rivista.
La questione fu discussa in Parlamento, dove Pietro Nenni la definì «la più terrificante indagine che sia comparsa negli ultimi sessant’anni». In quella sede Giovanni Berlinguer affermò con forza il diritto d’indagine della stampa, tesi poi accolta dal Pubblico Ministero, sicché il 16 marzo 1955 il Giudice Istruttore del Tribunale di Roma decise l’archiviazione sentenziando che «nella pubblicazione del Cagnetta e gli articoli pubblicati dagli anzidetti quotidiani non ricorrono estremi di reato».

Anche se per la scarsità della tiratura e per gli effetti del sequestro l’inchiesta divenne immediatamente introvabile, il lavoro di Cagnetta sollevò un’ eco immediata sulla stampa italiana (vedi Il Corriere della Sera, Il Contemporaneo, L’Avanti, Paese Sera, La Stampa ed altri) e su quella straniera (vedi The Times, Le Figaro) dove vennero pubblicati numerosi estratti. Tale eco fu rinnovata nel 1961 quando, alla Biennale di Venezia, fu assegnato il Premio opera prima al film di Vittorio De Seta Banditi a Orgosolo.”
Questo è un breve ma essenziale estratto di un testo utile a comprendere le intenzioni del regista, consultabile all’indirizzo www.sardegnacultura.it.

Questa storia accade oggi, in Sardegna, nel paese di Orgosolo.
Questi sono pastori di Orgosolo.
Il loro tempo è misurato su quello delle migrazioni stagionali, della ricerca del pascolo, dell’acqua.
L’anima di questi uomini è rimasta primitiva, quello che è giusto per la loro legge non lo è per quella del mondo moderno“.

Lungometraggio di potente espressività, Banditi a Orgosolo (opera prima alla XXIII mostra del cinema di Venezia e nastro d’argento migliore fotografia 1962). Produzione, soggetto e sceneggiatura Vittorio De Seta.

Il lavoro di De Seta si presenta come uno straordinario documento fatto di donne e uomini inconsueti. Nei suoi soggiorni in Barbagia, nel Supramonte il regista siciliano analizza, si integra e comprende di esser davanti a una struttura sociale decisamente radicata e arcaica. Come accennato, la situazione sociale di questi anni in Italia così come in Sardegna e l’incremento della criminalità spinse il regista a comporre il suo primo lungometraggio.

Michele Joso con il fratello Giuseppe sono intenti al pascolo di un gregge. Tre banditi che hanno rubato alcuni maiali si fermano nella capanna del pastore. Michele vorrebbe che i tre si allontanassero al più presto, quando sopraggiunge una pattuglia di Carabinieri che ha uno scontro a fuoco con i briganti. Un milite viene colpito e perde la vita. Michele fugge per non esser incolpato come complice dei tre. Essendo stato spiccato un mandato di cattura nei suoi confronti, egli cerca di raggiungere con il gregge una zona dove spera che la legge non riesca a raggiungerlo, ma durante il percorso le pecore muoiono. Oramai ha perduto ogni cosa, deve far fronte a numerosi debiti, non sa come risolvere la difficile situazione nella quale si trova. Allora aggredisce un altro pastore, lo tramortisce e gli porta via le bestie. Egli si è comportato alla stessa maniera di chi gli ha fatto del male. Il pastore derubato, urla all’indirizzo di Michele che si vendicherà, ovunque egli possa andare a nascondersi…

Film magistrale con evidenti echi neorealisti ci offre letture e percezioni diverse. De Seta scava nelle radici profonde del banditismo raccontando una storia vera e onesta, una storia di ingiustizia e di esclusione. Secca, espressiva e comunicativa. La tenerezza e la poesia di queste immagini son rimaste intatte nel tempo. Sono passati 50 anni da questo capolavoro e lo si può definire attuale ancora oggi. La storia di Michele diventa il paradigma di una situazione generale. Diventa storia universale. Non-attori che recitano in modo ammirevole tra scenari desolati e silenziosi nelle gole profonde delle montagne accompagnati dalle campane del gregge che si avvia a una morte certa. Sembra una favola terribile, dove il regista non nasconde la passione per il documentario proponendo una fusione perfetta lasciandola in eredità a numerosi futuri documentaristi. Resta, questo film lo sguardo profondo del regista sull’isola degli anni sessanta. Senza folklore, ma vera antropologia.

Citare a questo punto L’uomo di Aran, film del 1934 di Robert J. Flaherty è inevitabile, divenne per gli Irlandesi un potente veicolo di informazione e attenzione per un piccolo limbo di terra (le isole di Aran, Irlanda ) dimenticate dal mondo. Così Banditi a Orgosolo resta ancora oggi dopo 50 anni l’opera sulla Sardegna più conosciuta al mondo, grazie anche alla comunità stessa che ancora oggi manifesta un’identità e cultura difficile trovare altrove.

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